Discussione:
Che cos'è la lingua parlata?
(troppo vecchio per rispondere)
Maurizio Pistone
2013-09-27 12:14:36 UTC
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In una recente discussione si parla di "lingua parlata", ma non mi
sembra di aver capito bene a che cosa ci si riferisca.

La lingua parlata è una di quelle cose che si danno per scontate, ma di
cui è molto difficile dare una definizione.

Non esiste una lingua al di fuori dei concreti atti di produzione
linguistica. La grammatica è una costruzione teorica a posteriori, e
l'idea di studiare la grammatica prima di parlare o scrivere è come
pretendere di imparare a nuotare prima di buttarsi in acqua.

In questo senso, la lingua parlata è l'infinito insieme di tutti i
discorsi che si fanno.

Naturalmente quello che interessa è uno standard, che si dovrebbe
ricavare dal confronto del materiale. Un lessico, delle strutture
grammaticali e sintattiche, e perché no, un repertorio delle figure
retoriche e delle espressioni idiomatiche più comuni.

Alla grossa, sappiamo tutti a cosa ci riferiamo. Più o meno abbiamo
tutti un'idea di che cos'è la lingua italiana d'oggi, tant'è vero che ci
parliamo e ci capiamo - se non ci capiamo, raramente (almeno in questo
gruppo) è per motivi strettamente linguistici.

Sorgono tre grosse questioni. Per motivi pratici, metto prima avanti la
seconda, poi la terza, lasciando la prima in fondo.

2. Una volta che abbiamo raggiunto la definizione di uno standard, lo
consideriamo una semplice presa d'atto, oppure lo proponiamo come
modello? Passiamo dalla grammatica descrittiva a quella normativa?
Oppure lasciamo che ognuno continui a vivere nel fluire olistico della
lingua parlata, e ci limitiamo ad aggiungere le sue chiacchiere al
nostro repertorio di casi di studio?

3. Ci limitiamo a produrre un unico standard di riferimento, oppure
teniamo conto almeno dei registri e dei contesti più significativi in
cui si producono discorsi? Perché se fosse per me, io andrei sempre in
giro con gli stessi jeans e la stessa camicia stazzonata; ma c'è mia
moglie a ricordarmi che ci sono casi in cui bisogna essere un po' più
"all'onor del mondo".

Passiamo ora al problema ...

1. Come facciamo ad ottenere uno standard partendo dell'infinita varietà
delle realizzazioni concrete della lingua? "Settimana prossima", fa
parte dello standard? Per me no, perché non l'ho mai usato, e non ha
neanche senso nel mio dialetto. Ma temo che presto sarò in minoranza.
Devo dunque accettare uno standard di "lingua parlata" che io non
parlerò mai?

Di fatto, è possibile arrivare alla definizione di un qualunque standard
usando semplicemente la conta dei casi concreti? Come quelli che vanno a
guardare quante volte compare "incinta" e quante "in cinta" su Google
(tranquilli, vince "incinta", e di parecchio).

Oppure vogliamo fare alla maniera antica, scegliere un canone di buoni
autori che usano una buona lingua, e costruire su questi uno standard?
Cadendo ovviamente nel ragionamento circolare, che i buoni autori sono
quelli che usano una buona lingua, e la buona lingua è quella usata dai
buoni autori.

Io sono vecchio, e mi trovo bene in quest'ultimo ragionamento circolare.
Sono perfettamente d'accordo che il canone deve essere aggiornato (la
questione non è nuova, se ne parla da 500 anni), e sono anche d'accordo
su una definizione allargata di "buoni autori", estendendola ben al di
là delle "belle lettere" vere e proprie; un bel po' di prosa scientifica
e tecnica, senz'altro - non però il primo capitato che fa il suo
pàuer-pòint sulla caduta dal pero nella prospettiva della
globalizzazione.

