r***@funware.org
2007-02-08 19:44:17 UTC
Salve, volevo sottoporvi alcuni dubbi riguardo l'uso di alcuni verbi:
seppur abbia consultato gia' qualche libro e altri fonti (come
internet), ho comunque qualche incertezza sul senso. Per me' e' una
necessita' "lavorativa", non solo una curiosita', comprenderne appieno
l'uso. Cio' che non comprendo e' esattamente il senso che le forme
verbali che vi presentero' imprimono alle azioni, il che e' la cosa che
a me' serve principalmente per capire quando usarli nei miei lavori.
Purtroppo i testi che ho in mano non mi sono molto d'aiuto per
rispondere alle mie domande, e percio' spero di trovare aiuto a questo
newsgroup dedicato all'argomento.
Mi scuso anche per la lunghezza, ma ho desiderato esporre tutte le mie
constatazioni in modo da presentare chiaramente dove stanno i miei dubbi
e poter mostrare subito se le idee che mi son fatto siano giuste o meno
(ma forse con le lingue occorre piu' dire "se funzionano oppure no'").
1 - Fin'ora i testi che ho letto non davano un chiaro senso che
esprimono i tempi trapassati. Essi dicono che riguardano una azione che
e' antecedente ad un'altra, ma non si soffermano sulla differenza d'uso
che esiste tra il trapassato prossimo e quello remoto.
Ora, andando ad intuito e ragionamento, ho tirato una conclusione sul
loro funzionamento:
- Il trapassato prossimo indica una azione antecedente, ma che pero'
continua ad essere attiva e presente nella azione che viene dopo di essa
(es: "aveva mangiato cosi' tanto che si senti' male", la prima azione
provoca direttamente la seconda).
- Il trapassato remoto invece indica una azione antecedente, il cui
effetto pero' non ricade nella azione che gli succede, pur essendo
comunque collegate tra loro. (mi manca un esempio valido, hem!...)
Manca qualcosa alla mia idea?
2- Il Gerundio e' un altro tempo che mi sta' tormentando (guarda caso,
un gerundio anche qui! :D). Il punto e' che ho letto varie spiegazioni
che, pur dando le medesime informazioni, davano peso ad aspetti diversi.
Un testo che ho letto indica che esso indica che l'azione di un verbo e'
contemporena ad un altro, svolgendo cosi' la funzione di complemento. Un
altro lo presenta indicando che esso dice "un modo di essere o di agire"
(dunque indica uno stato oppure eseguire qualcosa tramite una azione)
dando piu' peso al ruolo di complemento che svolge, e meno sulla
temporalita' delle azioni che esprime.
Qui' la cosa mi confonde un po': il Gerundio indica piu' la temporalita'
di una azione, oppure indica piu' la qualita', completando il senso del
verbo reggente? Non afferro il senso globale dell'uso di questo verbo, e
ne sono un po' confuso.
Cio' che ho capito viene dal suo nome. Gerundio viene dal nome "gerere
vices" = fare le veci. Dunque significa che e' un verbo che "svolge il
ruolo al posto di qualcosa". Si nota vistosamente che il Gerundio e'
assente di soggetto, percio' ne ho concluso che la prima funzione del
Gerundio e' di esprimere una azione associandola al soggetto del verbo
reggente, senza doverla ridichiarare una seconda volta per l'azione
espressa in gerundio (utilissima se si tenta di scrivere frasi con uno
stile ricercato). E' un tempo che permette di dire che il soggetto fa'
due (o piu', se la frase resta piacevole) azioni, senza dover
rispecificare che e' sempre il medesimo soggetto che le provoca (es "E
mi porse le sue scuse, piangendo e invocando perdono"). Mi pare di
capire, inoltre, che anche se cio' puo' definire meglio vari aspetti di
una azione (per esempio, come viene eseguita) questa e' una
caratteristica secondaria, pur sempre utile ed essenziale, ma non
primaria, perche' il verbo non ruba il ruolo dell'aggettivo pur potendo
fare il suo lavoro (se lo fosse, allora il participio che genera
direttamente degli aggettivi non avrebbe senso di esistere). Il fatto e'
che nell'esempio precedente la frase senza gerundio diventa "e mi porse
le sue scuse, e pianse e invoco' perdono". Si vedono che questi tre
verbi, pur indicando tre aspetti della medesima idea, indicano anche tre
azioni distinte tra loro, e l'idea che si svolgono allo stesso tempo
resta pur non essendo espressa direttamente come la fa' il gerundio. Il
gerundio ci darebbe la comodita' di affibbiare percio' ad un singolo
soggetto principale varie azioni che lo coinvolgono (che lui genera o
che ne viene coinvolto).
