Discussione:
vocali lunghe davanti NF e NS in latino
(troppo vecchio per rispondere)
Davide Pioggia
2011-09-07 11:47:47 UTC
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Carissimi,

in diverse grammatiche latine ho trovato scritto che davanti ai nessi NF e
NS la vocale è sempre lunga.

In alcune vecchie grammatiche avevo trovato formulata anche la regola
secondo la quale davanti a NT e ND la vocale era sempre breve, ma nelle
lingue neolatine ci sono diversi esempi che sembrano contraddire questa
regola, e alcuni autori non la danno affatto per scontata, ma anzi
ritengono che in alcuni (rari) casi anche davanti a NT e ND si potessero
avere vocali lunghe. Lo stesso Treccani scrive il genitivo FONTIS con la
vocale lunga:
http://www.treccani.it/vocabolario/fonte1/

Visto che la regola delle vocali brevi davanti a NT e ND non sembra essere
tanto affidabile, mi chiedo se lo sia almeno quella delle vocali lunghe
davanti a NF e NS.

Ora, ricordo di aver letto da qualche parte che anche Cicerone nel
_De oratore_ espone questa regola, o comunque dice qualcosa sulla
quantità vocalica che sembra confermare la regola.

Avete idea di quale possa essere la parte del _De oratore_ in cui Cicerone
affronta la questione?

Grazie per l'attenzione.
--
Saluti.
D.
Dragonòt
2011-09-07 19:59:16 UTC
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Post by Davide Pioggia
Ora, ricordo di aver letto da qualche parte che anche Cicerone nel
_De oratore_ espone questa regola, o comunque dice qualcosa sulla
quantità vocalica che sembra confermare la regola.
Avete idea di quale possa essere la parte del _De oratore_ in cui Cicerone
affronta la questione?
Il manuale di i.e.-istica dei Ramat dice che "Cicerone ... in or. 159
illustra ampiamente la questione.".
Spero possa servire ad individuare il punto.
Ciao,
Bepe
Dragonòt
2011-09-07 19:59:16 UTC
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Post by Davide Pioggia
Ora, ricordo di aver letto da qualche parte che anche Cicerone nel
_De oratore_ espone questa regola, o comunque dice qualcosa sulla
quantità vocalica che sembra confermare la regola.
Avete idea di quale possa essere la parte del _De oratore_ in cui Cicerone
affronta la questione?
Il manuale di i.e.-istica dei Ramat dice che "Cicerone ... in or. 159
illustra ampiamente la questione.".
Spero possa servire ad individuare il punto.
Ciao,
Bepe
Davide Pioggia
2011-09-08 02:33:46 UTC
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Post by Dragonòt
Il manuale di i.e.-istica dei Ramat dice che "Cicerone ...
in or. 159 illustra ampiamente la questione.".
Ah, allora è nell'_Orator_, non nel _De oratore_.

Eccolo qui:
http://la.wikisource.org/wiki/Orator

Il passo citato dai Ramat è questo:

«Quid in verbis iunctis? Quam scite insipientem non insapientem, iniquum non
inaequum, tricipitem non tricapitem, concisum non concaesum! Ex quo quidam
pertisum etiam volunt, quod eadem consuetudo non probavit. Quid vero hoc
elegantius, quod non fit natura, sed quodam instituto? Indoctus dicimus
brevi prima littera, insatius producta, inhumanus brevi, infelix longa. Et,
ne multis, quibus in verbis eae primae litterae sunt quae in sapiente atque
felice, producte dicitur, in ceteris omnibus breviter; itemque composuit,
consuevit, concrepuit, confecit. Consule veritatem: reprehendet; refer ad
auris: probabunt. Quaere cur ita sit: dicent iuvare. Voluptati autem aurium
morigerari debet oratio».

Direi che la parte che ci interessa è quella che inizia da «Indoctus...».

A te sembra tanto chiaro?

