Discussione:
Funzione sintattica della preposizione "di" (era "barzelletta")
(troppo vecchio per rispondere)
Wolfgang
2009-08-09 10:30:17 UTC
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[...]
ma non mi è riuscito di trovarla.
Qual è il soggetto di questa frase?

Ciao,
Wolfgang
Davide Pioggia
2009-08-09 11:38:02 UTC
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Post by Wolfgang
ma non mi è riuscito di trovarla.
Qual è il soggetto di questa frase?
Pensiamo alla costruzione francese "il est dangereux de skier".
Qui il soggetto è chiaramente "il", il che costringe i grammatici francesi
ad inventarsi la categoria del "pronome personale impersonale".

Veramente non arrivano a tanto, però dicono che esistono dei verbi
impersonali che hanno come soggetto "il", sicché "il" viene ad essere il
pronome *personale* che fa da soggetto ad un verbo *impersonale*.

C'è anche chi tenta soluzioni metafisiche, distinguendo il _sujet apparent_
dal _sujet réel_. Se ad esempio prendiamo questa pagina:
http://www.synapse-fr.com/manuels/SUJ_APP.htm
leggiamo che ci sono dei «verbes essentiellement impersonnels»,
come _pleuvoir_, nei quali «"il" ne désigne rien», ma ci sono anche dei
«verbes employés impersonnellement» nei quali "il" sarebbe appunto
_sujet apparent_. L'autore di quella pagina ammette comunque che:
«Ce n'est pas sans mal, ni sans controverses que ces notions de sujet réel
et de sujet apparent se maintiennent dans la grammaire», e fa degli esempi
nei quali tale distinzione si fa problematica.

Noi lasciamo perdere i grammatici e chiediamo lumi a qualche bambino
francese che frequenta le scuole elementari, il quale, quando vede scritto
"il est dangereux de skier" dice semplicemente che «le sujet c'est "il"».

Ora, se nel francese il soggetto di quella frase è "il", è mai possibile
che in italiano il soggetto della frase "è pericoloso sciare" sia "sciare"?
Qualcuno dirà di sì, ma se esiste veramente una grammatica universale
secondo me questo non può essere. Io dico invece che in "è pericoloso
sciare" c'è un "egli" sottinteso, visto che l'italiano è una lingua che
sottintende i pronomi personali. Se dico "ho fame" c'è chiaramente
un "io" sottinteso, e così se dico "è pericoloso sciare" c'è un "egli"
sottinteso, che nel francese non è sottinteso.

Una prova di questa mia tesi la possiamo trovare mettendo assieme
una serie di indizi, fra cui i seguenti:

1) In passato, quando sottintendere il soggetto era considerato poco
raffinato, soprattutto nella scrittura colta, in queste circostanze si usava
"egli". Ad esempio Leopardi, traducendo un passo celeberrimo
dell'_Enchiridion_ di Epitteto, scrive: «Egli è da uomo non addottrinato
nella filosofia l'addossare agli altri la colpa dei travagli suoi propri, da
mezzo addottrinato l'addossarla a se stesso, da addottrinato il non darla
né a se stesso né agli altri». Ecco, se qui "egli" fosse sottinteso,
qualcuno direbbe che il soggetto è "l'addossare".

2) Costruzioni come quelle che citi tu, come appunto "mi riesce di fare",
"mi viene da pensare", eccetera, nelle quali per negare che ci sia un "egli"
sottinteso si deve affermare che il soggetto è "di fare" o "da pensare".

A tutto ciò dobbiamo aggiungere che i cosiddetti "pronomi personali" non
sono propriamente dei pronomi, ma dei "puntatori". Se fossero dei pronomi,
essi starebbero al posto del nome. Ma quando tu dici "io penso" non puoi
mettere "Wolfgang" al posto di "io", perché "*Wolfgang penso" non è
grammaticale. E d'altra parte quando tu dici "io", "tu", "egli" eccetera è
come se stessi puntando il dito verso il soggetto del verbo, ed è quel gesto
di puntare il dito che fa veramente la differenza nella coniugazione.
Nell'ambito della informatica è molto chiara la differenza fra una variabile
e un puntatore. Ebbene, anche nella grammatica ci sono le variabili
(i pronomi) e i puntatori (quelli che impropriamente vengono chiamati
pronomi personali).

Dunque la risposta alla tua domanda per me è la seguente: il soggetto
è il puntatore "egli" che in questo caso è sottinteso, visto che in italiano
i puntatori vengono comunemente sottintesi.

Se poi vogliamo dire che quello è un puntatore impersonale, eventualmente
lo possiamo anche fare, avendo il vantaggio di non ritrovarci a dire che si
tratta di un "pronome personale impersonale". Ma più propriamente io direi
che si tratta di un puntare a un oggetto _void_, come i _void pointer_ del
linguaggio "c".
--
Saluti.
D.
Maurizio Pistone
2009-08-09 11:53:16 UTC
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Post by Davide Pioggia
Io dico invece che in "è pericoloso
sciare" c'è un "egli" sottinteso, visto che l'italiano è una lingua che
sottintende i pronomi personali.
egli chi?
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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http://blog.ilpugnonellocchio.it
Davide Pioggia
2009-08-09 12:08:08 UTC
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Post by Maurizio Pistone
egli chi?
La tua domanda, come ogni domanda, implica delle affermazioni. Se ad esempio
il pubblico ministero chiede all'imputato: «Perché ha ucciso sua moglie?»,
l'imputato può protestare e rifiutarsi di rispondere alla domanda,
osservando che essa afferma implicitamente che egli abbia ucciso sua moglie.

Nel nostro caso la tua domanda afferma implicitamente che:

1) "egli" ha sempre un referente;
2) questo referente è una persona.

Solo assumendo questi presupposti la tua domanda è certamente sensata e
necessita di una risposta. Ma se io nego uno di questi presupposti (o per lo
meno lo pongo in modo problematico, dubitandone) la tua domanda non ha
necessariamente una risposta.
--
Saluti.
D.
Maurizio Pistone
2009-08-09 13:32:34 UTC
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Post by Davide Pioggia
1) "egli" ha sempre un referente;
2) questo referente è una persona.
Solo assumendo questi presupposti la tua domanda è certamente sensata e
necessita di una risposta. Ma se io nego uno di questi presupposti (o per lo
meno lo pongo in modo problematico, dubitandone) la tua domanda non ha
necessariamente una risposta.
hai perfettamente ragione, ed è questo che intendevo.

Tutti i ragionamenti che siamo abituati a fare in base all'analisi
logica tradizionale (che ci è entrata nella testa, lo vogliamo o no, e
in qualche modo ci condiziona) partono dal presupposto che ad ogni
elemento della frase corrisponda un referente. Se una frase ha un
soggetto, allora questo soggetto è "colui che compie l'azione".

Questo ragionamento funziona pergfettamente con frasi del tipo "il cane
abbaia", "Luigi ha mal di testa" ecc. ma tutti noi sappiamo che non
sempre è così.

In italiano c'è de' verbi impersonali, cioè verbi in cui non è presente
nessun soggetto, né grammaticale, né reale: "piove" non ha (in italiano)
nessun soggetto (a meno di fare contorcimenti logici del tipo "la
pioggia piove", che non ci servono a niente). Nessun problema,
naturalmente, se non che in inglese e in francese la frase richiede un
soggetto: it, il ecc. Potremmo dire: sono cazzi dell'inglese e del
francese. Noi non sentiamo nessun bisogno di mettere un soggetto a verbi
siffatti.

Se l'italiano fosse una lingua come il latino, che in questo non si fa
tanti problemi (se ne fa altri, certo, ma non questi) la questione
finirebbe lì. Ma l'italiano, come tu sai, ogni volta che tira in ballo i
pronomi personali sembra che lo faccia apposta a renderci la vita
impossibile.

Gli è che l'italiano da una parte (a differenza dell'inglese, del
francese ecc.) può benissimo fare a meno di un soggetto davanti al
verbo. Anche quando un soggetto vero c'è, lo può sottintendere: "che fa
Luigi?" "Dorme". Ma ci sono - soprattutto, c'erano - delle varianti
dell'italiano, in cui sottintendere il soggetto era un po' più
difficile. La risposta alla domanda sarebbe stata, per esempio: "E'
dorme". In piemontese (e così credo in altri dialetti) questa necessità
di un pronomino soggetto è così forte che, anche in presenza di un
soggetto espresso, esso viene premesso a verbo. Quindi non solo si dice
"a dreum" per dire "dorme", ma "chiel a dreum" per dire "lui dorme".
(Allo stesso modo sono obbligato a dire "a pieuv" per "piove").

In questo caso possiamo quasi dire che il pronomino atono è una parte
fissa della coniugazione verbale, che non sottintende nessun referente.
Riesce difficile a questo punto assegnargli la qualifica di "soggetto".

In una serie di esempi di italiano trecentesco citati dal Fornaciari
(per comodità li ho messi in nota a questo messaggio) troviamo frasi del
tipo "Egli era in questo castello una donna vedova." A nessuno verrebbe
in mente di qualificare come "soggetto" il pronome "egli". Se è soggetto
"egli", che roba è la povera vedova? Direi che la forma assomiglia molto
al piemontese "a-i era na vìdoa" con la "a" proclitica che si premette
sempre alla coniugazione della terza persona singolare.

Insomma, come in tutte le altre cose che riguardano relazioni tra verbo
e pronome atono, in italiano si scontrano due logiche diverse: quella
sintattica che è stata ereditata dal latino, con il soggetto in
nominativo ecc. che quasi sempre corrisponde ad un personaggio reale
della frase; e quella posizionale, per cui in certi punti della frase si
richiede qualcosa, e non è ammessa una posizione vuota. Per cui davanti
al verbo si richiede sempre un soggetto, e un verbo di terza persona
singolare che non ha il soggetto, o peggio, che ce l'ha da un'altra
parte, prende in prestito un "egli" solo per tappare il buco.

Si vedano gli altri esempi citati dal Fornaciari, come "che caldo fa
egli?" (qui nella forma interrogativa il pronome "soggetto" passa dopo
il verbo), per arrivare infine a "egli è vero che ..." dove "egli" non è
più soggetto di quanto non sia in "egli fa caldo".

========

Fornaciari, Cap. VI

§ 13. Egli ed e' in senso neutro. Egli, e così pure le forme proclitiche
gli ed e', si costruiscono anche molto spesso col verbo, riferiti ad un
concetto astratto, ad una proposizione o sentenza. P. es. Egli era in
questo castello una donna vedova. Boccaccio. - E s'egli è ver che tua
potenza sia Nel ciel si grande ecc. Petrarca. - O figliuola mia, che
caldo fa egli? Anzi non fa egli caldo veruno. Boccaccio. - S'io potessi
parlare al re, e' mi da il cuore ch'io gli darei un consiglio ecc.
Boccaccio. - E' non sono ancora quindici dìi che un lor fratello fu
ucciso. Boccaccio. - Gli è teco cortesia l'esser villano. Ariosto. - Gli
è cosa molto difficile voler .... riconoscere gli uomini morti già
dugento anni fa. V. Borghini. - Gli è perchè le ho viste io quelle
faccie. Manzoni.

http://www.mauriziopistone.it/testi/sintassi/capitolo106.html#par12
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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Davide Pioggia
2009-08-09 14:49:15 UTC
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Post by Maurizio Pistone
In piemontese (e così credo in altri dialetti) questa necessità
di un pronomino soggetto è così forte che, anche in presenza di un
soggetto espresso, esso viene premesso a verbo. Quindi non solo si dice
"a dreum" per dire "dorme", ma "chiel a dreum" per dire "lui dorme".
(Allo stesso modo sono obbligato a dire "a pieuv" per "piove").
Ne avevo già parlato tempo fa con Karla, e nel frattempo ho continuato a
rifletterci.

Credo tu sappia come la penso io in merito: per me "a" è il vero soggetto, e
"me" è solo la forma obliqua rafforzativa. Quindi le seguenti forme per me
sono equivalenti:

romagnolo: me a magn
francese: moi je mange
toscano: ---

romagnolo: te t' magn
francese: toi tu manges
toscano: te tu mangi

romagnolo: lo e' magna
francese: lui il mange
toscano: ---

Ora, in romagnolo si dice anche:

Luis e' magna ("Luigi il mangia")
quel e' magna ("quello il mangia")

e questa forma c'è anche nel in francese parlato:

Luis il mange.

La mia soluzione del mistero è questa:

in queste frasi "Luis" e "quel" sono forme oblique!

Sarebbe come dire:

quanto a me, io mangio
quanto a quello, egli mangia
quanto a Luigi, egli mangia.

Venendo al piemontese, vedo che la forma atona "a" si può usare anche per la
terza persona, mentre in romagnolo no. Però la forma "a" in romagnolo vale
anche per la prima e la seconda persona plurale, sicché è possibile che la
forma "a" non sia altro che la forma per così dire atrofizzata di antichi
pronomi nominativi atoni.

Se così fosse allora potremmo dire che il pronome nominativo atono della
terza persona singolare in romangnolo non si è ancora atrofizzato, mentre in
piemontese si è già atrofizzato, o per lo meno ha cominciato a farlo.
Post by Maurizio Pistone
In questo caso possiamo quasi dire che il pronomino atono è una parte
fissa della coniugazione verbale, che non sottintende nessun referente.
Riesce difficile a questo punto assegnargli la qualifica di "soggetto".
Per me è il soggetto.

In veneto il pronome atono "a" è stato quasi del tutto abbandonato, e così
un veneto pensa a "mi" come "io". So che ci sono anche altri dialetti
settentrionali nei quali "a" si può omettere. Ma in romagnolo è impensabile.
Se io tento di dire un verbo senza "a" è come se qualcosa mi si ritorcesse
dentro. Persino i giovani che non sanno parlare bene il dialetto (e che per
questo motivo parlano male anche l'italiano, perché non sanno distiguere il
sostrato regionale da quello italico) non dicono mai un verbo alla prima
persona senza mettere "a". Così ad esempio il titolo del famoso film,
_Amarcord_ (= a m' arcord), senza la "a" diventa impensabile: nessuno mai
direbbe _marcord_ .

Ora, che cos'è questa forza irresistibile che mi costringere a mettere "a"
lì davanti?

Per me è il soggetto. È il soggetto che nelle lingue galliche ha questa
forza.
Post by Maurizio Pistone
In una serie di esempi di italiano trecentesco citati dal Fornaciari
(per comodità li ho messi in nota a questo messaggio) troviamo frasi
del tipo "Egli era in questo castello una donna vedova." A nessuno
verrebbe in mente di qualificare come "soggetto" il pronome "egli". Se è
soggetto "egli", che roba è la povera vedova? Direi che la forma
assomiglia molto al piemontese "a-i era na vìdoa" con la "a" proclitica
che si premette sempre alla coniugazione della terza persona singolare.
Proprio perché assomiglia al piemontese, io dico che il soggetto è "egli".

Anche in inglese:

there is a car

Qui si vede bene che il soggetto è "there", perché è il soggetto che si
inverte col verbo nelle domande:

is there a car?

D'altra parte anche in italiano nelle circostanze "ufficiali" si usa ancora
invertire il soggetto col verbo:

vuoi tu prendere...

Forse se non ci intendiamo è perché io qui parlo di grammatica, e per me la
grammatica è sintassi. Dunque il soggetto per me è quello che forse tu
chiameresti il "soggetto sintattico".

Come spiegavo nell'altro post, per me prima viene la sintassi, che
costruisce delle "caselle formali", dopodiché esse vengono "rimpite" con un
valore sematico. Ma il "coprocessore linguistico", la "macchinetta",
costruisce le frasi grammaticali in un certo modo, e secondo me un
grammatico dovrebbe indagare la grammatica, cioè la sintassi.