Cio' che riportano i libri non lo metto (assolutamente) in dubbio, pero'
mi sembra che queste caratteristiche elencate da del gerundio nascono
perche' la sua virtu' e' di sostituire (perche' lo dice anche il suo
nome "fare le veci": se non lo fosse avrebbe un altro nome, no?) alcuni
elementi grammaticali con un singolo elemento che li esprime piu'
velocemente ed efficacemente.
Cosa mi potete dire, si tratta di un ragionamento corretto, o ha delle
falle?
Sull'aspetto della contemporaneita', qui' ho un dubbio. Esiste la forma
presente, che indica che l'azione del gerundio e' attuale ad un altra
azione, indicata al tempo reggente, ed il passato invece ci dice che
l'azione del gerundio avviene prima di quella del verbo reggente. In
quale senso sussiste questa contemporaneita'?
Posso sbagliarmi, ma io ho capito che la contemporaneita' funziona come
il senso del trapassato prossimo (il valore di una azione precedente si
sovrappone su quella che viene dopo): nel presente, il verbo del
gerundio inizia in contemporanea con quello reggente, nel passato si
dice che l'azione del gerundio inizia prima di quella del reggente,
pero' essa continua ad essere presente anche quando l'azione che la
segue viene fatta.
Ma in questo caso, cosa lo distingue davvero il gerundio dai tempi
trapassati? (forse e' una domanda sciocca, ma non ho ancora pensato a
quale "regola" ci sia dietro).
A questo scopo, riflettevo su questo caso (simile ad uno su cui ho
riflettuto e che mi ha fatto sorgere un dubbio sull'uso del gerundio):
"Gli sparo', colpendolo". Questa frase puo' essere espressa anche nella
forma "Gli sparo', e lo colpi'": credo che imprimano il medesimo
significato. Ci sono delle differenze di come lo esprimono, e sono
quelle che vorrei approfondire.
- A livello di logica, la frase ci dice che un individuo fa' due azioni:
l'azione di sparare e l'azione di colpire.
- La frase fatta con i passati remoti dice questa idea, pero' deve
enunciare il soggetto in entrambe i casi (seppur in forma implicita, il
soggetto viene sempre dichiarato grazie alla coniugazione)
- La frase col gerundio esprime la medesima idea di quella ai passati
remoti, pero' lo fa' senza bisogno di dire quale sia il soggetto
(perche' nessuna parte del gerundio la dichiara, ne' direttamente ne'
indirettamente), sopprimendolo e usando invece come riferimento il verbo
precedente.
-Anche se il gerundio esprime "un modo di agire o di essere", qui' mi
sorge il dubbio: a chi assegna il gerundio questo "modo di agire o di
essere"? (specialmente perche' il testo che lo riportava non
approfondiva direttamente questa idea). E quale espressivita' imprime
all'azione (che e' la cosa che mi serve sapere di piu').
Nella frase detta sopra, non puo' essere un "modo di agire" perche
"colpire" non e' un modo di "sparare". Puo' esserci il senso "e gli
sparo' in modo da colpirlo" pero' questo contrasta con l'idea logica che
bisogna esprimere: prima il soggetto "spara" e solo poi "colpisce". La
forma in Gerundio esprime anche questa logica, non dice che "colpire" e'
un modo di "sparare".
