On 2005-12-23 10:19:13 +0100, "Dario de Judicibus" dissertò:
[cut... a malincuore]
Post by Dario de Judicibusovvero una cosa è l'origine, una cosa il significato.
Su questo non c'è dubbio.
L'indagine sulle più remote origini raggiungibili di una forma
linguistica - e la storia relativa a queste vicende - appartiene
all'ambito della _linguistica storica_ che non occorre sia sempre
sviscerata da quanti non sono studiosi del settore (o appassionati, il
che poi è la stessa cosa dal punto di vista etimologico) ma che pure
conoscono perfettamente il significato dei vocaboli nella lingua in uso.
Verrebbe quasi da dire che la semantica - quale osservazione
scientifica dei significati - è una disciplina più recente rispetto
alle cosiddette etymologiae (raccolte enciclopediche di etimi, come
quella di Isidoro da Siviglia), se non fosse un rigido schematismo e
non ricordassi che fin dall'antichità si dibattevano questioni di
linguaggio e logica.
Post by Dario de JudicibusResta il fatto che non mi è chiaro fin quanto debba -- se posso,
ovviamente -- spingermi a ritroso nel tempo quando parlo di etimo.
Eh, «fare etimologia» (cito la mia profia) scientificamente non è certo
facile, trattandosi di un terreno scivoloso che, spesso, non lascia
intravedere le radici più profonde oppure frana verso paretimologie,
magari gradevoli (es. il caso della liquirizia - per me amara - in cui
si vedeva la presenza del greco glykys: dolce), ma pur sempre false
etimologie.
Ora, se non è difficile stabilire che il termine italiano "istrione",
per tramite latino, ci giunge dall'etrusco (a partire da Dionigi di
Alicarnasso, vissuto al tempo dell'imperatore Augusto, la _questione
etrusca_ non cessa ancora di essere un mistero, anche se i moderni
etruscologi la ritengono, stando alle decifrazioni, una lingua
pre-indoeuropea, appartenente al preesistente ceppo mediterraneo non
indoeuropeo: non si basano semplicemente sulla leggenda erodotea circa
l'origine anatolica né si sono lasciati fuorviare dalla somiglianza con
l'alfabeto greco, considerando che è diversa strutturalmente la base
linguistica) non è altrettanto facile rintracciare l'origine di altre
parole appartenenti al dizionario italiano; tu hai giustamente
accennato alle ricostruzioni linguistiche che si spingono fino
all'epoca della mezzaluna fertile, a me sovviene un altro tipo
d'esempio, "talassemia", la terribile anemia mediterranea: non è
difficile riconoscervi il termine greco "thalassa", mare, che però non
è forma di origine indoeuropea.
Si ipotizza, infatti, che tribù indoeuropee (semplificando di molto vi
si possono comprendere i micenei, gli achei), discese da nord lungo la
penisola balcanica, abbiano visto il mare per la prima volta e, non
avendo un termine adatto, più tardi abbiano preso in prestito quello
preesistente.
Queste divagazioni, di cui mi scuso, spiegano come l'etimologia non sia
una scienza a sé, avulsa da un contesto storico, bensì una ricerca
puntigliosa a ritroso che può condurre a un significato diverso da
quello contenuto nel significante in uso nella lingua corrente (ricordo
il banale caso di "galera", sinonimo odierno di prigione, che in
origine indicava la galea dove erano impiegati come rematori i
condannati a vita); quindi, se lo studio etimologico è utile a
delineare l'evoluzione - e deriva - semantica, può essere rischioso
barcamenarsi tra elementi autoctoni, sostrati, superstrati (e adstrati).
A me sembra già tanto conoscere il significato esatto di un vocabolo
attuale e, all'occorrenza, districarmi fra senso letterale o
metaforico. ;-)
N.B. C'è un commento fulminante sulla metafora contenuto nel breve
romanzo "Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte": il giovane
protagonista, affetto da una forma di autismo, spiega la sua difficoltà
nel comprendere ciò che gli sembra un inutile sforzo semantico, quasi
una bugia (non trovo il libro e ho già messo a dura prova i miei
neuroni, perciò lascio controllare chi lo desidera).