Per me un grammatico che si concentra sul "significato" rischia di mescolare
le due cose in modo tale che alla fine non è più chiara né la struttura
sintattica né il riferimento semantico.
--
Saluti.
D.
Davide Pioggia
2009-08-09 15:23:03 UTC
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Post by Davide Pioggia
Post by Maurizio Pistone
In una serie di esempi di italiano trecentesco citati dal Fornaciari
(per comodità li ho messi in nota a questo messaggio) troviamo frasi
del tipo "Egli era in questo castello una donna vedova." A nessuno
verrebbe in mente di qualificare come "soggetto" il pronome "egli". Se è
soggetto "egli", che roba è la povera vedova? Direi che la forma
assomiglia molto al piemontese "a-i era na vìdoa" con la "a" proclitica
che si premette sempre alla coniugazione della terza persona singolare.
Proprio perché assomiglia al piemontese, io dico che il soggetto è "egli".
Ci ho ripensato. Nell'italiano c'è qualcosa di particolare.

Prendiamo queste frasi:

italiano: egli era una vedova
piemontese: a i era na vidoa
romagnolo: u j era na vedva
francese: il y avait une veuve

(Nel romangolo per ragioni eufoniche davanti a "j" il pronome "e" diventa
"u".)

Messe così una di fianco all'altra mi verrebbe da dire che il soggetto (o
comunque il "soggetto grammaticale") è sempre lo stesso "egli". Addirittura
in francese "egli" fa l'azione di "averci" la vedova, e si vede bene che il
soggetto è quello.

C'è però una differenza.

Proviamo a metterle al plurale:

italiano: egli erano delle vedove (?)
piemontese: a i era.. (?)
romagnolo: u j era dal vedve
francese: il y avait des veuves

Ora, tutte le lingue tranne l'italiano qui si dimostrano "razionali"
coniugando il verbo con il soggetto. E in particolare in francese "egli"
continua a far l'azione di "averci" le vedove.

Solo in italiano la cosa ci scoppia nelle mani.

D'altra parte l'italiano è quella lingua nella quale anziché dire una cosa
razionale come questa:

si vende delle case

si dice una cosa assurda come questa:

si vendono delle case

Quest'ultima è una costruzione che non c'era nel dialetto toscano
originario, ed è stata inventata a tavolino da coloro che hanno appunto
costruito l'italiano a tavolino.

Quindi forse mi devo ricredere. È possibile che l'atto innaturale di
costruire una lingua a tavolino abbia danneggiato il "coprocessore
linguistico" a tal punto da produrre delle aberrazioni come il "si
passivante" o un ipotetico "egli erano delle vedove", che non trova alcuna
spiegazione razionale.
--
Saluti.
D.
Klaram
2009-08-13 21:27:44 UTC
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Post by Davide Pioggia
Post by Davide Pioggia
Post by Maurizio Pistone
In una serie di esempi di italiano trecentesco citati dal Fornaciari
(per comodità li ho messi in nota a questo messaggio) troviamo frasi
del tipo "Egli era in questo castello una donna vedova." A nessuno
verrebbe in mente di qualificare come "soggetto" il pronome "egli".
Se è soggetto "egli", che roba è la povera vedova? Direi che la forma
assomiglia molto al piemontese "a-i era na vìdoa" con la "a"
proclitica che si premette sempre alla coniugazione della terza
persona singolare.
Proprio perché assomiglia al piemontese, io dico che il soggetto è "egli".
Ci ho ripensato. Nell'italiano c'è qualcosa di particolare.
italiano: egli era una vedova
piemontese: a i era na vidoa
romagnolo: u j era na vedva
francese: il y avait une veuve
(Nel romangolo per ragioni eufoniche davanti a "j" il pronome "e"
diventa "u".)
Scusa, ho visto solo ora questo messaggio.
Non sono d'accordo, i pronomi verbali sono a, u, y; le particelle i, j,
y (scrivile come ti pare è la sempre la stessa) sono particelle
locative, corrispondenti all'italiana ci, vi: c'è, vi è.
Post by Davide Pioggia
Messe così una di fianco all'altra mi verrebbe da dire che il soggetto
(o comunque il "soggetto grammaticale") è sempre lo stesso "egli".
Addirittura in francese "egli" fa l'azione di "averci" la vedova, e si
vede bene che il soggetto è quello.
Certo, "u j era na vedva" (= c'era una vedova) sembrerebbe
corrispondere a "egli era una vedova", ma come la metti con gli altri
esempi di Maurizio: "egli è vero" che si traduce "u l'è ver" (?) e non
"u j è ver". E "che caldo fa egli"?
Post by Davide Pioggia
C'è però una differenza.
italiano: egli erano delle vedove (?)
piemontese: a i era.. (?)
romagnolo: u j era dal vedve
francese: il y avait des veuves
Ora, tutte le lingue tranne l'italiano qui si dimostrano "razionali"
coniugando il verbo con il soggetto. E in particolare in francese "egli"
continua a far l'azione di "averci" le vedove.
Solo in italiano la cosa ci scoppia nelle mani.
Perché? "C'erano delle vedove", la differenza è che solo in italiano
si concorda col verbo mentre nei dialetti la forma a-i, u j ecc. è
impersonale.

k
Fiorelisa
2009-08-09 16:21:27 UTC
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Post by Davide Pioggia
In veneto il pronome atono "a" è stato quasi del tutto abbandonato, e
così un veneto pensa a "mi" come "io". So che ci sono anche altri
dialetti settentrionali nei quali "a" si può omettere. Ma in romagnolo è
impensabile.
Perché noi stiamo abbandonando il nostro 'a'? Poverino! :(
Sarà per influenza dell'italiano?
Davide Pioggia
2009-08-09 17:53:21 UTC
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Post by Fiorelisa
Perché noi stiamo abbandonando il nostro 'a'? Poverino! :(
Sarà per influenza dell'italiano?
Non lo so. So solo che il dialetto veneto è una strana bestia :-)

Se tu chiedi a un romagnolo qualunque come si dice "io" in dialetto, quello
ti risponde che si dice "me". E se fai la stessa domanda a un veneto quello
ti risponde che si dice "mi".

Così stando a ciò che viene riferito potrebbe sembrare una situazione
analoga.

Tuttavia noi sappiamo che (per fortuna) chi parla una lingua ha spesso una
consapevolezza piuttosto limitata dei suoi meccanismi. Non dobbiamo dunque
chiedere ai parlanti delle informazioni sulla struttura grammaticale della
loro lingua, ma bisogna interrogarli solo per sapere quali strutture essi
percepiscono come grammaticali o meno.

Così, a prescindere da ciò che riferiscono i veneti e i romagnoli, andiamo a
vedere, concretamente, come parlano.

Un romagnolo, per quanto possa essere ignorante e sgrammaticato, mai e poi
mai direbbe in italiano "me penso". In dialetto infatti si dice "me a pens",
e quella "a" per un romagnolo è irrinunciabile, anche se egli non sa quale
sia la sua funzione grammaticale.

Invece proprio qualche giorno fa sentivo un veneto che cantava la canzone
_Penso positivo_ di Cherubini e, pur cantando in italiano, non ha mai detto
"io", ma ha sostituito sistematicamente quel pronome con "mi", ripetendo
ogni
volta "mi penso positivo" come se "io" nemmeno esistesse.

Quindi per un veneto "mi" è proprio "io".

Come ciò sia potuto accadere non lo so.

Potremmo osservare che in tutta l'area celtica, dal Rubicone alle isole
britanniche, l'obbligatorietà del pronome personale è una costante con
pochissime eccezioni. Per un romagnolo togliere il soggetto è "impossibile"
come lo è per un francese. Invece per un veneto quella impossibilità non
sussiste. Ora, se questa differenza è dovuta alla assenza del sostrato
celtico in Veneto, allora dobbiamo ammettere che la presenza della "a" nel
veneto non può essere mai stata tanto "forte". Il che ci farebbe ipotizzare
che le somiglianze che il veneto ha con gli altri dialetti settentrionali
siano state "importate" e non si siano mai consolidate del tutto.

Ma non ho le competenze e nemmeno le fonti per fare questo tipo di analisi.
--
Saluti.
D.
Fiorelisa
2009-08-09 22:14:53 UTC
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Post by Davide Pioggia
Potremmo osservare che in tutta l'area celtica, dal Rubicone alle isole
britanniche, l'obbligatorietà del pronome personale è una costante con
pochissime eccezioni. Per un romagnolo togliere il soggetto è "impossibile"
come lo è per un francese. Invece per un veneto quella impossibilità non
sussiste. Ora, se questa differenza è dovuta alla assenza del sostrato
celtico in Veneto, allora dobbiamo ammettere che la presenza della "a" nel
veneto non può essere mai stata tanto "forte". Il che ci farebbe ipotizzare
che le somiglianze che il veneto ha con gli altri dialetti settentrionali
siano state "importate" e non si siano mai consolidate del tutto.
Ma non ho le competenze e nemmeno le fonti per fare questo tipo di analisi.
Io, che sono sempre nata e vissuta in Veneto, ho sempre sentito le
persone usare 'a' in maniera facoltativa: a volte lo mettono, altre no,
senza motivi precisi.
' (Mi) magno', '(mi) penso' sono diffusissime, al pari di '(mi) a
magno', '(mi) a penso'.

Per quel che riguarda il pronome di seconda persona singolare, invece, è
obbligatorio:
'(Ti) te magni', '(Ti) te pensi'
Non si può dire '(ti) magni', '(ti) pensi'.

Il pronome di terza persona singolare è facoltativo più o meno come
quello di prima sing (a). Mi pare però che sia leggermente più frequente:
'(Eo) el magna', '(Eo) el pensa' sono un pochino più frequenti di 'Eo
magna', 'Eo pensa'.

Da notare che qui bisogna mettere almeno uno dei due: 'eo' o 'el'. Non
si può lasciare solo il verbo.
Ad esempio:
'Cossa fao Piero?'
'El magna. Eo el magna sempre!'
Nella risposta, potrei anche usare a scelta queste varianti:
'El magna. Eo magna sempre!'
'El magna. El magna sempre!'
Non potrei però dire:
'Magna. Magna sempre!'
Strano sarebbe anche rispondere:
'Eo magna.'

Ora che ci penso, per verbi meteorologici, usiamo 'a', non 'el'. E
questo 'a' è facoltativo:
'(a) piove', '(a) nevega', '(a) tempesta', ecc...

Per la prima e seconda persona plurale, si usa 'a' in modo facoltativo:
'(Noantri) (a) magnemo'
'(Valtri) (a) magnè'

Per la terza plurale, si usa 'i', in modo facoltativo, ma tuttavia mi
sembra che questa sia la forma preferita:
'(Iuri) (i) magna'

Non saprei dire se una volta quelli che adesso sono pronomi facoltativi
fossero invece obbligatori.
Sicuramente i giovani e le persone più scolarizzate tendono ad abolirli,
cercando di parlare un dialetto non troppo marcato.
Davide Pioggia
2009-08-10 10:55:45 UTC
Permalink
Post by Fiorelisa
[...]
Se ho ben capito, le forme possibili sono le seguenti:

mi a magno / a magno / mi magno / magno
ti te magni / te magni / --- / ---
eo el magna / el magna / eo magna / ---
(MA: --- / a piove / --- / piove)
noantri a magnemo / a magnemo / noantri magnemo / magnemo
voaltri a magnè / a magnè / voaltri magnè / magnè
iuri i magna / i magna / iuri magna / ---

Confrontiamo invece con il dialetto romagnolo:

me a magn / a magn / --- / ---
te t' magn / t' magn / --- / ---
lo e' magna / e' magna / --- / ---
(MA: --- / e' piov / --- / ---)
eccetera

e con il francese parlato:

moi je mange / je mange / --- / ---
toi tu manges / tu manges / --- / ---
lui il mange / il mange / --- / ---
(MA: --- / il pleut / --- / ---)
eccetera

Come vedi la situazione del romagnolo e del francese è pressoché identica,
ed è anche sistematica, perché la regola è una sola:

(quello che io chiamo) il pronome nominativo atono è obbligatorio.

In romagnolo osserviamo poi l'esito di un processo di trasformazione che
è assente nel francese: il pronome nominativo atono della prima persona
singolare si è "atrofizzato" in quella "a" indistinta nella quale, a quanto
pare, tendono a confluire i pronomi nominativi atoni. In romagnolo questa
"atrofizzazione" ha coinvolto tre pronomi: quello della prima persona
singolare e quelli della prima e della seconda plurale. Invece da quel che
mi ha detto Maurizio mi sembra di aver capito che in piemontese questo
processo ha coinvolto anche la terza persona singolare, che in romagnolo
è intatta (a parte alcune variazioni eufoniche che a volte trasformano la
"e'" in "u").

Invece in veneto osserviamo due processi di trasformazione:

1) Il pronome nominativo atono e quello obliquo non sono più nettamente
tali, ma sono intercambiabili in tutte le persone tranne la seconda
singolare.

2) Il pronome nominativo atono della terza persona singolare nei verbi
impersonali ha già cominciato ad atrofizzarsi in "a".

Quella del veneto mi sembra dunque una situazione in fase di trasformazione.
Post by Fiorelisa
Non saprei dire se una volta quelli che adesso sono pronomi facoltativi
fossero invece obbligatori.
Sarebbe interessante scoprirlo, perché così potremmo dire se c'è stato un
tempo in cui il veneto era un dialetto nettamente "gallico" o se invece
questo sostrato "gallico" non si è mai definitivamente sovrapposto a quello
preesistente.
Post by Fiorelisa
Sicuramente i giovani e le persone più scolarizzate tendono ad abolirli,
cercando di parlare un dialetto non troppo marcato.
Anche da questo punto di vista mi pare che la situazione linguistica del
Veneto sia un poco particolare.

In molte regioni d'Italia i giovani non usano più il dialetto. Questo non
significa che parlino un buon italiano, però non parlano il dialetto, ma
parlano piuttosto un italiano "regionalizzato". Dal momento che non c'è più
nessuno che lo parla, questi dialetti tendono a diventare "lingue morte",
non più capaci di evoluzione, ma immortalati nella forma in cui le hanno
lasciate le ultime generazioni che le hanno usate come lingua principale
(che nel caso del romagnolo è quella dei miei nonni, o forse dei miei
genitori, anche se dubito che la generazione dei miei genitori abbia
apportato il proprio contributo al dialetto).

Poi ci sono delle regioni, soprattutto nel meridione, in cui anche i giovani
parlano dialetto.

Un caso a parte è quello di Roma, perché il romanesco non è un vero e
proprio dialetto, ma una parlata dell'italiano. Se si prende una frase in
italiano e si apportano alcune modifiche fonetiche piuttosto regolari, si
ottiene con buona approssimazione una frase in romanesco. Una cosa
come questa in un dialetto vero e proprio è inconcepibile, perché le
trasformazioni fonetiche sono state parallele, e sopratutto perché le
strutture grammaticali sono diverse. (Per questa ragione, per altro, molti
romani fanno fatica a concepire i dialetti come delle vere e proprie lingue,
e li percepiscono come una sorta di "storpiatura" della lingua colta.)