Puo' essere un modo di "essere": il bersaglio "e' colpito", e questo
corrisponde alla idea che vogliamo trasmettere. Pero' si nota anche che
la qualita' espressa del gerundio (cioe' essere colpito) non appartiene
piu' a colui che esegue l'azione del reggente (colui che spara) ma
appartiene chiaramente a colui che la subisce, probabilmente grazie al
suffisso finale -lo.
Se pero' la frase finale fosse "colpendo alla testa", ancora lo "stato
di essere colpiti" non cadrebbe su "colui che spara", ma su "colui che
e' colpito".
In altri casi invece il gerundio indica lo stato o il modo di agire del
soggetto del verbo reggente (es: "mi abbraccio' baciandomi d'affetto",
l'azione fa' muovere piu' il soggetto del verbo "abbraccio'", non quello
che subisce queste azioni).
Pero' non distinguo una norma precisa che indichi quando il modo
espresso dal gerundio si applichi sul soggetto che esegue o su chi
subisce l'azione: sono dell'idea che cio' venga distinto dal contesto e
non da elementi grammaticali. O forse esiste una regoletta che ignoro?
- Anche in questo caso, l'idea della contemporaneita' mi fa' pensare che
il concetto assomigli a quello dei trapassati. La logica ci dice che
"sparare" ed "essere colpiti" non possono esistere nello stesso tempo:
lo "sparare" e' la causa, "essere colpiti" e' la conseguenza. Non puo'
esistere lo stato "essere colpiti" se prima la causa che lo genera,
"sparare", non viene eseguita. Per la stessa ragione, non puo' esiste
l'azione "sparare" ed in contemporanea esistere la condizione "essere
colpiti".
Se sono stato chiaro, l'azione del gerundio in questo caso sarebbe priva
di senso, se questo tempo esprimesse una "contemporaneita' concreta"
delle azioni. Eppure la frase "gli sparo', colpendolo" scritta al
gerundio e' corretta, e l'idea di causa-sparo e conseguenza-essere
colpiti e' chiara ed evidente. Per questo motivo io credo che il
gerundio esprima invece se l'effetto di una azione sia ancora presente o
meno al momento in cui un'altra succede.
L'azione di "sparare" ci dice che il soggetto vuole creare una
conseguenza, che poi viene enunciato nel termine "colpire": l'azione di
sparare, in se' stessa, ha termine quando si concretizza nella sua
conseguenza. Lo stato di "essere colpiti" inizia quando l'azione di
"sparate" ha fatto effetto, perche' la genera. Da questo punto di vista,
lo stato di "essere colpiti" esiste perche' allo stesso tempo e'
presente anche un'altra azione gia' esiste prima, cioe' "sparare".
Da questo dedurrei che la contemporaneita' del gerundio non si riferisce
alla presenza contemporanea delle "azioni" o dei "stati" in se' stessi,
ma indica che gli *effetti* provocati da due azioni o stati stanno
agendo in contemporanea.
(vorrei aggiungere una considerazione estrema, nella realta' una azione
concreta puo' concludersi PRIMA della sua conseguenza: voglio dire, uno
sparo dura un attimo, e un proiettile impiega pur sempre un tempo minino
prima di colpire effettivamente qualcosa, tempo in cui l'azione di
sparare fisicamente e' esaurita. Da qui si puo' dire che le due azioni,
seppur brevi, non sono mai veramente contemporanee nel concreto. Se
qualcuno commentera' che e' una esagerazione: si e' estrema, eppure
credo che esprima ugualmente il fatto che il concetto di "tempo" sui
verbi sia un poco diversi dal "tempo" dal punto di vista scientifico, ed
occorra sempre tenere in mente il senso del tempo verbale quando si
scrive...)