Trovo inoltre utile, per una conoscenza un po' approfondita della
lingua, rendersi conto della storia della stessa; faccio fatica ad
immaginare una conoscenza della letteratura che non tenga conto del
contesto storico. In questo senso, Alessandro Manzoni, Italo Svevo e
Andrea Pazienza non sono intercambiabili. Così come ogni essere vivente
vive nella sua nicchia ecologica, e non possiamo studiare i pinguini
senza sapere com'è fatto l'Antartico, anche ogni autore vive in un
insieme di relazioni col suo ambiente, dialoga col *suo* presente, e
solo in questo senso possiamo capire *anche* le sue scelte linguistiche
- altrimenti si cade nel Manzoni ma quant'è bello l'Addio ai monti.
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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Dragonòt
2013-09-27 12:49:12 UTC
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Post by Maurizio Pistone
In una recente discussione si parla di "lingua parlata", ma non mi
sembra di aver capito bene a che cosa ci si riferisca.
Non esiste una lingua al di fuori dei concreti atti di produzione
linguistica.
In questo senso, la lingua parlata è l'infinito insieme di tutti i
discorsi che si fanno.
Il libro di De Mauro, "Linguistica generale", inizia proprio dicendo che la
maggior parte dei discorsi di una lingua è "parlata" (poi anche "pensata") e
solo una piccolissima parte "scritta".
Post by Maurizio Pistone
Naturalmente quello che interessa è uno standard,
Perché? Le lingue cambiano, e appena uno "standard" sia fissato, la lingua
"parlata" (di gran lunga preponderante) cambierà.
.
Bepe
Maurizio Pistone
2013-09-27 15:45:08 UTC
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Post by Dragonòt
Post by Maurizio Pistone
Naturalmente quello che interessa è uno standard,
Perché? Le lingue cambiano, e appena uno "standard" sia fissato, la lingua
"parlata" (di gran lunga preponderante) cambierà.
chi ha detto che gli standard non possono cambiare?

la questione è se possiamo dire "in italiano si dice così" oppure "mio
cuggino dice così"
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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Dragonòt
2013-09-27 20:42:48 UTC
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Post by Maurizio Pistone
Post by Dragonòt
Post by Maurizio Pistone
Naturalmente quello che interessa è uno standard,
Perché? Le lingue cambiano, e appena uno "standard" sia fissato, la lingua
"parlata" (di gran lunga preponderante) cambierà.
chi ha detto che gli standard non possono cambiare?
la questione è se possiamo dire "in italiano si dice così" oppure "mio
cuggino dice così"
Secondo il De Mauro, in "Linguistica Generale", entrambi sono riconducibili
all' "italiano", perché entrambi li riconosciamo come "italiano".
Il De Mauro dice qualcosa di questo genere: noi riconosciamo la lingua
parlata/scritta fino ad un certo punto (o spostandosi sul territorio o
spostandosi tra gruppi di persone, etc.) , dopo quel punto sentiamo/leggiamo
qualcosa che non riconosciamo più, il che vuol dire che la lingua è
cambiata.
Allora, le due frasi che hai portato ad esempio sono riconoscibili come
"italiano".

Se invece dicessimo: "in italiano corretto secondo le grammatiche/vocabolari
contemporanei", allora la seconda frase non rientrerebbe più nella
definizione.
Specificare quel "contemporanei" ci aiuta a specificare che lo standard può
cambiare (come succede in effetti. Ad esempio, un articolo di giornale del
1913 lo "sentiamo" sicuramente come non "contemporaneo").

Ciao,
Bepe
Maurizio Pistone
2013-09-28 10:11:54 UTC
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Post by Dragonòt
Post by Maurizio Pistone
chi ha detto che gli standard non possono cambiare?
la questione è se possiamo dire "in italiano si dice così" oppure "mio
cuggino dice così"
Secondo il De Mauro, in "Linguistica Generale", entrambi sono riconducibili
all' "italiano", perché entrambi li riconosciamo come "italiano".
io riconosco come italiano "andabbi"; ma non lo uso.

Se uno straniero mi chiede "come si dice il passato remoto di andare?"
gli rispondo "andai".

Se in un articolo di giornale leggo "andabbi" comincio a chiedermi quali
sono i motivi di quella insolita scelta linguistica - mettendo come
ultima l'ipotesi che l'autore sia un analfabeta.

=====

Siamo tutti un po' condizionati dalla nostra vecchia maestra. A sentir
parlare di "standard" istintivamente ci vengono in mente i segnacci sul
compito di italiano.

Finora ho evitato di parlare di "grammatica" o di "norma" proprio per
cercare di evitare questi ricordi così emotivi, ma evidentemente non è
stato sufficiente.

Non credo di dire niente di nuovo se dico che uno "standard" linguistico
non è un rasoio, "giusto o sbagliato". Non lo è in nessuna lingua.