Ora, il Veneto è una di quelle regioni in cui anche i giovani parlano
dialetto, sicché il dialetto è ancora una "lingua viva", ma da quello che mi
dici mi pare di capire che tale dialetto viene rapidamente trasformato sotto
l'influsso dell'italiano, in modo tale da sovrapporre la grammatica del
primo a quella del secondo. Se così fosse allora potremmo dire che il veneto
è sì una lingua viva, ma che paga il prezzo del suo restare viva
trasformandosi lentamente in una parlata dell'italiano.
--
Saluti.
D.
Fiorelisa
2009-08-10 15:11:03 UTC
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Post by Davide Pioggia
Post by Fiorelisa
[...]
mi a magno / a magno / mi magno / magno
ti te magni / te magni / --- / ---
eo el magna / el magna / eo magna / ---
(MA: --- / a piove / --- / piove)
noantri a magnemo / a magnemo / noantri magnemo / magnemo
voaltri a magnè / a magnè / voaltri magnè / magnè
iuri i magna / i magna / iuri magna / ---
Giusto! Ottima sintesi! ;)
Post by Davide Pioggia
me a magn / a magn / --- / ---
te t' magn / t' magn / --- / ---
lo e' magna / e' magna / --- / ---
(MA: --- / e' piov / --- / ---)
eccetera
moi je mange / je mange / --- / ---
toi tu manges / tu manges / --- / ---
lui il mange / il mange / --- / ---
(MA: --- / il pleut / --- / ---)
eccetera
[...]
1) Il pronome nominativo atono e quello obliquo non sono più nettamente
tali, ma sono intercambiabili in tutte le persone tranne la seconda
singolare.
2) Il pronome nominativo atono della terza persona singolare nei verbi
impersonali ha già cominciato ad atrofizzarsi in "a".
Quella del veneto mi sembra dunque una situazione in fase di
trasformazione.
Potrebbe essere. Chissà cosa ci riserverà il futuro?
Post by Davide Pioggia
Post by Fiorelisa
Non saprei dire se una volta quelli che adesso sono pronomi facoltativi
fossero invece obbligatori.
Sarebbe interessante scoprirlo, perché così potremmo dire se c'è stato un
tempo in cui il veneto era un dialetto nettamente "gallico" o se invece
questo sostrato "gallico" non si è mai definitivamente sovrapposto a
quello preesistente.
Eh sì, sarebbe bello. Forse si potrebbero fare delle ricerche in testi
scritti nel passato.
Post by Davide Pioggia
Post by Fiorelisa
Sicuramente i giovani e le persone più scolarizzate tendono ad abolirli,
cercando di parlare un dialetto non troppo marcato.
Anche da questo punto di vista mi pare che la situazione linguistica del
Veneto sia un poco particolare.
In molte regioni d'Italia i giovani non usano più il dialetto. Questo non
significa che parlino un buon italiano, però non parlano il dialetto, ma
parlano piuttosto un italiano "regionalizzato". Dal momento che non c'è più
nessuno che lo parla, questi dialetti tendono a diventare "lingue morte",
non più capaci di evoluzione, ma immortalati nella forma in cui le hanno
lasciate le ultime generazioni che le hanno usate come lingua principale
(che nel caso del romagnolo è quella dei miei nonni, o forse dei miei
genitori, anche se dubito che la generazione dei miei genitori abbia
apportato il proprio contributo al dialetto).
Ma tu allora dici che ci siano delle regioni d'Italia in cui le nuove
generazioni non parlano proprio più il dialetto? A parte i casi un po'
particolari del Lazio e della Toscana, dove non si può parlare di vero e
proprio dialetto.
Post by Davide Pioggia
Ora, il Veneto è una di quelle regioni in cui anche i giovani parlano
dialetto, sicché il dialetto è ancora una "lingua viva", ma da quello che mi
dici mi pare di capire che tale dialetto viene rapidamente trasformato sotto
l'influsso dell'italiano, in modo tale da sovrapporre la grammatica del
primo a quella del secondo. Se così fosse allora potremmo dire che il veneto
è sì una lingua viva, ma che paga il prezzo del suo restare viva
trasformandosi lentamente in una parlata dell'italiano.
Penso che il dialetto veneto parlato dalle nuove generazioni (mi
riferisco in particolare a quelle persone che oggi hanno 10, 20, 30,
anche 40 anni) sia sicuramente diverso da quello parlato dalla
generazione di mia nonna (ora quasi novantenne).
La differenza più grande e notevole è quella a livello lessicale. Ci
sono parole 'di una volta' che alle mie orecchie suonano incompresibili:
si riferiscono soprattutto ad attrezzi agricoli. Ma ci sono anche parole
di ambito diverso, come ad esempio l'abbigliamento, che ho dovuto farmi
spiegare da mia mamma.
D'altra parte, mia nonna si adatta anche lei ad acquisire parole 'della
modernità' nel suo dialetto, adattandole foneticamente: ad esempio, 'ea
teevision', 'el compiuter', 'el teecomando', 'ea lavatrice', ecc.

Credo che questi due aspetti siano comuni a tutti i dialetti.

Una cosa che mi ha colpito, a proposito di mia nonnna, è questa; un
giorno ho visto che in una lista della spesa aveva scritto:
'2 iovu' (2 yogurt)
'6 ghivoli (dopo un po' di riflessione, ho capito che per mia nonna
'ghivoli' è la parola italiana per 'kiwi': per lei, quella parola, che
sente pronunciare 'chiui', è dialetto).

Però mia nonna non se la sente di adattare tutte le parole moderne al
dialetto: non tutte infatti suonano bene trasformate. Allora le
sostituisce con altre parole. Ad esempio, i cereali da mettere nel latte
per lei sono 'furegheti' (un 'furegheti' sarebbe una persona che
'furega' sempre, cioè sempre in attività con le mani, che aggiusta,
cuce, smonta e rimonta cose e cosette). Credo li chiami così perché sono
di piccola dimensione.
L'apparecchio acustico (la protesi per sentirci meglio) lei lo chiama
semplicemente 'recie', cioè 'orecchie'.
Poi ci sono anche altre parole per indicare 'cose di cui non si può
trovare un corrispondente in dialetto', parole tuttofare: 'cinciaro',
'afare', 'mistiero', 'aparechio', 'coso'...

Ci sono oggetti che possono essere nominati in due modi: una è una forma
antica, usata prevalentemente da persone anziane; un'altra più moderna,
usata prevalentemente dai giovani,che è praticamente un calco
dell'italiano. Un esempio è la forchetta, che si può chiamare 'piron'
(forma più antica), o 'forcheta' (forma recente). Però qualsiasi veneto,
quale che sia la sua età, è perfettamente in grado di capire cosa
significhino questi termini.

Ci sono persone, però, che vanno bel oltre il 'rimodernamento'
lessicale. E ciò non significa che siano necessariamente le persone più
giovani: mi pare di capire che sono persone che si trovano in una
situazione in cui vogliono parlare il dialetto per non sembrare snob con
il loro interlocutore, però lo fanno comunque malvolentieri, perché
sotto sotto sono più a loro agio con l'italiano.
Allora, oltre a italianizzare tutto il lessico, si spingono ad
italianizzare anche la fonetica (le doppie le fanno sentire molto bene!)
e la sintassi.
Ecco un esempio di frase standard in dialetto:
'Co te vedi Mario, saudemeo tanto e dighe che col poe el vegna catarme'.
E un esempio di come suonerebbe volendo italianizzarla:
'Quando che te vedi Mario, te me o saluti tanto, e te ghe disi che
quando che el poe el me venga a trovare'.
Davide Pioggia
2009-08-10 16:43:49 UTC
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Post by Fiorelisa
Ma tu allora dici che ci siano delle regioni d'Italia in cui le nuove
generazioni non parlano proprio più il dialetto?
Da quel che ho potuto vedere (anzi, sentire) credo di poter dire che
i giovani non parlano più dialetto in Piemonte, in Lombardia e in
Emilia-Romagna. Ad esempio se tu vai in un paesino dell'entroterra romagnolo
ed entri in un bar frequentato da giovani operai che stanno facendo la
partita a carte nella pausa pranzo, li senti parlare l'italiano (anche se
ovviamente capiscono benissimo il dialetto, perché magari nel tavolo di
fianco ci sono i loro genitori che invece parlano dialetto). Direi che
questa è la prova del nove.

Invece ho sentito giovani parlare dialetto fra di loro in Veneto, nelle
Marche, in Campania, in Calabria e in altre regioni meridionali. Qui sulla
riviera romagnola se ci si ferma a parlare con un gruppo di giovani veneti,
(o campani o calabresi eccetera) che sono in vacanza, capita spesso che
essi parlino in dialetto fra di loro e poi ogni tanto si rivolgano in
italiano al loro interlocutore (che sarei poi io :-) ). In Romagna questa
cosa capita solo alle generazioni più anziane. Così se un gruppo di
sessantenni romagnoli va a passare, che so, un settimana a Napoli, e si
fermano a parlare con un napoletano, finché parlano con il napoletano
cercano di parlare italiano, ma poi quando devono parlare fra di loro si
sentono imbarazzati a cercare di parlare italiano con uno con cui parlano
dialetto da una vita, e così finiscono per parlare dialetto.

Un caso un po' più "grave" è quello di coloro che parlano dialetto senza
saperlo! Cioè, parlano il loro dialetto come se fosse la cosa più naturale
del mondo, e non tentano nemmeno di parlare italiano perché non riescono
a concepire che qualcuno possa non capire la Lingua per eccellenza :-)
Questa cosa mi è capitata piuttosto spesso con dei veneti di una certa età,
e anche con dei toscani di tutte le età. Con il toscano non ci sono
problemi di comprensione (anche se il livornese stretto a volte mi ha dato
del filo da torcere), ma avere a che fare con una famiglia di veneti che ti
si rivolgono in veneto stretto come se fosse la cosa più normale di questo
mondo può essere piuttosto impegnativo :-)

Non conosco la situazione della Liguria e del Trentino-Alto Adige.

Per quel che riguarda il Lazio direi che è il caso di tenere distinta Roma
dal resto della regione, perché l'umbro, il sabino o il ciociaro sono dei
veri e propri dialetti, mentre il romanesco - come dicevo - non lo è.
Di conseguenza l'uso del romanesco è più una questione di strato sociale
che di età. Non saprei dire poi come si regolano i giovani nell'entroterra
laziale.
Post by Fiorelisa
Penso che il dialetto veneto parlato dalle nuove generazioni (mi riferisco
in particolare a quelle persone che oggi hanno 10, 20, 30, anche 40 anni)
sia sicuramente diverso da quello parlato dalla generazione di mia nonna
(ora quasi novantenne).
La differenza più grande e notevole è quella a livello lessicale.
Sì, certo, la differenza lessicale è proprio ciò che rende viva una lingua.

Quando gli antichi abitanti delle isole britanniche sentirono che i Romani
stavano costruendo una strada lastricata, cioè una _via strata_,
assimilarono subito la parola _stret_, che poi divenne _street_.
Giorni fa mi ero fermato a Riccione da un elettrauto e c'era un signore
anziano
che stava parlando in dialetto dei _fanel s'i led_, che sarebbero poi i
"fanali coi led" (il riccionese è un dialetto romagnolo meridionale, nel
quale "con" si dice "sa", come in pesarere). Ebbene, mi ha fatto una certa
impressione vedere che il romagnolo stava assimilando l'acronimo di _Light
Emitting Diode_, ma è normale che le cose vadano in questo modo.

Ma la struttura grammaticale e fonetica del romagnolo non viene modificata
da questi apporti lessicali. È vero che anche quella struttura si è
modificata nel tempo, ma non sono stati i termini importati o i neologismi a
modificarla. Invece da quello che mi dici pare che l'italiano non si limiti
a prestare nuovi lemmi al veneto, ma ne stia proprio modificando la
struttura.
Post by Fiorelisa
Una cosa che mi ha colpito, a proposito di mia nonnna...
Bellissimi gli esempi di tua nonna!
Tua nonna è un genio della linguistica comparata :-)
Post by Fiorelisa
Ci sono oggetti che possono essere nominati in due modi: una è una forma
antica, usata prevalentemente da persone anziane; un'altra più moderna,
usata prevalentemente dai giovani,che è praticamente un calco
dell'italiano. Un esempio è la forchetta, che si può chiamare 'piron'
(forma più antica), o 'forcheta' (forma recente).
Ah, ma la forchetta è il "piron", per forza!
Te la immagini una trattoria veneta che anziché
chiamarsi "El Piron" si chiama "A forcheta"?
Tua nonna direbbe mai "a forcheta"? :-)
Post by Fiorelisa
'Co te vedi Mario, saudemeo tanto e dighe che col poe el vegna catarme'.
'Quando che te vedi Mario, te me o saluti tanto, e te ghe disi che quando
che el poe el me venga a trovare'.
Ecco, questo problema c'è anche in romagnolo, perché ci sono quelli
che quando cercano di parlare in dialetto lo italianizzano sempre.

Come dicevo giorni fa, la mia impressione è che coloro che fanno fatica a
parlare bene il dialetto perché lo italianizzano, poi non riescono nemmeno
a parlare perfettamente l'italiano, perché lo dialettizzano. Tu, che parli
bene l'italiano, sai distinguere l'italiano dal dialetto, per cui quando
parli dialetto parli dialetto e quando parli l'italiano parli l'italiano.
Così quando parli in dialetto non usi le doppie, e quando parli in italiano
non dici "mi" al posto di "io". Invece un giovane che non sia capace di
parlare il dialetto senza italianizzarlo, magari dice "mi" al posto di "io".

Questo non significa, ovviamente, che non ci possono essere persone
che parlano un perfetto dialetto senza saper parlare l'italiano, o
viceversa. Ma per parlare perfettamente una lingua bisogna essere stati
esposti solo a quella lingua. Ad esempio chi cresce in una famiglia colta
nella quale si parla solo l'italiano, e un italiano corretto, sicuramente
cresce parlando un ottimo italiano. E chi, viveversa, è cresciuto parlando
solo il dialetto sicuramente parla un ottimo dialetto. Ma chi invece cresce
in un ambiente in cui la lingua colta si mescola col dialetto per sbrogliare
la matassa non può fare altro che impararle bene tutte e due.
--
Saluti.
D.
Fiorelisa
2009-08-11 09:49:28 UTC
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Post by Davide Pioggia
Post by Fiorelisa
Ma tu allora dici che ci siano delle regioni d'Italia in cui le nuove
generazioni non parlano proprio più il dialetto?
Da quel che ho potuto vedere (anzi, sentire) credo di poter dire che
i giovani non parlano più dialetto in Piemonte, in Lombardia e in
Emilia-Romagna. Ad esempio se tu vai in un paesino dell'entroterra romagnolo
ed entri in un bar frequentato da giovani operai che stanno facendo la
partita a carte nella pausa pranzo, li senti parlare l'italiano (anche se
ovviamente capiscono benissimo il dialetto, perché magari nel tavolo di
fianco ci sono i loro genitori che invece parlano dialetto). Direi che
questa è la prova del nove.
Stento ad immaginare una scena del genere qui in Veneto! :)
Post by Davide Pioggia
Invece ho sentito giovani parlare dialetto fra di loro in Veneto, nelle
Marche, in Campania, in Calabria e in altre regioni meridionali. Qui sulla
riviera romagnola se ci si ferma a parlare con un gruppo di giovani veneti,
(o campani o calabresi eccetera) che sono in vacanza, capita spesso che
essi parlino in dialetto fra di loro e poi ogni tanto si rivolgano in
italiano al loro interlocutore (che sarei poi io :-) ). In Romagna
questa cosa capita solo alle generazioni più anziane. Così se un gruppo
di sessantenni romagnoli va a passare, che so, un settimana a Napoli, e
si fermano a parlare con un napoletano, finché parlano con il napoletano
cercano di parlare italiano, ma poi quando devono parlare fra di loro si
sentono imbarazzati a cercare di parlare italiano con uno con cui
parlano dialetto da una vita, e così finiscono per parlare dialetto.
Invece qui in Veneto è normalissimo fare così anche tra i giovani.

Ma una curiosità: come si parlano i figli e i genitori tra loro, lì in
Emilia Romagna? I genitori si rivolgono al figlio in dialetto e lui
risponde in italiano?
Io conosco delle persone che fanno così. Ma ci sono anche altri casi. Ad
esempio, ho visto che ci sono genitori veneti che parlano abitualmente
dialetto con amici e parenti, ma che 'obbligano' il loro bambino a
esprmersi sempre in italiano con tutti, e gli parlano in italiano:
quindi capita che si riunisce tutta la famiglia, e c'è questa coppia che
parla dialetto con tutti, tranne che con il figlio.
Io con i miei genitori e con tutti i miei parenti parlo veneto; ma mi è
capitato, per esempio, il caso in cui mi trovavo contemporaneamente con
una persona della mia famiglia e con un'altra persona con cui dovevo
parlare italiano, perché quella persona non capiva il veneto, o perché
mi pareva irrispettoso rivolgermi a lei in dialetto (il medico, un
vigile...). E così, quando mi rivolgevo al mio familiare parlavo
dialetto, e con l'altra persona italiano. Il che non è proprio il
massimo, ma mi viene da ridere parlare a mia mamma in italiano! :)

Tra l'altro, mi è anche capitato di osservare questo caso: una mia
parente ha sempre parlato dialetto con i suoi, ma con suo marito parla
sempre italiano, e anche lui parla sempre italiano, pur essendo veneto e
capendo benissimo il nostro dialetto. Quando la nostra famiglia si
riunisce, lui parla italiano con tutti, lei parla italiano con lui, ma
con noi parla dialetto, cercando di non confondersi, ma non sempre ce la
fa! :) E' un po' un caos.