Fra l'altro salta fuori che la vocale iniziale di _indoctus_ e _inhumanus_ è
breve, quella di _infelix_ è lunga e quella di _insatius_ non è né lunga né
breve, ma è _producta_, cioè "allungata". Come se ci fossero tre gradi
nella quantità vocalica, non due.
--
Saluti.
D.
Dragonòt
2011-09-08 20:55:25 UTC
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Post by Davide Pioggia
«Quid in verbis iunctis? Quam scite insipientem non insapientem, iniquum non
inaequum, tricipitem non tricapitem, concisum non concaesum! Ex quo quidam
pertisum etiam volunt, quod eadem consuetudo non probavit. Quid vero hoc
elegantius, quod non fit natura, sed quodam instituto? Indoctus dicimus
brevi prima littera, insatius producta, inhumanus brevi, infelix longa. Et,
ne multis, quibus in verbis eae primae litterae sunt quae in sapiente atque
felice, producte dicitur, in ceteris omnibus breviter; itemque composuit,
consuevit, concrepuit, confecit. Consule veritatem: reprehendet; refer ad
auris: probabunt. Quaere cur ita sit: dicent iuvare. Voluptati autem aurium
morigerari debet oratio».
Fra l'altro salta fuori che la vocale iniziale di _indoctus_ e _inhumanus_ è
breve, quella di _infelix_ è lunga e quella di _insatius_ non è né lunga né
breve, ma è _producta_, cioè "allungata". Come se ci fossero tre gradi
nella quantità vocalica, non due.
A te sembra tanto chiaro?
No, non mi è chiaro, ma tieni presente che non sono più molto "smart" in
latino, dovrei mettermi a tradurre a tavolino.
Non avevo mai sentito di una 3° quantità (quel "producta" che appare anche
dopo) e se non l'avessi tradotto tu con "allungata", probabilmente non avrei
capito.

Mi sembra di capire, tra l'altro, che: "in ceteris omnibus breviter; itemque
... consuevit, ... confecit." che queste due sono brevi pur precedendo "ns",
"nf". O sbaglio?

Tra l'altro mi aspettavo una trattazione più lunga e completa, con molti più
esempi, a leggere quel che diceva il Ramat.

Bepe
Davide Pioggia
2011-09-09 12:03:39 UTC
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Post by Dragonòt
Mi sembra di capire, tra l'altro, che: "in ceteris omnibus breviter;
itemque ... consuevit, ... confecit." che queste due sono brevi pur
precedendo "ns", "nf". O sbaglio?
Sinceramente mi trovo in difficoltà anch'io. Non sono mai stato un gran
latinista, ma questo passo mi sembra particolarmente contorto. Chissà
se si trova qualche traduzione dell'_Orator_.
--
Saluti.
D.
Dragonòt
2011-09-09 14:05:56 UTC
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Chissà se si trova qualche traduzione dell'_Orator_.
D.
??????!
C'é tutto su Internet, dopo 11 anni che ci faccio affari me ne stupisco
ancora!
http://www.latin.it/autore/cicerone/rhetorica/orator/48.lat

"Cosa dire delle parole composte? Con quale eleganza diciamo insipientem e
non insapientem, iniquum e non inaequum, tricipitem e non tricapitem,
concisum non concaesum! In virtù di ciò alcuni propongono persino pertisum,
per quanto neanche approvato dall'uso. Cosa c'è di più raffinato di questo,
che non deriva dalla natura, ma da qualche norma applicata? Noi pronunciamo
indoctus con la sillaba iniziale breve, insatius allungata, inhumanus breve,
infelix lunga. E, per farla breve, in quelle parole che hanno la stessa
iniziale di sapiens e felix, la dizione della prima sillaba è allungata,
mentre in tutte le altre è breve; lo stesso avviene per composuit,
consuevit, concrepuit, confecit. Si consulti la grammatica: non le andrà
bene; ci si rivolga all'orecchio: sarà d'accordo. Si indaghi sul perché sia
così: dirà che gli piace. Ma il linguaggio deve assecondare il piacere
dell'udito."