Scusate il post lunghissimo, ma come ho voluto spiegarvi inizialmente,
ho voluto presentarvi subito tutti i dubbi che vorrei chiarire.
seppur abbia consultato gia' qualche libro e altri fonti (come
internet), ho comunque qualche incertezza sul senso. Per me' e' una
necessita' "lavorativa", non solo una curiosita', comprenderne appieno
l'uso. Cio' che non comprendo e' esattamente il senso che le forme
verbali che vi presentero' imprimono alle azioni, il che e' la cosa che
a me' serve principalmente per capire quando usarli nei miei lavori.
Purtroppo i testi che ho in mano non mi sono molto d'aiuto per
rispondere alle mie domande, e percio' spero di trovare aiuto a questo
newsgroup dedicato all'argomento.
Mi scuso anche per la lunghezza, ma ho desiderato esporre tutte le mie
constatazioni in modo da presentare chiaramente dove stanno i miei dubbi
e poter mostrare subito se le idee che mi son fatto siano giuste o meno
(ma forse con le lingue occorre piu' dire "se funzionano oppure no'").
1 - Fin'ora i testi che ho letto non davano un chiaro senso che
esprimono i tempi trapassati. Essi dicono che riguardano una azione che
e' antecedente ad un'altra, ma non si soffermano sulla differenza d'uso
che esiste tra il trapassato prossimo e quello remoto.
Ora, andando ad intuito e ragionamento, ho tirato una conclusione sul
loro funzionamento:
- Il trapassato prossimo indica una azione antecedente, ma che pero'
continua ad essere attiva e presente nella azione che viene dopo di essa
(es: "aveva mangiato cosi' tanto che si senti' male", la prima azione
provoca direttamente la seconda).
- Il trapassato remoto invece indica una azione antecedente, il cui
effetto pero' non ricade nella azione che gli succede, pur essendo
comunque collegate tra loro. (mi manca un esempio valido, hem!...)
Manca qualcosa alla mia idea?
2- Il Gerundio e' un altro tempo che mi sta' tormentando (guarda caso,
un gerundio anche qui! :D). Il punto e' che ho letto varie spiegazioni
che, pur dando le medesime informazioni, davano peso ad aspetti diversi.
Un testo che ho letto indica che esso indica che l'azione di un verbo e'
contemporena ad un altro, svolgendo cosi' la funzione di complemento. Un
altro lo presenta indicando che esso dice "un modo di essere o di agire"
(dunque indica uno stato oppure eseguire qualcosa tramite una azione)
dando piu' peso al ruolo di complemento che svolge, e meno sulla
temporalita' delle azioni che esprime.
Qui' la cosa mi confonde un po': il Gerundio indica piu' la temporalita'
di una azione, oppure indica piu' la qualita', completando il senso del
verbo reggente? Non afferro il senso globale dell'uso di questo verbo, e
ne sono un po' confuso.
Cio' che ho capito viene dal suo nome. Gerundio viene dal nome "gerere
vices" = fare le veci. Dunque significa che e' un verbo che "svolge il
ruolo al posto di qualcosa". Si nota vistosamente che il Gerundio e'
assente di soggetto, percio' ne ho concluso che la prima funzione del
Gerundio e' di esprimere una azione associandola al soggetto del verbo
reggente, senza doverla ridichiarare una seconda volta per l'azione
espressa in gerundio (utilissima se si tenta di scrivere frasi con uno
stile ricercato). E' un tempo che permette di dire che il soggetto fa'
due (o piu', se la frase resta piacevole) azioni, senza dover
rispecificare che e' sempre il medesimo soggetto che le provoca (es "E
mi porse le sue scuse, piangendo e invocando perdono"). Mi pare di
capire, inoltre, che anche se cio' puo' definire meglio vari aspetti di
una azione (per esempio, come viene eseguita) questa e' una
caratteristica secondaria, pur sempre utile ed essenziale, ma non
primaria, perche' il verbo non ruba il ruolo dell'aggettivo pur potendo
fare il suo lavoro (se lo fosse, allora il participio che genera
direttamente degli aggettivi non avrebbe senso di esistere). Il fatto e'
che nell'esempio precedente la frase senza gerundio diventa "e mi porse
le sue scuse, e pianse e invoco' perdono". Si vedono che questi tre
verbi, pur indicando tre aspetti della medesima idea, indicano anche tre
azioni distinte tra loro, e l'idea che si svolgono allo stesso tempo
resta pur non essendo espressa direttamente come la fa' il gerundio. Il
gerundio ci darebbe la comodita' di affibbiare percio' ad un singolo
soggetto principale varie azioni che lo coinvolgono (che lui genera o
che ne viene coinvolto).