A volte essere bilingui è un po' scomodo.

Un mio amico ha una famiglia davvero multiculturale: ci sono venezuelani
di origine italiana, inglesi, africani e cinesi, e hanno viaggiato un
po' tutto il mondo. Un giorno gli ho chiesto che lingua si parlasse a
casa sua, in famiglia. Lui mi ha risposto: 'Oh, è tutto una mescola! Un
po' italiano, un po' spagnolo... Come capita! A volte si comincia la
frase in un modo e si finisce in un altro. A volte non so nemmeno io
come devo parlare, e ci devo pensare qualche secondo.'
Post by Davide Pioggia
Un caso un po' più "grave" è quello di coloro che parlano dialetto senza
saperlo! Cioè, parlano il loro dialetto come se fosse la cosa più naturale
del mondo, e non tentano nemmeno di parlare italiano perché non riescono
a concepire che qualcuno possa non capire la Lingua per eccellenza :-)
Questa cosa mi è capitata piuttosto spesso con dei veneti di una certa età,
e anche con dei toscani di tutte le età. Con il toscano non ci sono
problemi di comprensione (anche se il livornese stretto a volte mi ha
dato del filo da torcere), ma avere a che fare con una famiglia di
veneti che ti si rivolgono in veneto stretto come se fosse la cosa più
normale di questo mondo può essere piuttosto impegnativo :-)
Eh sì, in Veneto è piuttosto frequente trovare persone di una certa età
che parlano dialetto con tutti. Ma non lo fanno per cattiveria, è perché
proprio l'italiano non lo sanno parlare. L'alternativa sarebbe quella di
stare zitti, ma gli parrebbe da maleducati trovarsi con una persona e
non parlare con lei; quindi parlano come possono, sperando che l'altro
capisca.
Ma forse non si preoccupano nemmeno più di tanto; ad esempio, nel
piccolo paesino di campagna in cui vivo, le persone anziane hanno fatto
solo 3 o 4 anni di scuola e non si sono mai mosse dal loro territorio,
dove sono nate e cresciute. Al massimo sono uscite quando sono andate a
fare il militare (o per la guerra, ma allora sono proprio quelli più
anziani). Al contempo, pochissime persone di altre regioni sono venute
qui; la gente tende a sposarsi sempre con persone del loro paese, ecc.
Quindi è piuttosto difficile che una persona anziana del mio paese si
possa rendere conto delle difficoltà di comprensione dovute alla non
appartenenza allo stesso territorio.
Forse parlerebbero dialetto anche a un cinese, senza farsi alcun
problema! :)
Post by Davide Pioggia
Post by Fiorelisa
Una cosa che mi ha colpito, a proposito di mia nonnna...
Bellissimi gli esempi di tua nonna!
Tua nonna è un genio della linguistica comparata :-)
Eh sì, mia nonna è un mito! ;)
Post by Davide Pioggia
Ah, ma la forchetta è il "piron", per forza!
Te la immagini una trattoria veneta che anziché
chiamarsi "El Piron" si chiama "A forcheta"?
Tua nonna direbbe mai "a forcheta"? :-)
Mah, forse le trattorie usano quel nome per motivi folkloristici; ma mia
nonna dice tranquillamente anche 'forcheta', non solo 'piron'.

I termini del dialetto veneto che secondo me sono difficilmente
attaccabili dall'italiano sono quelli che rappresentano delle soluzioni
migliori: più sintetici e lessicalmente più precisi.
Ad esempio:
- 'tegoine' e 'cornoete', molto più pratici dell'italiano 'fagiolini
verdi'. Infatti mia mamma, pur conoscendo il termine italiano, nella
lista della spesa scrive sempre 'tegoine', perché è più comprensibile e
meno ambiguo. A me piacerebbe che in italiano esistesse una parola bella
come 'tegoline' o 'cornolette', piuttosto che 'fagiolini verdi'.
- 'spussa da freschin', molto più sintetico e preciso dell'italiano
'odore sgradevole di carne o di pesce crudi, esposti all'aria'.
Post by Davide Pioggia
Come dicevo giorni fa, la mia impressione è che coloro che fanno fatica a
parlare bene il dialetto perché lo italianizzano, poi non riescono nemmeno
a parlare perfettamente l'italiano, perché lo dialettizzano. Tu, che parli
bene l'italiano, sai distinguere l'italiano dal dialetto, per cui quando
parli dialetto parli dialetto e quando parli l'italiano parli l'italiano.
Così quando parli in dialetto non usi le doppie, e quando parli in italiano
non dici "mi" al posto di "io". Invece un giovane che non sia capace di
parlare il dialetto senza italianizzarlo, magari dice "mi" al posto di "io".
Ah... Non l'avevo mai interpratata in questo modo. Io pensavo che
parlassero in quella maniera per fare un 'compromesso' tra la vergogna
di parlare dialetto e allo stesso tempo il timore di apparire snob.
E' anche vero che non mi è mai capitato di sentirli parlare in italiano,
per cui non saprei dire come sia il loro italiano.
FatherMcKenzie
2009-08-11 10:27:23 UTC
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Post by Fiorelisa
Ma una curiosità: come si parlano i figli e i genitori tra loro, lì in
Emilia Romagna? I genitori si rivolgono al figlio in dialetto e lui
risponde in italiano?
Credo utilizzino il napoletano come lingua veicolare, tanto in riviera
lo parla chiunque.
--
Egerthésontai gàr pseudóchristoi kaì pseudoprofêtai, kaì dósousin semeîa
megála kaì térata hóste planêsai, ei dunatón, kaì toùs eklektoús:
idoù proeíreka humîn. (Euaggélion katà Matthaîon 24,24-25)
surgent enim pseudochristi et pseudoprophetae et dabunt signa magna
et prodigia ita ut in errorem inducantur, si fieri potest, etiam
electi: ecce praedixi vobis
ADPUF
2009-08-11 21:52:27 UTC
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Post by FatherMcKenzie
Post by Fiorelisa
Ma una curiosità: come si parlano i figli e i genitori tra
loro, lì in Emilia Romagna? I genitori si rivolgono al figlio
in dialetto e lui risponde in italiano?
Credo utilizzino il napoletano come lingua veicolare, tanto in
riviera lo parla chiunque.
***@.
--
°¿°
O
Davide Pioggia
2009-08-11 11:07:41 UTC
Permalink
Post by Fiorelisa
Ma una curiosità: come si parlano i figli e i genitori tra loro, lì in
Emilia Romagna? I genitori si rivolgono al figlio in dialetto e lui
risponde in italiano?
La generazione degli attuali quarantenni è stata la prima ad essere esposta
all'italiano. A partire dagli anni sessanta in molte case, anche quelle
dell'entroterra, nelle quali vivevano spesso tre generazioni, i nonni e i
genitori parlavano dialetto fra di loro, ma in italiano con i bambini, i
quali ovviamente rispondevano in italiano a tutti.
Post by Fiorelisa
Io conosco delle persone che fanno così. Ma ci sono anche altri casi.
Ad esempio, ho visto che ci sono genitori veneti che parlano abitualmente
dialetto con amici e parenti, ma che 'obbligano' il loro bambino a
esprmersi sempre in italiano con tutti, e gli parlano in italiano: quindi
capita che si riunisce tutta la famiglia, e c'è questa coppia
che parla dialetto con tutti, tranne che con il figlio.
Ecco, questo è proprio ciò che accadde in Romagna a partire dagli anni
sessanta (e nei centri urbani direi che era accaduto un decennio prima).
Post by Fiorelisa
Io con i miei genitori e con tutti i miei parenti parlo veneto; ma mi è
capitato, per esempio, il caso in cui mi trovavo contemporaneamente con
una persona della mia famiglia e con un'altra persona con cui dovevo
parlare italiano, perché quella persona non capiva il veneto, o perché mi
pareva irrispettoso rivolgermi a lei in dialetto (il medico, un
vigile...). E così, quando mi rivolgevo al mio familiare parlavo dialetto,
e con l'altra persona italiano. Il che non è proprio il massimo, ma mi
viene da ridere parlare a mia mamma in italiano! :)
Guarda, è esattamente quell'imbarazzo che cercavo di spiegare nel mio
intervento precedente, e che riscontro nei romagnoli non più giovani che si
trovano a parlare fra di loro e anche con una persona che non parla il
dialetto.

Da quel che mi dici traggo l'impressione che il processo di abbandono del
dialetto in Romagna sia trenta o quaranta anni più avanti che in Veneto. A
parte questa differenza temperale, per il resto c'è un parallelo perfetto.
Post by Fiorelisa
Tra l'altro, mi è anche capitato di osservare questo caso: una mia parente
ha sempre parlato dialetto con i suoi, ma con suo marito parla sempre
italiano, e anche lui parla sempre italiano, pur essendo veneto e capendo
benissimo il nostro dialetto. Quando la nostra famiglia si riunisce, lui
parla italiano con tutti, lei parla italiano con lui, ma con noi parla
dialetto, cercando di non confondersi, ma non sempre
ce la fa! :) E' un po' un caos.
Questa cosa capitò ai miei genitori, i quali parlavano dialetto con i loro
genitori e con i loro amici, ma fra di loro parlavano in italiano.

Credo che all'epoca dei miei genitori se un ragazzo e una ragazza volevano
parlare d'amore già cominciavano a sentirsi un po' imbarazzati a farlo in
dialetto. Se ben ricordo tu sei fidanzata con un non veneto, per cui il
problema per te non si pone, ma immagina per un attimo di esserti innamorata
di un ragazzo veneto che ti fa battere il cuore ogni volta che lo vedi.
Ebbene, nel momento in cui tu trovassi il coraggio di parlargli dei tuoi
sentimenti, ti verrebbe proprio da dirgli: «Mi te vojo ben, ostrega»? :-)
Post by Fiorelisa
I termini del dialetto veneto che secondo me sono difficilmente
attaccabili dall'italiano sono quelli che rappresentano delle soluzioni
migliori: più sintetici e lessicalmente più precisi.
Sì, brava, anche nel romagnolo ci sono dei termini che sono definitivamente
"inattaccabili", perché sono sostantivi straordinariamente precisi e in
italiano richiederebbero una locuzione, o perché sono aggettivi o verbi
molto espressivi, che "rendono benissimo l'idea".
Post by Fiorelisa
- 'spussa da freschin', molto più sintetico e preciso dell'italiano
'odore sgradevole di carne o di pesce crudi, esposti all'aria'.
Bellissimo! :-)
--
Saluti.
D.
Fiorelisa
2009-08-11 13:09:10 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
Da quel che mi dici traggo l'impressione che il processo di abbandono
del dialetto in Romagna sia trenta o quaranta anni più avanti che in
Veneto. A parte questa differenza temperale, per il resto c'è un
parallelo perfetto.
Eh sì, pare anche a me. Ma io, fino a che non ho letto quanto tu mi hai
detto, ignoravo completamente questo fatto.
Non sospettavo minimamente che in altre regioni il dialetto fosse
abbandonato dai giovani; credevo che in tutta Italia la diffusione e la
pratica del dialetto fossero uguali a quella del Veneto. Anche perché,
oltre il Veneto, posso dire di conoscere approfonditamente solo la
situazione linguistica della Sicilia, e quella è una regione in cui il
dialetto è ancora praticato e diffuso in maniera analoga al Veneto.
Post by Davide Pioggia
[...]
Credo che all'epoca dei miei genitori se un ragazzo e una ragazza
volevano parlare d'amore già cominciavano a sentirsi un po' imbarazzati
a farlo in dialetto. Se ben ricordo tu sei fidanzata con un non veneto,
per cui il problema per te non si pone, ma immagina per un attimo di
esserti innamorata di un ragazzo veneto che ti fa battere il cuore ogni
volta che lo vedi. Ebbene, nel momento in cui tu trovassi il coraggio di
parlargli dei tuoi sentimenti, ti verrebbe proprio da dirgli: «Mi te
vojo ben, ostrega»? :-)
Oh, Davide! Tu mi vuoi far morire dal ridere! XD

No, non credo proprio che mi esprimerei così. Non saprei come
esprimermi... Boh? Cioè, se io e lui, entrambi veneti, parliamo
abitualmente italiano, non ci sarebbero problemi. Ma se tra di noi
parliamo abitualmente veneto, mi sentirei strana a dire, tutto d'un
tratto, "Ti voglio bene!" in italiano. Ma allo stesso tempo mi sentirei
ridicola a dire la frase in veneto.
Forse è per questo che mi sono innamorata di un siciliano, così ho
risolto il mio imbarazzo linguistico! ;P

Ci sono però molte ragazze mie coetanee e anche più giovani che parlano
abitualmente dialetto anche con il loro fidanzato. Non so come facciano
a esprimere i loro sentimenti... Boh?
Proverò a 'origliare', non vista, quando si appartano! ;D
Davide Pioggia
2009-08-11 15:29:16 UTC
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Post by Fiorelisa
No, non credo proprio che mi esprimerei così.
Non saprei come esprimermi... Boh?
Non lo sai perché qui si pone un problema culturale.

I miei nonni e i loro avi, che parlavano solo dialetto, non parlavano
d'amore. Spesso si volevano bene e si sostenevano per tutta la vita, ma non
parlavano d'amore.

Magari parlavano di sesso (soprattutto i maschi) con i loro amici, e infatti
il dialetto è insuperabile per parlare di sesso (se racconto in italiano una
barzelletta "sporca" che in dialetto fa scompisciare dalle risate puoi star
certa che non ride nessuno), ma di amore non si parlava, per pudore e
riservatezza.

"Parlare d'amore" era una cosa che si faceva solo fra gli aristocratici,
quelli che vivevano del lavoro degli altri e non dovevano stare veramente
«vicino nel bene e nel male», nella quotidianità.

Quando poi lo sviluppo industriale ha fatto passare il potere economico
nelle mani della borghesia, la classe borghese non ha saputo fare altro che
manifestare il proprio trionfo appropriandosi di tutti gli status symbol che
erano stati della aristocratizia. Gli aristrocratici facevano i viaggi di
istruzione, e vai con i viaggi di istruzione; gli aristocratici avevano i
precettori per i loro figli, e vai con i precettori; gli arisotcratici (e
soprattutto le aristocratiche) sospiravano come mantici sui romanzi e le
poesie d'amore, e vai con i romanzi e le poesie d'amore. I borghesi più
ricchi per completare il quadro cercavano anche di comprarsi dei titoli
nobiliari. Così oggi la borghesia più ricca e colta fa esattamente la vita
che facevano una volta gli aristocratici, né più né meno.

La lingua nella quale si parla d'amore è dunque una lingua che un tempo è
stata aristocratica e della quale si è poi impossessata la borghesia. Ma il
dialetto non è questo. È proprio un problema antropologico.

Tua nonna ha sicuramente voluto bene a tuo nonno, ma proprio perché si
volevano bene non passavano il tempo a sussurrarsi degli apostrofi rosa fra
le parole t'amo. Abbiamo sempre pudore dei nostri sentimenti più veri e più
intimi. Invece un sentimento che può essere sbandierato in televisione
davanti a milioni di gentili telespettatori ha bisogno di essere detto in
tutti i modi possibili.

Per questo non è possibile parlare d'amore in dialetto.
Post by Fiorelisa
Ci sono però molte ragazze mie coetanee e anche più giovani che parlano
abitualmente dialetto anche con il loro fidanzato. Non so come facciano a
esprimere i loro sentimenti... Boh?
Ma c'è veramente bisogno di esporli? :-)
--
Saluti.
D.
Fiorelisa
2009-08-11 18:20:42 UTC
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Post by Davide Pioggia
Post by Fiorelisa
Ci sono però molte ragazze mie coetanee e anche più giovani che
parlano abitualmente dialetto anche con il loro fidanzato. Non so come
facciano a esprimere i loro sentimenti... Boh?
Ma c'è veramente bisogno di esporli? :-)
'Esporli'? Perché questo verbo? 'Esporli' mi fa pensare a qualcuno che
li manifesta in pubblico. Allora no, di quello non c'è bisogno.

