Post by Valerio VanniA rigor di logica, la differenza tra 1 e 2 potrebbe essere grande
come quella tra 1 e 3.
Sembra quasi che il 2 venga interiorizzato dall'orecchio (pur senza
acquisirlo nell'uso [b]), e che si annulli la percezione della
differenza dall'1.
Mi sono imbattuto spesso in questo fenomeno, e altri analoghi.
Capita, ad esempio, che ci siano due dialetti contigui che hanno differenze
notevoli, ma che siano abbastanza vicini da produrre una secolare
"frequentazione", per cui gli uni sanno benissimo come parlano gli altri.
A questo punto si produce una dinamica che io talvolta, scherzosamente,
associo al fenomeno del "superamento della soglia del dolore".
Voglio dire che, se le differenze sono tali da poter essere in qualche modo
"interiorizzate" come automatismi, si tende a perdere la consapevolezza
di tali differenze.
Da un punto di vista tecnico, il modo in cui gli altri pronunciano un certo
fonema viene riconosciuto come allofono di quel fonema, anche se la
realizzazione è molto diversa. Non solo, ma la cosa notevole è che
l'allofono viene riconosciuto come tale solo in bocca a uno che parla
nell'altro modo. È come se il cervello, riconoscendo un certo modo di
parlare, eseguisse una sorta di "pre-elaborazione" per annullare le
differenze.
Mi viene in mente che qualcuno, tempo fa, diceva che quando sente dire «tè»,
riconosce la bevanda se colui che parla è originario dell'Italia centrale,
mentre riconosce il pronome personale se colui che parla è originario
dell'Italia settentrionale.
Tornando ai dialetti contigui, con tanto di "pre-elaborazione", se tu
fai sentire a questi parlanti un dialetto che sostanzialmente non differisce
dal loro più di quanto differisca il dialetto contiguo a cui sono abituati,
viene "superata la soglia del dolore", e allora differenze anche minime
vengono ingigantite a dismisura.
Mi è capito, poi, di trovare dialetti contigui che, nonostante la lunga
"frequentazione", non siano riusciti a far rientrare le differenze al di
sotto della "soglia del dolore", per cui trovi comunità che continuano
da secoli a dire che i loro vicini parlano un dialetto assurdo, strano,
ridicolo, ecc.
A volte tale incapacità ha dei riscontri oggettivi, perché effettivamente ci
sono differenze macroscopiche che non possono essere ignorate. Ma più
spesso ci sono di mezzo questioni identitarie e di prestigio.
Ho trovato, ad esempio, alcune comunità che nella loro consapevolezza hanno
annullato differenze anche notevolissime rispetto a un certo dialetto
contiguo, solo perché questo era percepito come più prestigioso (succede
tipicamente nei rapporti fra città e campagna ecc.). Quando ciò accade si
possono avere anche situazioni "asimmetriche": la comunità A è convinta di
parlare un dialetto sostanzialmente uguale a quello della comunità B, mentre
la comunità B si guarda bene dall'identificare il proprio dialetto con
quello della comunità A.
Questo, secondo me, è il rapporto che molti italiani hanno col televisore:
sono convinti di parlare come il tipo che legge il telegiornale, ma il tipo
che legge il telegiornale non si riconoscerebbe mai nell'italiano di coloro
che lo ascoltano.
Come vedi, nella maggior parte dei casi per risolvere le dispute più che
il linguista ci vuole lo psicologo, o al limite il sociologo.
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Saluti.
D.