Oh, oh ... sembra che già a quei tempi non fosse una regola ;-)

Ciao,
Bepe
Davide Pioggia
2011-09-09 14:43:24 UTC
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Post by Dragonòt
C'é tutto su Internet, dopo 11 anni che ci faccio affari me
ne stupisco ancora!
Bravo!
Post by Dragonòt
Oh, oh ... sembra che già a quei tempi non fosse una regola ;-)
Tieni presente che tutte le volte che si trova una legge espressa in termini
perentori o con grande sollecitudine vuol dire che non sono pochi coloro
che la violano.

Non si sono mai trovati dei testi nei quali c'era scritto: «ricordatevi di
respirare!». Però si trovano un sacco di testi nei quali c'è scritto «non
commettere atti impuri!», e altre cose così. Scrivendo queste cose si
denuncia ipso facto una certa propensione dell'animo umano a commettere
'sti atti impuri. Lo stesso codice penale di un popolo è un testo di
antropologia e psicologia già bell'e pronto.

Per non parlare poi dell'autore dell'_Appendix probi_, che nel tentativo
di estirpare certe orribili abitudini ha fatto una clamorosa pubblicità al
nascente volgare.

Tornando al nostro caso, pare comunque che alcuni latinisti non prendano
alla lettera le raccomandazioni di Cicerone.

Ad esempio per il prefisso IN- il DEI scrive la I lunga in INSIMUL, ma la
presunta forma popolare INSEMEL (da cui «insieme») la scrive con la I breve,
a dispetto dei francesi che dicono _ensemble_. Per *INFILARE sta sul vago, e
rimanda al francese _enfiler_. INSIGNARE lo scrive con la lunga, ma INFERNUM
lo scrive con la breve, di nuovo a dispetto del francese _enfer_ e facendo
contenti gli spagnoli, che dicono _infierno_.

Già che ci siamo, consiglio la lettura del Ritmo di Sant'Alessio, del Ritmo
cassinese e soprattutto dei testi di Jacopone da Todi, scritti prima che
nell'Italia centrale si diffondesse la tendenza toscana a chiudere la /e/
atona in /i/. In questi testi al posto di «in» e «in-» troviamo
sistematicamente «en» e «en-», anche nelle parole aventi la radice che
inizia per /f/ o /s/, come «enfermato, enfetta, enfra, ensanire, enfernali,
enfiato, ensemor» (ho sfogliato a caso Jacopone prendendo le prime
che mi sono cadute sotto gli occhi, ma ce ne sono a volontà).

Invece i veneti, che di solito conservano scrupolosamente le /e/ del volgare
(dexe, dodexe, tredexe...), usano «in» come preposizione e «in-» come
prefisso.

Probabilmente nel volgare erano presenti sia /en/ sia /in/, dopodiché sono
stati in qualche modo "conguagliati".

Venendo poi a CON-, in linea di massima il DEI rispetta la norma espressa
da Cicerone, ma si trova anche CONFUNDERE con la breve.
--
Saluti.
D.
Davide Pioggia
2011-09-09 14:59:38 UTC
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Si consulti la grammatica...
Questo è uno dei passaggi che mi mettevano maggiormente in difficoltà.
Non mi sembrava necessario andare a cercare sul dizionario una parola
come _veritas_, e invece ho scoperto che per Cicerone e Quintiliano la norma
grammaticale è la _veritas_. Nientepopodimeno. E continua a chiamarla
_veritas_ anche quando spiega che l'orecchio indica il contrario. Avrebbe
fatto meglio a chiamarla _vanitas_ :-)

Comunque, mi sembra chiaro cosa stava succedendo: la N davanti a certe
consonanti veniva progressivamente "assorbita" dalla vocale, che
probabilmente si stava almeno parzialmente nasalizzando, ed entrambi questi
fattori inducevano un allungamento. In seguito nel volgare la S è sparita
del tutto:

- CO(N)STARE > costare
- ME(N)SEM > mese
- MO(N)STRUM > mostro
- PE(N)SARE > pesare
- PREHE(N)SIONEM > prigióne
- SPO(N)SAM > sposa
- TRA(N)SMITTERE > trasméttere
--
Saluti.
D.
Davide Pioggia
2011-09-09 15:28:57 UTC
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Post by Davide Pioggia
Comunque, mi sembra chiaro cosa stava succedendo: la N davanti a certe
consonanti veniva progressivamente "assorbita" dalla vocale...
[...]
In seguito nel volgare la S è sparita del tutto
Ovviamente mi riferivo alla N davanti alla S.

Un fenomeno simile si è verificato in alcuni dialetti romagnoli in tutti i
nessi costituiti da nasale + consonante sorda.

Ad esempio nei dialetti della pianura ravennate-forlivese «tempo, contro» si
dicono <tep, cotra>, con <e> e <o> lunghe e nasalizzate, perché la /n/ è
stata "mangiata" dalla vocale.

In questa poesia:
http://www.dialettiromagnoli.it/opera.php?id=74
già nel primo verso si può sentire come l'autore legge «tempo», e più
avanti ci sono anche «sostanza», «apparente» e «bianco».
--
Saluti.
D.
Wolfgang
2011-09-09 16:25:55 UTC
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Post by Davide Pioggia
[...]
Comunque, mi sembra chiaro cosa stava succedendo: la N davanti a certe
consonanti veniva progressivamente "assorbita" dalla vocale, che
probabilmente si stava almeno parzialmente nasalizzando, ed entrambi
questi fattori inducevano un allungamento. In seguito nel volgare la
(intendevi dire «la N», come presumo)

Come sappiamo tutti, gli esiti italiani delle «E» ed «O» lunghe
latine sono «e» ed «o» chiuse. Esaminiamo sotto questo aspetto
Post by Davide Pioggia
- CO(N)STARE > costare
Con la «o» chiusa. Ma ciò non significa gran che, visto che essa
è atona.
Post by Davide Pioggia
- ME(N)SEM > mese
- MO(N)STRUM > mostro
- PE(N)SARE > pesare
- PREHE(N)SIONEM > prigióne
In tutte queste parole italiane, «e» ed «o» sono chiuse.
Nell'ultimo esempio la «e» si è perfino trasformata in una
«i», cioè chiusa ulteriormente.
Post by Davide Pioggia
- SPO(N)SAM > sposa
Ecco la prima eccezione: «sposa» ha la «o» aperta.
Post by Davide Pioggia
- TRA(N)SMITTERE > trasméttere
Dell'«a» non esistono timbri diversi. Del resto è atona.

Ciao, Wolfgang
Davide Pioggia
2011-09-09 16:44:37 UTC
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Post by Wolfgang
(intendevi dire «la N», come presumo)
Sì, certo!
Post by Wolfgang
Post by Davide Pioggia
- CO(N)STARE > costare
Con la «o» chiusa. Ma ciò non significa gran che,
visto che essa è atona.
Sì, ma le voci del verbo che hanno l'accento sulla radice (rizotoniche, come
dicono quelli che hanno studiato) hanno la vocale aperta. Quindi questo
esito non è secondo le nostre attese.
Post by Wolfgang
In tutte queste parole italiane, «e» ed «o» sono chiuse.
Nell'ultimo esempio la «e» si è perfino trasformata in una
«i», cioè chiusa ulteriormente.
Sì, come dicevo il toscano appena può chiude la /e/ atona in /i/. Dico
"appena può" perché questa tendenza si scontra con un'altra tendenza
fondamentale del toscano, che è quella di evitare l'alternanza vocalica.