Una volta, certo, come hai detto tu, per motivi culturali i nostri avi
non parlavano d'amore. Ma noi siamo un po' diversi culturalmente. Credo
che ora molte persone abbiano bisogno di dirlo e di sentirselo dire,
altre invece no, oppure vorrebbero ma non hanno il coraggio.

Invece, per quanto riguarda l'amore genitori-figli, quella è una cosa
che si dà per scontata: mi pare ci sia molto meno bisogno di dire 'ti
voglio bene' alla mamma, o di farselo dire: si dà per scontato.

Quando voglio dire al mio zitu che gli voglio bene, io glielo dico in
siciliano! Mi pare che sia contento lo stesso! :)
Infatti, come già ho detto in altra occasione, io gli parlo sempre in
siciliano, quindi lo uso anche per questi argomenti.
orpheus
2009-08-11 19:10:28 UTC
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scusate se approfitto di questo post, ringrazio tutti
i partecipanti a questo 3D, non avrei mai immaginato
che ci fosse tanto da dire sull'argomento :-)
Davide Pioggia
2009-08-11 19:57:16 UTC
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Post by orpheus
non avrei mai immaginato
che ci fosse tanto da dire sull'argomento :-)
Non si sono limiti alla grafomania e alla logorrea ;-)
--
Saluti.
D.
Bruno Campanini
2009-08-12 14:21:25 UTC
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Post by Davide Pioggia
Post by orpheus
non avrei mai immaginato
che ci fosse tanto da dire sull'argomento :-)
Non si sono limiti alla grafomania e alla logorrea ;-)
... e alla diarrea.
Ma non basta dirlo.

Bruno
Davide Pioggia
2009-08-12 16:32:33 UTC
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Post by Bruno Campanini
Ma non basta dirlo.
Il fatto che uno ne sia consapevole non implica in alcun modo che abbia
l'intenzione di smettere! :-)
--
Saluti.
D.
Fiorelisa
2009-08-12 12:46:44 UTC
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Post by orpheus
scusate se approfitto di questo post, ringrazio tutti
i partecipanti a questo 3D, non avrei mai immaginato
che ci fosse tanto da dire sull'argomento :-)
Noi ringraziamo te: se non fosse stato per la tua frase, non avremmo
potuto discutere di tutti questi bellissimi ed appassionanti argomenti.
orpheus
2009-08-12 13:18:57 UTC
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Post by Fiorelisa
Post by orpheus
scusate se approfitto di questo post, ringrazio tutti
i partecipanti a questo 3D, non avrei mai immaginato
che ci fosse tanto da dire sull'argomento :-)
Noi ringraziamo te: se non fosse stato per la tua frase, non avremmo
potuto discutere di tutti questi bellissimi ed appassionanti argomenti.
Piccolo OT - Stavo ascoltando l'Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-f13fda13-a33d-4dbb-965e-e4bd2592d1fd.html
(occorre Silverlight per aprire il Link)

Si può anche scaricare qualche brano in .mp3 con un ottimo bitrate.
Nel caso ci fosse qualcosa di vero nella teoria orientale del sincronismo
:-)
Klaram
2009-08-13 20:44:35 UTC
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Post by Davide Pioggia
I miei nonni e i loro avi, che parlavano solo dialetto, non parlavano
d'amore. Spesso si volevano bene e si sostenevano per tutta la vita, ma
non parlavano d'amore.
Magari parlavano di sesso (soprattutto i maschi) con i loro amici, e
infatti il dialetto è insuperabile per parlare di sesso (se racconto in
italiano una barzelletta "sporca" che in dialetto fa scompisciare dalle
risate puoi star certa che non ride nessuno), ma di amore non si
parlava, per pudore e riservatezza.
"Parlare d'amore" era una cosa che si faceva solo fra gli aristocratici,
Indubbiamente avevano più tempo libero, ma se parlavano lingue
regionali anche loro difficilmente potevano usare l'espressione "ti amo"
perché non esiste in quasi nessun dialetto italiano. Ci sono solo
espressioni tipo "ti voglio bene".

Questo non significa che non si amassero.

http://it.qoob.tv/video/clip_view.asp?id=4520

k
ADPUF
2009-08-13 22:13:50 UTC
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Post by Klaram
Post by Davide Pioggia
I miei nonni e i loro avi, che parlavano solo dialetto, non
parlavano d'amore. Spesso si volevano bene e si sostenevano
per tutta la vita, ma non parlavano d'amore.
Magari parlavano di sesso (soprattutto i maschi) con i loro
amici, e infatti il dialetto è insuperabile per parlare di
sesso (se racconto in italiano una barzelletta "sporca" che
in dialetto fa scompisciare dalle risate puoi star certa che
non ride nessuno), ma di amore non si parlava, per pudore e
riservatezza.
"Parlare d'amore" era una cosa che si faceva solo fra gli
aristocratici,
Indubbiamente avevano più tempo libero, ma se parlavano
lingue regionali anche loro difficilmente potevano usare
l'espressione "ti amo" perché non esiste in quasi nessun
dialetto italiano. Ci sono solo espressioni tipo "ti voglio
bene".
Questo non significa che non si amassero.
http://it.qoob.tv/video/clip_view.asp?id=4520
In genere gli aristocratici combinavano i matrimoni, e poi anche
i borghesi, anche nel romantico Ottocento.

E parlando tra coniugi si davano del Voi.

I proletari era già tanto se si sposavano ufficialmente, non
avendo proprietà da ripartire con atto notarile.
--
°¿°
O
ADPUF
2009-08-11 21:52:15 UTC
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Post by Fiorelisa
Forse parlerebbero dialetto anche a un cinese, senza farsi
alcun problema! :)
Scommetto che i cinesi da voi dopo un po' parlano veneto,
òstlega!

A Trieste per esempio tutti anche gli immigrati dopo un po'
tendono a parlare in dialetto.
Post by Fiorelisa
- 'tegoine' e 'cornoete', molto più pratici dell'italiano
'fagiolini verdi'. Infatti mia mamma, pur conoscendo il
termine italiano, nella lista della spesa scrive sempre
'tegoine', perché è più comprensibile e meno ambiguo. A me
piacerebbe che in italiano esistesse una parola bella come
'tegoline' o 'cornolette', piuttosto che 'fagiolini verdi'.
Da noi il nome è "vuaìnis" (da guaìna?), in italiano
"tegoline" (perché questo nome?).

Del resto si mangia l'involucro più che il contenuto, la guaina
che avvolge i fagiolini, appunto.
--
°¿°
O
ADPUF
2009-08-10 22:13:56 UTC
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Post by Davide Pioggia
Un caso a parte è quello di Roma, perché il romanesco non è un
vero e proprio dialetto, ma una parlata dell'italiano. Se si
prende una frase in italiano e si apportano alcune modifiche
fonetiche piuttosto regolari, si ottiene con buona
approssimazione una frase in romanesco. Una cosa come questa
in un dialetto vero e proprio è inconcepibile, perché le
trasformazioni fonetiche sono state parallele, e sopratutto
perché le strutture grammaticali sono diverse. (Per questa
ragione, per altro, molti romani fanno fatica a concepire i
dialetti come delle vere e proprie lingue, e li percepiscono
come una sorta di "storpiatura" della lingua colta.)
Ebbèh, er romanesco è stado toscanizzado nell'epoga dei papi
Mèdisci, prima era 'na gosa morto più zimile
all'abbruzzese/napoledano.
(il mio orecchio capta che certe consonanti sorde vengono un po'
sonorizzate e qui lo trascrivo esagerando un po')
Post by Davide Pioggia
Ora, il Veneto è una di quelle regioni in cui anche i giovani
parlano dialetto, sicché il dialetto è ancora una "lingua
viva", ma da quello che mi dici mi pare di capire che tale
dialetto viene rapidamente trasformato sotto l'influsso
dell'italiano, in modo tale da sovrapporre la grammatica del
primo a quella del secondo. Se così fosse allora potremmo dire
che il veneto è sì una lingua viva, ma che paga il prezzo del
suo restare viva trasformandosi lentamente in una parlata
dell'italiano.
Purtroppo è vero che l'influenza dell'italiano è molto forte,
sento alla radio locale che certi giovani parlano una specie di
italiano furlanato più che di furlan italianât.
--
°¿°
O
Klaram
2009-08-13 20:58:06 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
Un romagnolo, per quanto possa essere ignorante e sgrammaticato, mai e poi
mai direbbe in italiano "me penso". In dialetto infatti si dice "me a pens",
e quella "a" per un romagnolo è irrinunciabile, anche se egli non sa quale
sia la sua funzione grammaticale.
Invece proprio qualche giorno fa sentivo un veneto che cantava la canzone
_Penso positivo_ di Cherubini e, pur cantando in italiano, non ha mai detto
"io", ma ha sostituito sistematicamente quel pronome con "mi", ripetendo
ogni
volta "mi penso positivo" come se "io" nemmeno esistesse.
Quindi per un veneto "mi" è proprio "io".
Credo che per tutti i dialetti a Nord del Pisciatello "mi" sia "io". :-))
Chi it ses-to? I son mi. Son mi. Mi.
Chi a va? Mi.

La "i" di prima persona, che voi avete come "a", in certe varianti è
diventata una "e": "e son mi", "e vagh", "e parl" ecc.
Post by Davide Pioggia
Come ciò sia potuto accadere non lo so.
Come ho già detto, in origine c'erano tutti i pronomi verbali, poi
alcuni si sono persi e sono rimasti quelli obliqui.

In toscano hai ricordato "te tu vai", molti in dialetto (e non solo)
dicono "te vai".

k
ADPUF
2009-08-13 22:15:44 UTC
Permalink
Post by Klaram
Post by Davide Pioggia
Un romagnolo, per quanto possa essere ignorante e
sgrammaticato, mai e poi mai direbbe in italiano "me penso".
In dialetto infatti si dice "me a pens",
e quella "a" per un romagnolo è irrinunciabile, anche se egli
non sa quale sia la sua funzione grammaticale.
Invece proprio qualche giorno fa sentivo un veneto che
cantava la canzone _Penso positivo_ di Cherubini e, pur
cantando in italiano, non ha mai detto "io", ma ha sostituito
sistematicamente quel pronome con "mi", ripetendo ogni
volta "mi penso positivo" come se "io" nemmeno esistesse.
Quindi per un veneto "mi" è proprio "io".
Credo che per tutti i dialetti a Nord del Pisciatello "mi"
sia "io". :-))
Chi it ses-to? I son mi. Son mi. Mi.
Chi a va? Mi.
Qui non si usa "mi", si usa "jo".
Post by Klaram
La "i" di prima persona, che voi avete come "a", in certe
varianti è diventata una "e": "e son mi", "e vagh", "e parl"
ecc.
--
°¿°
O
magica
2009-08-13 22:41:27 UTC
Permalink
In <4a847caf$***@newsgate.x-privat.org> Klaram <***@libero.it>
scrive...
Post by Klaram
Credo che per tutti i dialetti a Nord del Pisciatello "mi" sia "io". :-))
Chi it ses-to? I son mi. Son mi. Mi.
Chi a va? Mi.
Nel mio dialetto bassobergamasco si dice infatti, ad esempio, "me
mange" (io mangio). Ho sentito, chissà quanti secoli fa, anche un
pronome soggetto "secondario" di prima persona "ma", ma nessuno si
sognerebbe di usarlo al giorno d'oggi e dire "me ma mange".

Anche con la prima persona plurale noi diciamo "nóter màngem" (noi
mangiamo). Anche qui il pronome soggetto secondario sarebbe "ma", che
in alcuni dialetti della zona è tuttora usato. Sempre in alcuni
dialetti della zona, e solo alla prima persona plurale, si usa "anche"
la forma "nóter an mangia" dove quell'"an", la cui origine mi appare
oscura (c'è chi lo identifica col francese "on", ma non ci sono prove)
è una forma impersonale (quindi "noi si mangia", più o meno), anche se
speciale, proprio perché usata solo alla prima persona plurale,
eventualmente anche da sola: "an mangia" (che sottindende sempre un
"noi")). La forma impersonale standard è invece "sa mangia" (si
mangia). In alcuni dialetti "an" e "ma" si possono usare insieme:
"nóter an ma mangia".

Con la seconda persona plurale si usa solo il pronome soggetto (v)óter
(un tempo anche "vu", che era una forma di solito di cortesia): "vóter
mangì" (voi mangiate).

Con la seconda e terza persona singolare e con la terza persona
plurale il pronome soggetto secondario è invece "obbligatorio": "te ta
mànget" (tu mangi), "lü (a)l mangia" (egli va), lur i mangia (essi
mangiano).

Ciao.

Gian Carlo
Klaram
2009-08-17 15:13:27 UTC
Permalink
Post by magica
Nel mio dialetto bassobergamasco si dice infatti, ad esempio, "me
mange" (io mangio). Ho sentito, chissà quanti secoli fa, anche un
pronome soggetto "secondario" di prima persona "ma", ma nessuno si
sognerebbe di usarlo al giorno d'oggi e dire "me ma mange".
Anche con la prima persona plurale noi diciamo "nóter màngem" (noi
mangiamo). Anche qui il pronome soggetto secondario sarebbe "ma", che
in alcuni dialetti della zona è tuttora usato. Sempre in alcuni
dialetti della zona, e solo alla prima persona plurale, si usa "anche"
la forma "nóter an mangia" dove quell'"an", la cui origine mi appare
oscura (c'è chi lo identifica col francese "on", ma non ci sono prove)
è una forma impersonale (quindi "noi si mangia", più o meno), anche se
speciale, proprio perché usata solo alla prima persona plurale,
eventualmente anche da sola: "an mangia" (che sottindende sempre un
"noi")). La forma impersonale standard è invece "sa mangia" (si
"nóter an ma mangia".
Anche in bergamasco:

lü) 'l laùra = egli lavora
(lé) la laùra = ella lavora
(nóter) an laùra = noi lavoriamo
(lur) i laùra = loro lavorano
(lü) 'l màia = egli mangia
(lé) la màia = ella mangia
(nóter) an màia = noi mangiamo (si noti che in questo caso la pronuncia
della combinazione n+m diventa una m doppia).
(lur) i màia = loro mangiano

Noi abbiamo la forma impersonale "as mangia" (si mangia), ma mai con il
"noi" alla toscana.
Post by magica
Con la seconda persona plurale si usa solo il pronome soggetto (v)óter
(un tempo anche "vu", che era una forma di solito di cortesia): "vóter
mangì" (voi mangiate).
Con la seconda e terza persona singolare e con la terza persona
plurale il pronome soggetto secondario è invece "obbligatorio": "te ta
mànget" (tu mangi), "lü (a)l mangia" (egli va), lur i mangia (essi
mangiano).
Nella variante del mio paese il pronome è obbligatorio solo per la
seconda (ti ti mangi) e per la terza persona (chiel o mangia), per le
altre si può anche omettere.

k

Maurizio Pistone
2009-08-09 17:26:24 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
there is a car
Qui si vede bene che il soggetto è "there"
dopo aver raccolto le braccia da sotto la sedia, mi rimetto alla
tastiera, per ricordarti che per lo meno dobbiamo badare alla
concordanza soggetto-verbo:

there is a car - there are two cars
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it http://www.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
Davide Pioggia
2009-08-09 17:51:52 UTC
Permalink
dopo aver raccolto le braccia da sotto la sedia...
Sì, sì, certo. Poi ci ho ripensato e ho scritto un altro post nel quale
riflettevo proprio sulla costruzione dei plurali.

Ma i conti non mi tornano ancora.