Cio' che riportano i libri non lo metto (assolutamente) in dubbio, pero'
mi sembra che queste caratteristiche elencate da del gerundio nascono
perche' la sua virtu' e' di sostituire (perche' lo dice anche il suo
nome "fare le veci": se non lo fosse avrebbe un altro nome, no?) alcuni
elementi grammaticali con un singolo elemento che li esprime piu'
velocemente ed efficacemente.
Cosa mi potete dire, si tratta di un ragionamento corretto, o ha delle
falle?
Sull'aspetto della contemporaneita', qui' ho un dubbio. Esiste la forma
presente, che indica che l'azione del gerundio e' attuale ad un altra
azione, indicata al tempo reggente, ed il passato invece ci dice che
l'azione del gerundio avviene prima di quella del verbo reggente. In
quale senso sussiste questa contemporaneita'?
Posso sbagliarmi, ma io ho capito che la contemporaneita' funziona come
il senso del trapassato prossimo (il valore di una azione precedente si
sovrappone su quella che viene dopo): nel presente, il verbo del
gerundio inizia in contemporanea con quello reggente, nel passato si
dice che l'azione del gerundio inizia prima di quella del reggente,
pero' essa continua ad essere presente anche quando l'azione che la
segue viene fatta.
Ma in questo caso, cosa lo distingue davvero il gerundio dai tempi
trapassati? (forse e' una domanda sciocca, ma non ho ancora pensato a
quale "regola" ci sia dietro).
A questo scopo, riflettevo su questo caso (simile ad uno su cui ho
riflettuto e che mi ha fatto sorgere un dubbio sull'uso del gerundio):
"Gli sparo', colpendolo". Questa frase puo' essere espressa anche nella
forma "Gli sparo', e lo colpi'": credo che imprimano il medesimo
significato. Ci sono delle differenze di come lo esprimono, e sono
quelle che vorrei approfondire.
- A livello di logica, la frase ci dice che un individuo fa' due azioni:
l'azione di sparare e l'azione di colpire.
- La frase fatta con i passati remoti dice questa idea, pero' deve
enunciare il soggetto in entrambe i casi (seppur in forma implicita, il
soggetto viene sempre dichiarato grazie alla coniugazione)
- La frase col gerundio esprime la medesima idea di quella ai passati
remoti, pero' lo fa' senza bisogno di dire quale sia il soggetto
(perche' nessuna parte del gerundio la dichiara, ne' direttamente ne'
indirettamente), sopprimendolo e usando invece come riferimento il verbo
precedente.
-Anche se il gerundio esprime "un modo di agire o di essere", qui' mi
sorge il dubbio: a chi assegna il gerundio questo "modo di agire o di
essere"? (specialmente perche' il testo che lo riportava non
approfondiva direttamente questa idea). E quale espressivita' imprime
all'azione (che e' la cosa che mi serve sapere di piu').
Nella frase detta sopra, non puo' essere un "modo di agire" perche
"colpire" non e' un modo di "sparare". Puo' esserci il senso "e gli
sparo' in modo da colpirlo" pero' questo contrasta con l'idea logica che
bisogna esprimere: prima il soggetto "spara" e solo poi "colpisce". La
forma in Gerundio esprime anche questa logica, non dice che "colpire" e'
un modo di "sparare".