Ad esempio se si fosse chiusa la /e/ di «entrare» avremmo l'infinito
«intrare» e una voce come «io éntro», per cui ci sarebbe alternanza
vocalica. Invece la vocale si può chiudere nella penultima sillaba dei verbi
che hanno le voci rizotoniche sdrucciole, perché in questo caso l'accento
"salta" dall'ultima sillaba alla terzultima, e così il toscano può chiudere
la sillaba della penultima senza produrre alternanza vocalica. Ad esempio in
veneto si dice «desementego» e «desementegar» mentre in italiano si dice
«dimentico» e «dimenticare»: qui la /e/ della penultima può chiudersi perché
non succede mai che l'accento vada a finire sulla penultima.

È una delle caratteristiche fondamentali del toscano, ed è anche una delle
ragioni per le quali il toscano ha letteralmente "estirpato" gli effetti
della metafonesi nella costruzione dei plurali.

Mi è capitato diverse volte di studiare dei dialetti che erano nella fase in
cui viene respinta l'alternanza vocalica. Nell'arco di una o due generazioni
si sviluppa una sensibilità morfologica che tende letteralmente a
"rimuovere" l'alternanza vocalica (anche quasi in senso psicologico, visto
che gli evidenti residui dell'alternanza vocalica vengono proprio "negati"
come tali).
Post by Wolfgang
Post by Davide Pioggia
- SPO(N)SAM > sposa
Ecco la prima eccezione: «sposa» ha la «o» aperta.
Questa ha anche la <s> sonora intervocalica, per cui si tratta probabilmente
di un prestito dall'Italia settentrionale.
--
Saluti.
D.
Davide Pioggia
2011-09-09 16:58:10 UTC
Permalink
Post by Davide Pioggia
Questa ha anche la <s> sonora intervocalica, per cui si tratta
probabilmente di un prestito dall'Italia settentrionale.
Infatti in siciliano è «spusa»:
http://www.scicli.com/siciliano.php
quindi nel volgare originariamente c'era /o/, non /O/.

Sarebbe interessante cercare di capire quale dialetto settentrionale possa
aver "forgiato" l'esito /spOza/ che si trova nel toscano, e come abbia
circolato questa parola. Probabilmente la si usava così nelle corti,
dopodiché sarà stata assimilata a livello popolare (c'è sempre stata una
tendenza generale a usare i termini che appaiono più prestigiosi nelle
situazioni solenni).
--
Saluti.
D.
Wolfgang
2011-09-09 17:38:11 UTC
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Post by Davide Pioggia
Post by Davide Pioggia
Questa ha anche la <s> sonora intervocalica, per cui si tratta
probabilmente di un prestito dall'Italia settentrionale.
http://www.scicli.com/siciliano.php
quindi nel volgare originariamente c'era /o/, non /O/.
Sarebbe interessante cercare di capire quale dialetto settentrionale
possa aver "forgiato" l'esito /spOza/ che si trova nel toscano, e come
abbia circolato questa parola. Probabilmente la si usava così nelle corti,
dopodiché sarà stata assimilata a livello popolare (c'è sempre stata una
tendenza generale a usare i termini che appaiono più prestigiosi nelle
situazioni solenni).
Altrettanto interessante sarebbe capire come sia sorta la /O/ delle
forme rizotoniche di «costare». Visto che in portoghese il verbo ha
una «u» sia nelle forme rizotoniche sia in quelle arizotoniche
(custar, custo, custas, custa...), sembra probabile che anche in
italiano originalmente ci sia stata una /o/.

Ciao,
Wolfgang
Davide Pioggia
2011-09-09 17:59:49 UTC
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Visto che in portoghese il verbo ha una «u» sia nelle forme rizotoniche
sia in quelle arizotoniche (custar, custo, custas, custa...), sembra
probabile che anche in italiano originalmente ci sia stata una /o/.
Ah, bene, questa è una buona notizia, perché a questo punto possiamo dire
che in tutti i casi considerati nell'etimo latino c'era la vocale lunga. Poi
si tratterà di capire con calma che cosa abbia prodotto gli esiti anomali
del toscano.

Sembra dunque che in tutti i casi in cui la N è caduta ci sia stato
l'allungamento della vocale, il che non ci sorprende.
--
Saluti.
D.
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