Io ho semplificato troppo, ma la faccenda del "soggetto logico" non mi
convince per niente.
--
Saluti.
D.
Davide Pioggia
2009-08-09 18:13:12 UTC
Permalink
mi rimetto alla tastiera, per ricordarti che per lo meno dobbiamo badare
"Egli era in questo castello una donna vedova."
secondo te come avrebbero scritto per dire che le vedove erano due?
--
Saluti.
D.
FatherMcKenzie
2009-08-09 18:37:01 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
there is a car
Qui si vede bene che il soggetto è "there"
Ricordo che there è in origine un avverbio di luogo. Le grammatiche lo
considerano pronome in quanto può fare da soggetto di frasi come quella
summenzionata, ma solo in questo caso. In italiano "lì" o "ivi" può
essere soggetto?
--
Egerthésontai gàr pseudóchristoi kaì pseudoprofêtai, kaì dósousin semeîa
megála kaì térata hóste planêsai, ei dunatón, kaì toùs eklektoús:
idoù proeíreka humîn. (Euaggélion katà Matthaîon 24,24-25)
surgent enim pseudochristi et pseudoprophetae et dabunt signa magna
et prodigia ita ut in errorem inducantur, si fieri potest, etiam
electi: ecce praedixi vobis
Barone Barolo
2009-08-09 18:48:50 UTC
Permalink
Post by FatherMcKenzie
Post by Davide Pioggia
there is a car
Qui si vede bene che il soggetto è "there"
Ricordo che there è in origine un avverbio di luogo. Le grammatiche lo
considerano pronome in quanto può fare da soggetto di frasi come quella
summenzionata, ma solo in questo caso.
Ci sono grammatiche che considerano 'there' un pronome?
Credevo che tutti lo indicassero come un avverbio che richiede
l'inversione nella costruzione della frase.

-- bb
FatherMcKenzie
2009-08-09 21:33:16 UTC
Permalink
Post by Barone Barolo
Ci sono grammatiche che considerano 'there' un pronome?
http://oxfordparavia.it/lemmaEng38881
leggere I
--
Egerthésontai gàr pseudóchristoi kaì pseudoprofêtai, kaì dósousin semeîa
megála kaì térata hóste planêsai, ei dunatón, kaì toùs eklektoús:
idoù proeíreka humîn. (Euaggélion katà Matthaîon 24,24-25)
surgent enim pseudochristi et pseudoprophetae et dabunt signa magna
et prodigia ita ut in errorem inducantur, si fieri potest, etiam
electi: ecce praedixi vobis
Barone Barolo
2009-08-09 22:51:40 UTC
Permalink
Post by FatherMcKenzie
Post by Barone Barolo
Ci sono grammatiche che considerano 'there' un pronome?
http://oxfordparavia.it/lemmaEng38881
leggere I
Mah. Prendo atto.

-- bb
Bruno Campanini
2009-08-10 11:50:35 UTC
Permalink
Post by FatherMcKenzie
Post by Barone Barolo
Ci sono grammatiche che considerano 'there' un pronome?
http://oxfordparavia.it/lemmaEng38881
leggere I
C'è chi non si accontenta di scriver cazzate nella propria lingua.

Bruno
magica
2009-08-10 00:35:29 UTC
Permalink
Post by Barone Barolo
Ci sono grammatiche che considerano 'there' un pronome?
Credevo che tutti lo indicassero come un avverbio che richiede
l'inversione nella costruzione della frase.
In "Practical English Usage (di Michael Swan, Oxford - aaaa, pag. 587)
si trova:

- - - -
there
The spelling there is used for two words with completely different
pronunciations and uses.
1 adverb of place
There is an adverb meaning 'in that place'.
What's that green thing over there?
There's the book I was looking for.
For the difference between here and there, see 245.
2 introductory subject
There is used as an introductory subject in
sentences beginning there is, there are, there might be etc.
There's a book under the piano.

[Sono indicare anche due pronunce, ma qui non posso riportare i
simboli IPA].
- - - -

Ciao.

Gian Carlo
magica
2009-08-10 12:25:50 UTC
Permalink
Post by magica
In "Practical English Usage (di Michael Swan, Oxford - aaaa, pag. 587)
"aaaa" sta per 2005.

Gian Carlo
magica
2009-08-09 23:35:54 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
Post by Davide Pioggia
there is a car
Qui si vede bene che il soggetto è "there"
dopo aver raccolto le braccia da sotto la sedia, mi rimetto alla
tastiera, per ricordarti che per lo meno dobbiamo badare alla
there is a car - there are two cars
In realtà in inglese si può bensisimo dire "there is books".

Per inciso Sabatini e Coletti, in "La lingua italiana" (Giunti 1997,
pag. 8), nel confrontare alcune costruzioni italiane (desuete) in cui
non c'è concordanza tra verbo anteposto e soggetto posposto, come
"oggi non c'è giornali", scrivono:

- - - -
Nell'italiano antico il fenomeno era diffusissimo, e normale quando il
soggetto indicava persone o cose non ancora nominate nel discorso
precedente (dopo di che, una seconda volta si aveva concordanza: ad
es. "arrivò due cavalieri...; entarono i due cavalieri nel
castello...").

In francese le espressioni al singolare "il-y-a" ("c'è") o "il existe"
sono normalmente seguite anche da soggetto al plurale: "il-y-a des
amis", "il existe des livres". Lo stesso fenomeno ricorre in varie
altre lingue (ad es. in inglese: there is books...; in russo, ecc.).
- - - -

Ciao.

Gian Carlo
magica
2009-08-09 23:50:49 UTC
Permalink
In <***@4ax.com> ho scritto...

[Sabatini e Coletti]
Post by magica
In francese le espressioni al singolare "il-y-a" ("c'è") o "il existe"
sono normalmente seguite anche da soggetto al plurale: "il-y-a des
amis", "il existe des livres". Lo stesso fenomeno ricorre in varie
altre lingue (ad es. in inglese: there is books...; in russo, ecc.).
Vedo che anche Michael Swan in "Practical English Usage" (Oxford
University Press - 1980, pag. 290) al paragrafo "here's, there's and
where's with plural subjects" porta i seguenti esempi:

Here's your keys
There's some children at the door
Where's those records I lent you?

Gian Carlo
Klaram
2009-08-13 20:44:22 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
Per me è il soggetto.
In veneto il pronome atono "a" è stato quasi del tutto abbandonato, e
così un veneto pensa a "mi" come "io". So che ci sono anche altri
dialetti settentrionali nei quali "a" si può omettere. Ma in romagnolo è
impensabile. Se io tento di dire un verbo senza "a" è come se qualcosa
mi si ritorcesse dentro. Persino i giovani che non sanno parlare bene il
dialetto (e che per questo motivo parlano male anche l'italiano, perché
non sanno distiguere il sostrato regionale da quello italico) non dicono
mai un verbo alla prima persona senza mettere "a". Così ad esempio il
titolo del famoso film, _Amarcord_ (= a m' arcord), senza la "a" diventa
impensabile: nessuno mai direbbe _marcord_ .
Ora, che cos'è questa forza irresistibile che mi costringere a mettere
"a" lì davanti?
Per me è il soggetto. È il soggetto che nelle lingue galliche ha questa
forza.
Nel piemontese normalizzato i pronomi verbali ci sono tutti e sono
obbligatori (perché lo dicono le grammatiche), in realtà nel parlato (e
nelle varianti locali) spesso vengono omessi: mi parl, lor van ecc. Non
si omettono mai quelli di seconda e terza persona singolare.
Post by Davide Pioggia
Post by Maurizio Pistone
In una serie di esempi di italiano trecentesco citati dal Fornaciari
(per comodità li ho messi in nota a questo messaggio) troviamo frasi
del tipo "Egli era in questo castello una donna vedova." A nessuno
verrebbe in mente di qualificare come "soggetto" il pronome "egli". Se
è soggetto "egli", che roba è la povera vedova? Direi che la forma
assomiglia molto al piemontese "a-i era na vìdoa" con la "a"
proclitica che si premette sempre alla coniugazione della terza
persona singolare.
Proprio perché assomiglia al piemontese, io dico che il soggetto è "egli".
In piemontese il soggetto verbale è "a" e basta.
A-i significa "c'è" "ci sono" come "there is/are"
Post by Davide Pioggia
there is a car
Qui si vede bene che il soggetto è "there", perché è il soggetto che si
is there a car?
Non è la stessa cosa.
In piemontese "a-i è na machina", c'è una macchina, ma l'interrogativa è
"a-i è-lo na machina?" Non si inverte niente ma si aggiunge il pronome
interrogativo -lo.

Queste particelle innterrogative stanno cadendo in disuso, cioè si tende
a lasciare la forma attiva con un punto interrogativo:
sta bene = "a sta bin", inter.: "a sta bin?", invece del corretto "a
sta-lo bin?".

Probabilmente in passato i pronomi verbali erano tutti presenti nei
cosiddetti dialetti gallo-italici, nel veneto e nel friulano, poi in
parte si sono persi.

Quanto ad "a" pronome di terza singolare (cheil a sta bin), secondo lo
studioso Dal Pozzo, deriverebbe dal pronome relativo celtico "ha", che
nel Medio Evo in gallese e in bretone si scriveva "a": "ef a char".

Nel piemontese regionale (Torino e dintorni) è "a" ma in alcune varianti
locali periferiche (e anche nelle commedie dell' astigiano Allione, sec.
XVI) è "o" [u], come nel ligure. Chiel o [u] mangia.

k
Barone Barolo
2009-08-09 15:20:29 UTC
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Post by Davide Pioggia
1) "egli" ha sempre un referente;
2) questo referente è una persona.
Solo assumendo questi presupposti la tua domanda è certamente sensata e
necessita di una risposta.
La seconda non è una vera obiezione, potrei anche chiedere "egli cosa?",
se ti fa piacere. Quindi rimane la possibilità che "egli" non abbia
alcuna semantica.

E allora vorrei capire: "egli" non ha sintassi, perché nella frase non
compare; non ha semantica, perché lo sostieni tu; e non ha neanche
pragmatica, perché a nessuno verrebbe mai in mente di usarlo in quella
frase. E allora che cazzo di soggetto è? Mi sembra francamente più una
masturbatio mentis...

-- bb
FatherMcKenzie
2009-08-09 14:44:36 UTC
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Post by Maurizio Pistone
Post by Davide Pioggia
Io dico invece che in "è pericoloso
sciare" c'è un "egli" sottinteso, visto che l'italiano è una lingua che
sottintende i pronomi personali.
egli chi?
Se sciare è pericoloso, qualcuno si farà male scinado. Egli :).
--
Egerthésontai gàr pseudóchristoi kaì pseudoprofêtai, kaì dósousin semeîa
megála kaì térata hóste planêsai, ei dunatón, kaì toùs eklektoús:
idoù proeíreka humîn. (Euaggélion katà Matthaîon 24,24-25)
surgent enim pseudochristi et pseudoprophetae et dabunt signa magna
et prodigia ita ut in errorem inducantur, si fieri potest, etiam
electi: ecce praedixi vobis
FatherMcKenzie
2009-08-09 14:58:06 UTC
Permalink
Post by FatherMcKenzie
si farà male scinado.
sciANdo.
--
Egerthésontai gàr pseudóchristoi kaì pseudoprofêtai, kaì dósousin semeîa
megála kaì térata hóste planêsai, ei dunatón, kaì toùs eklektoús:
idoù proeíreka humîn. (Euaggélion katà Matthaîon 24,24-25)
surgent enim pseudochristi et pseudoprophetae et dabunt signa magna
et prodigia ita ut in errorem inducantur, si fieri potest, etiam
electi: ecce praedixi vobis
Luciana Grazioli
2009-08-09 15:59:08 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
Post by Davide Pioggia
Io dico invece che in "è pericoloso
sciare" c'è un "egli" sottinteso, visto che l'italiano è una lingua che
sottintende i pronomi personali.
egli chi?
Nessun egli. Ilsoggetto può essere anche un verbo, in questo caso *sciare*.
--
lu.
Ultima Badessa Di Passaggio
* Stamani il sole era sul davanzale, e l'azzurro era fasciato di veli
bianchi come il tuo viso quando la gota aveva male.
Tu eri da per tutto. L'acqua scorreva sul mio corpo come
le tue dita.*
G.d'Annunzio a Giusini, 8 marzo 1907, venerdì
Davide Pioggia
2009-08-09 12:19:31 UTC
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Ma più propriamente io direi che si tratta di un puntare a un oggetto
_void_, come i _void pointer_ del linguaggio "c".
Questa cosa non mi convince del tutto. Potrebbe anche essere un puntatore a
una _void function_, o forse un _null pointer_. Ci devo pensare meglio.
--
Saluti.
D.
Barone Barolo
2009-08-09 12:37:00 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
Noi lasciamo perdere i grammatici e chiediamo lumi a qualche bambino
francese che frequenta le scuole elementari, il quale, quando vede scritto
"il est dangereux de skier" dice semplicemente che «le sujet c'est "il"».
Ora, se nel francese il soggetto di quella frase è "il", è mai possibile
che in italiano il soggetto della frase "è pericoloso sciare" sia "sciare"?
Qualcuno dirà di sì, ma se esiste veramente una grammatica universale
secondo me questo non può essere.
Se esiste una grammatica universale (esiste?) non è possibile fondarla
su due grammatiche particolari.

Il soggetto di una frase è un elemento sintattico, e la sintassi del
francese ci costringe a dire che il soggetto della frase da te
considerata sia "il" (mentre suppongo che "de skier" sia descritta come
dichiarativa soggettiva).

In italiano la sintassi funziona in modo diverso e quindi è
assolutamente naturale dire che il soggetto è "sciare", proprio come se
la frase fosse la versione capovolta "sciare è pericoloso".

Il soggetto sottinteso è una categoria anomala perché cerca di fare
sintassi laddove non ce n'è, di inferire informazione dall'assenza di
parole. Quando si dice "soggetto sottinteso", si vuole semplicemente
dire che nella frase manca il soggetto; a volte si individua anche un
soggetto semantico, ma questa è un'estrapolazione pericolosa che con la
sintassi della frase non c'entra nulla.

La soluzione è quella di separare saggiamente la sintassi e la
semantica: in francese il soggetto sintattico è "il", in italiano il
soggetto sintattico è "sciare", e in entrambe lingue il soggetto
semantico è "sciare".

Comunque grazie per aver posto la questione, che individua correttamente
una delle sciocchezze della grammatica ufficiale.

-- bb
Davide Pioggia
2009-08-09 13:06:50 UTC
Permalink
Quando si dice "soggetto sottinteso", si vuole semplicemente dire che
nella frase manca il soggetto; a volte si individua anche un soggetto
semantico, ma questa è un'estrapolazione pericolosa che
con la sintassi della frase non c'entra nulla.
Se io dico «penso di no», tu non dici che qui c'è un soggetto sottinteso, e
che il soggetto sottinteso è "io"?

In francese il soggetto non si può sottintendere, per cui diremmo «je pense
que non», e il soggetto sarebbe "je".

Io dico che nelle tre frasi seguenti:

penso di no
io penso di no
je pense que non

il soggetto è sempre lo stesso: il puntatore al parlante.

La struttura grammaticale è sempre la stessa.
in francese il soggetto sintattico è "il", in italiano il soggetto
sintattico è "sciare", e in entrambe lingue il soggetto semantico è
"sciare".
Torniamo alla frase di Leopardi:

«Egli è da uomo non addottrinato nella filosofia l'addossare agli altri la
colpa dei travagli suoi propri, da mezzo addottrinato l'addossarla a se
stesso, da addottrinato il non darla né a se stesso né agli altri».

Se fosse come dici tu, cioè se la semplice presenza di "il" in francese
fosse sufficiente per farci dire che il soggetto è "il", e se la semplice
assenza di "egli" in italiano fosse sufficiente per negare che ci sia un
"egli" sottinteso, ecco, se fosse come dici tu, allora nella frase di
Leopardi la presenza di "egli" sarebbe sufficiente per dire che "egli" è
soggetto. Dopodiché se qualcuno la riscrivesse omettendo "egli", perché in
italiano si può fare, allora quella frase verrebbe completamente stravolta,
venendo ad avere come soggetto "l'addossare".