Puo' essere un modo di "essere": il bersaglio "e' colpito", e questo
corrisponde alla idea che vogliamo trasmettere. Pero' si nota anche che
la qualita' espressa del gerundio (cioe' essere colpito) non appartiene
piu' a colui che esegue l'azione del reggente (colui che spara) ma
appartiene chiaramente a colui che la subisce, probabilmente grazie al
suffisso finale -lo.
Se pero' la frase finale fosse "colpendo alla testa", ancora lo "stato
di essere colpiti" non cadrebbe su "colui che spara", ma su "colui che
e' colpito".
In altri casi invece il gerundio indica lo stato o il modo di agire del
soggetto del verbo reggente (es: "mi abbraccio' baciandomi d'affetto",
l'azione fa' muovere piu' il soggetto del verbo "abbraccio'", non quello
che subisce queste azioni).
Pero' non distinguo una norma precisa che indichi quando il modo
espresso dal gerundio si applichi sul soggetto che esegue o su chi
subisce l'azione: sono dell'idea che cio' venga distinto dal contesto e
non da elementi grammaticali. O forse esiste una regoletta che ignoro?
- Anche in questo caso, l'idea della contemporaneita' mi fa' pensare che
il concetto assomigli a quello dei trapassati. La logica ci dice che
"sparare" ed "essere colpiti" non possono esistere nello stesso tempo:
lo "sparare" e' la causa, "essere colpiti" e' la conseguenza. Non puo'
esistere lo stato "essere colpiti" se prima la causa che lo genera,
"sparare", non viene eseguita. Per la stessa ragione, non puo' esiste
l'azione "sparare" ed in contemporanea esistere la condizione "essere
colpiti".
Se sono stato chiaro, l'azione del gerundio in questo caso sarebbe priva
di senso, se questo tempo esprimesse una "contemporaneita' concreta"
delle azioni. Eppure la frase "gli sparo', colpendolo" scritta al
gerundio e' corretta, e l'idea di causa-sparo e conseguenza-essere
colpiti e' chiara ed evidente. Per questo motivo io credo che il
gerundio esprima invece se l'effetto di una azione sia ancora presente o
meno al momento in cui un'altra succede.
L'azione di "sparare" ci dice che il soggetto vuole creare una
conseguenza, che poi viene enunciato nel termine "colpire": l'azione di
sparare, in se' stessa, ha termine quando si concretizza nella sua
conseguenza. Lo stato di "essere colpiti" inizia quando l'azione di
"sparate" ha fatto effetto, perche' la genera. Da questo punto di vista,
lo stato di "essere colpiti" esiste perche' allo stesso tempo e'
presente anche un'altra azione gia' esiste prima, cioe' "sparare".
Da questo dedurrei che la contemporaneita' del gerundio non si riferisce
alla presenza contemporanea delle "azioni" o dei "stati" in se' stessi,
ma indica che gli *effetti* provocati da due azioni o stati stanno
agendo in contemporanea.
(vorrei aggiungere una considerazione estrema, nella realta' una azione
concreta puo' concludersi PRIMA della sua conseguenza: voglio dire, uno
sparo dura un attimo, e un proiettile impiega pur sempre un tempo minino
prima di colpire effettivamente qualcosa, tempo in cui l'azione di
sparare fisicamente e' esaurita. Da qui si puo' dire che le due azioni,
seppur brevi, non sono mai veramente contemporanee nel concreto. Se
qualcuno commentera' che e' una esagerazione: si e' estrema, eppure
credo che esprima ugualmente il fatto che il concetto di "tempo" sui
verbi sia un poco diversi dal "tempo" dal punto di vista scientifico, ed
occorra sempre tenere in mente il senso del tempo verbale quando si
scrive...)
Scusate il post lunghissimo, ma come ho voluto spiegarvi inizialmente,
ho voluto presentarvi subito tutti i dubbi che vorrei chiarire.