Ora, il motivo per cui si può omettere "egli" è lo stesso motivo per cui in
"io mangio" si può omettere "io". Ebbene, ti sembra ragionevole affermare
che la semplice omissione di "egli" sposta il soggetto da "egli" a
"l'addossare"?
--
Saluti.
D.
Barone Barolo
2009-08-09 15:05:03 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
Quando si dice "soggetto sottinteso", si vuole semplicemente dire che
nella frase manca il soggetto; a volte si individua anche un soggetto
semantico, ma questa è un'estrapolazione pericolosa che
con la sintassi della frase non c'entra nulla.
Se io dico «penso di no», tu non dici che qui c'è un soggetto
sottinteso, e che il soggetto sottinteso è "io"?
E' il modo comune di fare l'analisi logica. Il punto del mio post è che
sarebbe più onesto dire che il soggetto, sintatticamente, non c'è, e
semanticamente è inferibile senza ambiguità dalla desinenza del verbo.
Post by Davide Pioggia
«Egli è da uomo non addottrinato nella filosofia l'addossare agli altri
la colpa dei travagli suoi propri, da mezzo addottrinato l'addossarla a
se stesso, da addottrinato il non darla né a se stesso né agli altri».
Se fosse come dici tu, cioè se la semplice presenza di "il" in francese
fosse sufficiente per farci dire che il soggetto è "il", e se la
semplice assenza di "egli" in italiano fosse sufficiente per negare che
ci sia un "egli" sottinteso, ecco, se fosse come dici tu, allora nella
frase di Leopardi la presenza di "egli" sarebbe sufficiente per dire che
"egli" è soggetto. Dopodiché se qualcuno la riscrivesse omettendo
"egli", perché in italiano si può fare, allora quella frase verrebbe
completamente stravolta, venendo ad avere come soggetto "l'addossare".
Per la verità, in italiano non si "può" fare: si "deve" fare. La
grammatica è cambiata, ed "egli" in quel modo non si può usare più. Se
vai a dire in giro "egli è pericoloso sciare", un sacco di gente ti
domanderà (o almeno si domanderà) "egli chi?".

Comunque sì, è pressapoco quello che volevo dire. Basta togliere una
parola per modificare pesantemente la struttura sintattica di una frase,
senza per questo introdurre nessuna differenza semantica.
Post by Davide Pioggia
Ora, il motivo per cui si può omettere "egli" è lo stesso motivo per cui
in "io mangio" si può omettere "io". Ebbene, ti sembra ragionevole
affermare che la semplice omissione di "egli" sposta il soggetto da
"egli" a "l'addossare"?
La grammatica è una creazione artificiale, e mi sembra preferibile
averne una che non moltiplica gli enti contro necessità.

-- bb
Maurizio Pistone
2009-08-09 17:26:25 UTC
Permalink
Post by Barone Barolo
Post by Davide Pioggia
Se io dico «penso di no», tu non dici che qui c'è un soggetto
sottinteso, e che il soggetto sottinteso è "io"?
E' il modo comune di fare l'analisi logica. Il punto del mio post è che
sarebbe più onesto dire che il soggetto, sintatticamente, non c'è, e
semanticamente è inferibile senza ambiguità dalla desinenza del verbo.
non sono per niente d'accordo. "Soggetto "sottinteso" vuol dire che il
soggetto c'è, ed è tanto evidente che non c'è bisogno di nominarlo. Come
appunto capita a tutte le cose "sottintese".
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it http://www.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
Barone Barolo
2009-08-09 17:48:21 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
Post by Barone Barolo
Post by Davide Pioggia
Se io dico «penso di no», tu non dici che qui c'è un soggetto
sottinteso, e che il soggetto sottinteso è "io"?
E' il modo comune di fare l'analisi logica. Il punto del mio post è che
sarebbe più onesto dire che il soggetto, sintatticamente, non c'è, e
semanticamente è inferibile senza ambiguità dalla desinenza del verbo.
non sono per niente d'accordo. "Soggetto "sottinteso" vuol dire che il
soggetto c'è, ed è tanto evidente che non c'è bisogno di nominarlo. Come
appunto capita a tutte le cose "sottintese".
Che sintatticamente non ci sia, mi pare indubitabile. La sintassi
dovrebbe parlare di com'è fatta la frase, non di quello che significa.

-- bb
magica
2009-08-09 23:20:06 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
penso di no
io penso di no
je pense que non
il soggetto è sempre lo stesso: il puntatore al parlante.
E nelle frasi seguenti?

piove
il pleut
it rains
piovono cani e gatti
il existe des livres
it rains cats and dogs

E in questa frase del Manzoni?

manca osterie in Milano

E soprattutto, perché Tesnière, che pure era francese, quando ha
classificato i verbi in base al numero di attanti (il soggetto e i
ocmplementi essenziali alla frase), ha classificato i verbi
impersonali come avalenti, cioè con zero attanti? Eppure in francese
si dice "il pleut".

Ciao.

Gian Carlo
Davide Pioggia
2009-08-10 11:06:18 UTC
Permalink
Post by magica
Post by Davide Pioggia
il soggetto è sempre lo stesso: il puntatore al parlante.
E nelle frasi seguenti?
L'ho detto:

1) il soggetto di tutte quelle frasi è "egli" ("il", "it")

2) non esistono i "pronomi personali", perché quelli non sono delle
variabili, ma dei puntatori;

3) il puntatore "egli" può anche essere usato come "null poiter", cioè un
puntatore che pur essendo tale non restituisce alcun referente.
Post by magica
E soprattutto, perché Tesnière, che pure era francese, quando
ha classificato i verbi in base al numero di attanti (il soggetto e i
ocmplementi essenziali alla frase), ha classificato i verbi
impersonali come avalenti, cioè con zero attanti? Eppure in francese
si dice "il pleut".
Perché, appunto, in questo caso "egli" non restituisce alcun referente.

Ma, lo ripeto, non bisogna confondere la grammatica (sintassi) con la
semantica.

La "macchinetta" ci piazza un "egli", più o meno sottinteso, dopodiché
semanticamente abbiamo che con certi verbi "egli" non ha alcun referente.
--
Saluti.
D.
Barone Barolo
2009-08-11 20:47:15 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
Epitteto
ARGH! questo me l'ero perso!
Non nominare quel nome!!!

-- bb
magica
2009-08-09 12:36:39 UTC
Permalink
Post by Wolfgang
ma non mi è riuscito di trovarla.
Qual è il soggetto di questa frase?
"Di trovarla".

Ovviamente il soggetto "psicologico" della frase è "io", come in "mi
piace il gelato" (un francese infatti direbbe "j'aime" e un inglese "I
like". A proposito, come direbbe un tedesco?). Ma psicologia e
sintassi sono due cose diverse.

Qual' è la funzione sintattica della preposizione "di" nella frase di
orpheus? Nessuna, direi.

Ciao.

Gian Carlo
Barone Barolo
2009-08-09 12:52:14 UTC
Permalink
Post by magica
Ovviamente il soggetto "psicologico" della frase è "io"
Condivido. Al punto di vista sintattico e semantico, che ho considerato
in un messaggio di poco fa, trovo sensatissimo aggiungere quello
psicologico.
Post by magica
Qual' è la funzione sintattica della preposizione "di" nella frase di
orpheus? Nessuna, direi.
Sembra essere il "di" che introduce proposizioni infinitive.

-- bb
Davide Pioggia
2009-08-09 13:12:48 UTC
Permalink
Post by Barone Barolo
Post by magica
Ovviamente il soggetto "psicologico" della frase è "io"
Condivido.
Non esiste il "soggetto psicologico".

Il "coprocessore linguistico" è lo stesso per tutti gli esseri umani, e
costruisce frasi grammaticali secondo certi schemi che sono puramente
sintattici, dopodiché noi attribuiamo un valore semantico ai vari schemi
sintattici possibili.

Ad esempio quando in italiano diciamo "Ho vissuto a Londra per tre anni"
semanticamente stiamo dicendo che in passato siamo stati per tre anni a
Londra, ma ora non ci siamo più . Invece quando un inglese dice "I have
lived in London for three years" egli intende dire che è già da tre anni che
vive a Londra.

Ma la costruzione grammaticale è la stessa. La macchinetta che costruisce
frasi grammaticali fa in entrambi i casi lo stesso lavoro, e la macchinetta
è universale. È il contenuto semantico ad essere convenzionale: gli inglesi
hanno "deciso" (si fa per dire: in realtà è il risultato di un processo
storico) che a quella struttura grammaticale attribuiscono un certo valore
semantico, mentre gli italiani hanno "deciso" di attribuirgliene un altro.

L'unica differenza è che certe funzioni in certe macchinette sono
atrofizzate. Così tutti noi potremmo imparare a distinguere tutti i suoni di
tutte le lingue del mondo, ma siccome cresciamo in un certo sistema fonetico
impariamo a distinguere solo alcuni di quei suoni. Tuttavia l'articolazione
dei suoni è universale, e il meccanismo di riconoscimento e di
raggruppamento dei foni in fonemi è universale. La macchinetta è sempre la
stessa.

Come è possibile pensare che la macchinetta non sia sempre la stessa?
--
Saluti.
D.
Barone Barolo
2009-08-09 15:11:33 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
Post by Barone Barolo
Post by magica
Ovviamente il soggetto "psicologico" della frase è "io"
Condivido.
Non esiste il "soggetto psicologico".
Se vogliamo essere fiscali, non esiste proprio il soggetto. E' una
categoria che viene descritta dalle grammatiche, ma la gente parla anche
senza sapere che cosa sia il soggetto. L'italiano non è un linguaggio di
programmazione: non c'è nessuno che ne abbia scritto la grammatica BNF,
e non ha alcun parser ufficiale.

-- bb
Maurizio Pistone
2009-08-09 17:26:25 UTC
Permalink
Post by Barone Barolo
la gente parla anche
senza sapere che cosa sia il soggetto
la gente parla senza sapere che cosa sta dicendo.

La grammatica non serve ad insegnare alla gente a parlare, ma a spiegare
perché la gente parla in quel modo - come la legge di Archimede non
serve ad insegnare alla gente a nuotare, ma a spiegare perché chi sta in
acqua non va a fondo.
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it http://www.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
Barone Barolo
2009-08-09 17:54:56 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
Post by Barone Barolo
la gente parla anche
senza sapere che cosa sia il soggetto
la gente parla senza sapere che cosa sta dicendo.
La grammatica non serve ad insegnare alla gente a parlare, ma a spiegare
perché la gente parla in quel modo - come la legge di Archimede non
serve ad insegnare alla gente a nuotare, ma a spiegare perché chi sta in
acqua non va a fondo.
Sono d'accordo.
Tu invece sei d'accordo con il fatto che la grammatica sia soltanto una
descrizione, in certi casi imprecisa, del modo in cui si parla una certa
lingua; che di fronte a certe frasi, sia difficile dire se siamo in
presenza di una struttura sintattica oppure di un'altra; e che la
grammatica italiana è descritta in un certo modo perché ha una sua
storia che la lega a quella latina e a quella francese, ma se si
decidesse di riscriverla da capo probabilmente ci troveremmo un insieme
di regole un po' diverso?

-- bb
magica
2009-08-09 22:45:46 UTC
Permalink
[magica]...
Post by Barone Barolo
Post by magica
Ovviamente il soggetto "psicologico" della frase è "io"
Condivido.
Non esiste il "soggetto psicologico".
Con "soggetto psicologico" intendevo chi prova una sensazione, chi
compie un'azione ecc. Ovviamente non coincide sempre col soggetto
sintattico.
Il "coprocessore linguistico" è lo stesso per tutti gli esseri umani, e
costruisce frasi grammaticali secondo certi schemi che sono puramente
sintattici, dopodiché noi attribuiamo un valore semantico ai vari schemi
sintattici possibili.
Ad esempio quando in italiano diciamo "Ho vissuto a Londra per tre anni"
semanticamente stiamo dicendo che in passato siamo stati per tre anni a
Londra, ma ora non ci siamo più . Invece quando un inglese dice "I have
lived in London for three years" egli intende dire che è già da tre anni che
vive a Londra.
[...]
Come è possibile pensare che la macchinetta non sia sempre la stessa?
Perché non si deve poter pensare a pensare a lingue con "macchinette"
diverse? L'esempio che hai fatto è troppo particolare e non certo
estendibile a qualsiasi lingua.

Mentor
Barone Barolo
2009-08-09 12:45:02 UTC
Permalink
Post by Wolfgang
ma non mi è riuscito di trovarla.
Qual è il soggetto di questa frase?
E' difficile fare un'analisi sintattica di una frase come questa, che
suona male nell'italiano standard (anche se relativamente frequente nel
linguaggio colloquiale).

Volendo sforzarsi, la funzione del soggetto è assunta dalla proposizione
soggettiva "di trovarla".

-- bb
Wolfgang
2009-08-09 16:20:47 UTC
Permalink
Post by Wolfgang
[...]
ma non mi è riuscito di trovarla.
Qual è il soggetto di questa frase?
Vi ringrazio tutti delle vostre argute analisi. Credevo davvero
che fosse meglio rinunciare al «di». Che errore grossolano!

EGLI (*) è valso la pena DI seguire le vostre istruzioni grammaticali.

Ciao,
Wolfgang

(*) Mi sarei almeno aspettato che Karlam e Lu optassero per ELLA.
Ma niente: la grammatica richiede perentoriamente il maschile.
Davide Pioggia
2009-08-09 18:04:37 UTC
Permalink
Post by Wolfgang
Vi ringrazio tutti delle vostre argute analisi. Credevo davvero
che fosse meglio rinunciare al «di». Che errore grossolano!
Si poteva rinunciare al "di", ma sarebbe servito solo a nascondere la
polvere sotto al tappeto. Rinunciando al "di" si sarebbe potuto dire
tranquillamente che il soggetto era "trovarla", mentre chi sostiene questo
potrebbe non sentirsi così sicuro quando si ritrova costretto a dire che il
soggetto è "di trovarla".

Diciamo che quel "di" è cosa santa, perché chi vive costantemente nel
peccato contro la Grammatica Universale grazie a quel "di" potrebbe
ravvedersi e convertirsi all'unica Vera Fede :-)
Post by Wolfgang
EGLI (*) è valso la pena DI seguire le vostre istruzioni grammaticali.
Ecco, questa costruzione suona un poco antiquata, ma è perfetta.
Post by Wolfgang
(*) Mi sarei almeno aspettato che Karlam e Lu optassero per ELLA.
Ma niente: la grammatica richiede perentoriamente il maschile.
Eh no, Colui che "fa accadere i fatti" è maschio, fallocrate e ha come
prototipo l'archetipo del Patriarca della cultura indoeuropea orginaria. Non
è certo un Tipo disposto a fare delle concessioni alla "political
correctness" :-)
--
Saluti.
D.
Barone Barolo
2009-08-09 18:50:16 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
Si poteva rinunciare al "di", ma sarebbe servito solo a nascondere la
polvere sotto al tappeto. Rinunciando al "di" si sarebbe potuto dire
tranquillamente che il soggetto era "trovarla", mentre chi sostiene
questo potrebbe non sentirsi così sicuro quando si ritrova costretto a
dire che il soggetto è "di trovarla".
Diciamo che quel "di" è cosa santa, perché chi vive costantemente nel
peccato contro la Grammatica Universale grazie a quel "di" potrebbe
ravvedersi e convertirsi all'unica Vera Fede :-)
Direi di no. Il di introduce una proposizione soggettiva come ce ne sono
tante.

-- bb
Davide Pioggia
2009-08-09 19:29:27 UTC
Permalink
Post by Barone Barolo
Direi di no. Il di introduce una proposizione soggettiva come
ce ne sono tante.
Consideriamo questa:

tu lo sai che Mario è arrivato

dove quel "lo" è la cosiddetta dislocazione a sinistra del complemento
oggetto, il quale viene anticipato da un pronome.

Se io dicessi detto:

tu sai che Mario è arrivato

allora "che Mario è arrivato" sarebbe il complemento oggetto di "tu sai".

Invece ho detto:

tu lo sai che Mario è arrivato

Ebbene, in questo caso per te qual è il complemento oggetto di "tu sai"?

Proviamo a metterci d'accordo su questo punto.
--
Saluti.
D.
Barone Barolo
2009-08-09 20:06:46 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
tu lo sai che Mario è arrivato
dove quel "lo" è la cosiddetta dislocazione a sinistra del complemento
oggetto, il quale viene anticipato da un pronome.
tu sai che Mario è arrivato
allora "che Mario è arrivato" sarebbe il complemento oggetto di "tu sai".
tu lo sai che Mario è arrivato
Ebbene, in questo caso per te qual è il complemento oggetto di "tu sai"?
Proviamo a metterci d'accordo su questo punto.
Mi sembra un esempio calzante. In genere la proposizione soggettiva od
oggettiva che riprende un sintagma già presente nella reggente viene
definita "dichiarativa", ma non sono sicuro che sia questo il caso. La
subordinata non serve in questo caso a spiegare meglio il complemento
oggetto della reggente, ma è essa stessa il complemento oggetto
"principale", laddove "lo" è relegato a un ruolo pleonastico.

In altre parole, mi sembra che sia "lo" sia "che Mario è arrivato"
svolgano il ruolo di complemento oggetto, ma la proposizione subordinata
ha comunque un ruolo preminente.

-- bb
Davide Pioggia
2009-08-09 20:27:21 UTC
Permalink
Post by Barone Barolo
In altre parole, mi sembra che sia "lo" sia "che Mario è arrivato"
svolgano il ruolo di complemento oggetto, ma la proposizione
subordinata ha comunque un ruolo preminente.
Va bene, allora io riprendendo il nostro esempio faccio le seguenti
osservazioni:

1) Nella frase seguente:
"non mi è riuscito di trovarla"
per me c'è un "egli" sottinteso con la stessa evidenza con cui nella frase
"mangi la mela" c'è un "tu" sottinteso, per cui la rileggo così:
"[egli] non mi è riuscito di trovarla".

2) Volendo trovare un accordo con te, a questo punto direi che sia "egli"
sia "di trovarla" per me svolgono il ruolo di soggetto.

3) Tuttavia non è così che la percepisco. Per me è "egli" ad avere quello
che tu definisci un "ruolo preminente".

Mi verrebbe quasi da dire che "di trovarla" è una sorta di complemento
predicativo del soggetto.

Se considero la frase:
"Mario è diventato un pilota"
non dico che "Mario" e "un pilota" svolgono entrambi il ruolo di soggetto. È
vero che in una lingua come il latino essi andrebbero posti entrambi al
nominativo, ma siccome non bisogna confondere il caso con il ruolo
sintattico, diciamo che "Mauro" è soggetto e che "un pilota" è il
complemento predicativo del soggetto.

Ecco, nel nostro caso capita qualcosa di simile, perché nella frase:
"[egli] non mi è riuscito di trovarla"
per me "egli" è il soggetto vero e proprio e "di trovarla" più che essere
una "soggettiva" mi pare una... "nominativa"
--
Saluti.
D.
Barone Barolo
2009-08-09 20:52:20 UTC
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Post by Davide Pioggia
"non mi è riuscito di trovarla"
per me c'è un "egli" sottinteso
Per me questa frase ha lo stesso senso di dire che in

"tu sai che Mario è arrivato"

c'è un "lo" sottinteso. Anzi un po' meno, perché "egli non mi è riuscito
di trovarla" è una frase che in italiano non si può dire (anche se ai
tempi di Leopardi quell'uso di egli sarebbe stato consentito).

-- bb
Maurizio Pistone
2009-08-09 22:18:37 UTC
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Post by Davide Pioggia
tu lo sai che Mario è arrivato
Ebbene, in questo caso per te qual è il complemento oggetto di "tu sai"?
l'hai mangiata tu la torta?
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it http://www.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
Enrico C
2009-08-13 13:21:10 UTC
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Post by Davide Pioggia
Post by Wolfgang
Vi ringrazio tutti delle vostre argute analisi. Credevo davvero
che fosse meglio rinunciare al «di». Che errore grossolano!
Si poteva rinunciare al "di", ma sarebbe servito solo a nascondere la
polvere sotto al tappeto. Rinunciando al "di" si sarebbe potuto dire
tranquillamente che il soggetto era "trovarla", mentre chi sostiene questo
potrebbe non sentirsi così sicuro quando si ritrova costretto a dire che il
soggetto è "di trovarla".
Diciamo che quel "di" è cosa santa, perché chi vive costantemente nel
peccato contro la Grammatica Universale grazie a quel "di" potrebbe
ravvedersi e convertirsi all'unica Vera Fede :-)
Post by Wolfgang
EGLI (*) è valso la pena DI seguire le vostre istruzioni grammaticali.
Ecco, questa costruzione suona un poco antiquata,
"Un poco" antiquata?
Post by Davide Pioggia
ma è perfetta.
In quale lingua? Non in italiano moderno.
Klaram
2009-08-13 21:31:30 UTC
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Post by Wolfgang
Post by Wolfgang
[...]
ma non mi è riuscito di trovarla.
Qual è il soggetto di questa frase?
Vi ringrazio tutti delle vostre argute analisi. Credevo davvero
che fosse meglio rinunciare al «di». Che errore grossolano!
EGLI (*) è valso la pena DI seguire le vostre istruzioni grammaticali.
Ciao,
Wolfgang
(*) Mi sarei almeno aspettato che Karlam e Lu optassero per ELLA.
Ma niente: la grammatica richiede perentoriamente il maschile.
Le donne non sono mai impersonali! Sempre personalissime. :-))

k
Bruno Campanini
2009-08-09 21:06:18 UTC
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Post by Wolfgang
[...]
ma non mi è riuscito di trovarla.
Qual è il soggetto di questa frase?
Esso - soggetto impersonale sottinteso.

Una volta si definiva così, adesso si fan certe tirate
da far ridere i polli...

Bruno
Barone Barolo
2009-08-09 21:16:22 UTC
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Post by Bruno Campanini
Post by Wolfgang
ma non mi è riuscito di trovarla.
Qual è il soggetto di questa frase?
Esso - soggetto impersonale sottinteso.
Una volta si definiva così, adesso si fan certe tirate
da far ridere i polli...
Per te quella frase è impersonale?

-- bb
Bruno Campanini
2009-08-10 12:00:29 UTC
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Post by Barone Barolo
Per te quella frase è impersonale?
Il soggetto è impersonale, come fa una frase ad esserlo?
Perché non coinvolge "persone"???

Piove, governo ladro!

Bruno
Barone Barolo
2009-08-10 20:08:29 UTC
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Post by Bruno Campanini
Post by Barone Barolo
Per te quella frase è impersonale?
Il soggetto è impersonale, come fa una frase ad esserlo?
Perché non coinvolge "persone"???
Piove, governo ladro!
Eventualmente è il verbo che viene usato forma impersonale; comunque non
mi pare proprio.

-- bb
magica
2009-08-10 21:30:41 UTC
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Post by Bruno Campanini
Il soggetto è impersonale, come fa una frase ad esserlo?
"Soggetto impersonale" è un ossimoro. Sono i verbi che possono essere
impersonali: quelli (cito dal DISC) che "non necessitano, per
costituire il nuicleo della frase, di alcun argomento(*) che li
completi, neppure del soggetto. Vengono usati solo nella terza persona
singolare, senza che sia tuttavia sottinteso un soggetto di terza
persona (p.e. piove, nevica,tuona)".

Sempre per il DISC la "costuzione impersonale del verbo [è] quella che
si ha quando il soggetto non è determinato bensì indefinito. In tal
caso il soggetto è espresso dal pronome "si" e il verbo assume la
forma della terza persona singolare (p.e. si dice, si sente, si sa)".

(*)argomenti sono quelli che in un altro messaggio ho chiamato
attanti.

Ciao.

Gian Carlo
Bruno Campanini
2009-08-10 23:07:33 UTC
Permalink
Post by magica
Post by Bruno Campanini
Il soggetto è impersonale, come fa una frase ad esserlo?
"Soggetto impersonale" è un ossimoro. Sono i verbi che possono essere
impersonali: quelli (cito dal DISC) che "non necessitano, per
costituire il nuicleo della frase, di alcun argomento(*) che li
completi, neppure del soggetto. Vengono usati solo nella terza persona
singolare, senza che sia tuttavia sottinteso un soggetto di terza
persona (p.e. piove, nevica,tuona)".
A perché in "piove, governo ladro" il soggetto è
una persona, cioè il governo?
Post by magica
Sempre per il DISC la "costuzione impersonale del verbo [è] quella che
si ha quando il soggetto non è determinato bensì indefinito. In tal
[...]

Spiegami, in volgare, il significato di
"quando il soggetto non è determinato bensì indefinito"

Bruno
magica
2009-08-10 23:37:19 UTC
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Post by Bruno Campanini
Post by magica
Post by Bruno Campanini
Il soggetto è impersonale, come fa una frase ad esserlo?
"Soggetto impersonale" è un ossimoro. Sono i verbi che possono
essere impersonali: quelli (cito dal DISC) che "non necessitano,
per costituire il nuicleo della frase, di alcun argomento(*)
che li completi, neppure del soggetto. Vengono usati solo nella
terza persona singolare, senza che sia tuttavia sottinteso un
soggetto di terza persona (p.e. piove, nevica,tuona)".
A perché in "piove, governo ladro" il soggetto è
una persona, cioè il governo?
Questa frase non ha soggetto.
Post by Bruno Campanini
Post by magica
Sempre per il DISC la "costuzione impersonale del verbo [è]
quella che si ha quando il soggetto non è determinato bensì
indefinito. In tal
[...]
Spiegami, in volgare, il significato di
"quando il soggetto non è determinato bensì indefinito"
La frase del DISC, che avevo riportato, terminava con...
Post by Bruno Campanini
Post by magica
In tal caso il soggetto è espresso dal pronome "si" e il verbo
assume la forma della terza persona singolare (p.e. si dice,
si sente, si sa)".
...e mi sembra che non lasci dubbi: in "si dice" non è specificato chi
è che dice, anche se il verbo ha un soggetto, che è pertanto
indefinito.

Ciao.

Gian Carlo
Enrico C
2009-08-14 12:25:53 UTC
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Post by Wolfgang
[...]
ma non mi è riuscito di trovarla.
Qual è il soggetto di questa frase?
Bellissima domanda. Che però manca di una precisazione essenziale.
Vuoi conoscere il soggetto
sintattico (grammaticale), cioè la parte del discorso che governa il
verbo, oppure quello semantico (logico), ovvero l'agente (o nelle
frasi passive l'oggetto) dell'azione?

Dal subject che hai scelto per questo thread, deduco che sei
interessato al soggetto sintattico.
Tuttavia, credo che la comprensione del significato (o almeno del
significato più verosimile nel contesto dato) sia sempre
indispensabile anche alla base di un'analisi solo grammaticale,
altrimenti sarebbe impossibile determinare quale sia il soggetto
grammaticale di frasi come "Tre fagiani videro i cacciatori, prima di
sparare." o "Tre merli videro i cacciatori e volarono via.".

Una seconda precisazione utile è chiarire se si è interessati a
un'analisi della singola proposizione, come se vivesse di vita
autonoma, o dell'intero discorso.
Nel primo caso, "ma non mi è riuscito" e "di trovarla" andrebbero
esaminate distintamente. Nel secondo, invece, possiamo tenere conto
delle reciproche relazioni e funzioni.

Sempre dal subject del tuo thread, mi par di capire che non escludi,
almeno come ipotesi utile alla formulazione della domanda, che il
"di" presente o assente possa avere un ruolo nell'individuazione del
soggetto. La questione posta in questi termini, correggetemi se
sbaglio, ci consente di esaminare l'intero periodo composto da più
proposizioni.

Dopo aver tentato di definire meglio la domanda, provo a dare la mia
risposta.

Nella frase "Ma non mi è riuscito di trovarla.", quel che non riesce è
l'azione "di trovarla". "Di trovarla" è la proposizione nominale che
svolge la funzione di soggetto grammaticale del verbo "riuscire", il
quale conseguentemente si coniuga alla terza persona singolare: "è
riuscito".

Per controprova, proviamo a immaginare come si coniugherebbe quel
verbo se quel che non riesce fosse qualcos'altro, chessò, "i salti
mortali": "Ma non mi sono riusciuti i salti mortali", con il verbo
alla terza persona plurale.


Aggingo che la seconda proposizione della frase "Ma non mi è riuscito
di trovarla" svolgerebbe la medesima funzione anche senza "di": "Non
mi è riuscito trovarla".
O anche, con esempi più evidenti:
"Trovarla è un compito ingrato"
"Pensare continuamente a lei non ti servirà."
"Il mangiar bene è importante quanto altri aspetti."


A questo punto, però, già immagino il buon Davide Pioggia protestare,
citando l'esempio di Leopardi:

«Egli è da uomo non addottrinato nella filosofia l'addossare agli
altri la
colpa dei travagli suoi propri, da mezzo addottrinato l'addossarla a
se
stesso, da addottrinato il non darla né a se stesso né agli altri».

Riporto anche l'argomentazione con cui Davide conclude quel suo post,
Post by Wolfgang
Post by Davide Pioggia
Ora, il motivo per cui si può omettere "egli" è lo stesso motivo per cui in
"io mangio" si può omettere "io". Ebbene, ti sembra ragionevole affermare
che la semplice omissione di "egli" sposta il soggetto da "egli" a
"l'addossare"?
Ripensandoci, però, il ragionamento di Davide mi convince meno e provo
a spiegare il perché.

Una prima obiezione che mi è venuta in mente è che quell'uso di "egli"
è ormai desueto.
Però la prima obiezione è facilmente superabile se pensiamo che in
italiano moderno, specie nel parlato, esiste la forma "Gli è che..."
ecc., dove il "gli" ha appunto funzione pronominale, al posto di "Egli
è che..." dell'italiano di Leopardi.
Secondo il De Mauro è una variante regionale soprattutto toscana, ma
credo si usi non solo in Toscana.

3 gli
pron.pers. di terza pers.m.sing.
RE tosc., spec. con valore pleonastico ed enfatico, egli: g. è uno
strano ragazzo; con uso impers.: g. è vero
http://old.demauroparavia.it/49251


A una seconda obiezione però non trovo controindicazioni, a meno che
non le trovi lo stesso Davide.

Nella frase "Mangio." il soggetto implicito è evidentemente "io" e non
può essere che quello, ma nella frase "Mangia." il soggetto
(implicito) è il pronome personale di terza persona singolare solo
finché non viene esplicitato un diverso soggetto: "La bambina mangia."
oppure "Vivere a Milano mangia molti quattrini al mio budget.".

Nella frase di Leopardi "egli" non era strettamente necessario, così
come non è strettamente necessario il "gli" in "Gli è vero". La frase
funzionava ugualmente anche senza. Si tratta, come suggerisce la
stessa definizione del De Mauro di "gli", di un rafforzativo
pleonastico.

Sostituiamo la frase di Leopardi con un esempio più moderno, anche se
toscaneggiante:

"Battersela in ritirata gli è da codardi."

Se analizzassimo il solo periodo "gli è da codardi", direi anch'io che
"gli" svolge la funzione di soggetto grammaticale. Allargando lo
sguardo all'intero periodo, la stessa funzione può essere reclamata
dalla proposizione "Battersela in ritirata...". Si potrebbe forse dire
che siamo in presenza di un doppio soggetto, oppure declassare uno dei
due ad apposizione del soggetto, fate vobis. Ma se volgiamo la stessa
frase in italiano più standard, "Battersela in ritirata è da codardi",
a occupare la poltrona di comando, cioè a fare da soggetto, resta la
sola proposizione, e mi parrebbe un inutile artifizio formale
richiamare a tutti i costi un pronome non dichiarato per prenderne il
posto.

Per chiarire ulteriormente:

"Che fa?" "Mangia la mela." Soggetto: egli/ella.

"Lei mangia la mela." Soggetto: lei.

"Lei, la bambina, mangia la mela." Soggetto: lei, con "bambina"
apposizione del soggetto.

"La bambina mangia la mela." Soggetto: la bambina (e non "lei").





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