Uno standard linguistico è una definizione di alcune regolarità, di una
sorta di "normalità" - questo naturalmente non vuol dire che chi non lo
segue sia un "anormale"; senza offendere nessuno, possiamo dire che le
altre forme sono ... "diversamente grammaticali".

Uno standard lingustico non è scritto su tavole di bronzo. Le forme
"normali" delle lingue sono sottoposte ad un'evoluzione, che però non
significa che si riscrivono le grammatiche e i vocabolari ad ogni
stormir di fronda.

In linguistica esiste una regola generale, una tendenza all'economicità.
Una lingua formata da un'infinità di forme possibili stimolerebbe il
gusto creativo dei parlanti, ma porrebbe sicuramente alcuni problemi dal
punto di vista pratico. Ogni lingua, nel corso della sua evoluzione,
arricchisce e vivacizza, ma contemporaneamente sfoltisce e regolarizza
il repertorio delle proprie forme.

====

Insomma, facciamo alcuni esempi di cos'è uno "standard".

Le preposizioni "tra" e "fra" sono perfettamente equivalenti. Non c'è
solitamente nessun motivo per preferire una o l'altra. In genere, si
cerca di evitare ripetizioni, per puri motivi eufonici: si dirà quindi
"tra fratelli" e non "fra fratelli" ecc. Le vecchie grammatiche
sostenevano che "tra" si usa preferibilmente fra due, "fra" tra molti;
ma tale differenza non è più avvertita - se mai lo è stata.

Il femminile di gatto è gatta. Applicando un'altro tipo di derivazione
grammaticale potremmo dire "gattessa"(*). Ma di fatto, nessuno lo dice.
Se qualcuno lo dicesse, dovremmo chiederci il motivo espressivo della
scelta di quel particolare termine in quel particolare contesto.

Il passato remoto di andare è andai. Se si usa la forma "andabbi"(**),
si usa un termine ugualmente comprensibile, poiché per analogia richiama
sempre le forme del passato remoto; ma chi lo usa deve essere
consapevole che è una forma inesistente, che può suscitare una reazione
divertita, e quindi potrebbe essere intesa come un'esagerazione
caricaturale per motteggiare un quale uso "basso" della lingua.

Il passato remoto indica azione svolta nel tempo passato che non ha più
conseguenze dirette sul presente; il passato prossimo indica azione
posta nel passato che lascia conseguenze immediatamente visibili sulla
situazione del presente. In realtà questa distinzione è opinabile; e la
scelta fra i due tempi dipende da particolari scelte stilistiche ed
espressive dell'autore. Nell'uso moderno, in seguito all'influenza di
alcuni dialetti settentrionali, il passato remoto tende a sparire dalla
lingua parlata, anche se è ancora usato normalmente nella lingua
scritta, per lo meno quella con certe ambizioni formali. In questo
senso, è da considerarsi forma ancora propria dello standard moderno.

La "scomparsa del congiuntivo" invece potrebbe essere l'effetto
dell'influenza di alcuni dialetti meridionali. In ogni caso, a
differenza del passato remoto, il congiuntivo non è ancora totalmente
scomparso dalla lingua parlata, anche se vi sono a volte incertezze
sull'uso.

====

Questo, se vogliamo fare una descrizione dello standard che abbia
pretese di completezza. Se invece vogliamo fare una descrizione
sintetica, ci limitiamo a dire:

Le preposizioni "tra" e "fra" sono perfettamente equivalenti.

Il femminile di "gatto" è "gatta".

Il passato remoto di "andare" è "andai".

Il passato remoto tende a sparire nella lingua parlata, ma è ancora
vitale nella lingua scritta.

Il congiuntivo è il modo che indica soggettività, e si usa in frasi
subordinate quando ecc.

ecc.

... rimandando ad una seconda fase gli approfondimenti indicati sopra, e
tutti gli altri che ci verranno in mente.

====

Questa è una descrizione della "media" della lingua parlata. Ci dobbiamo
metter anche "in cinta"(***) e gli "uomini sessuali"? Sono sicuramente
nell'Uso.

====

Senza dimenticare che

" .. mio cuggino mi protegge
quando vengono a picchiarmi
perché chiamo mio cuggino.
Anzi: io chiamo A mio cuggino."
(Stefano Belisari "Elio")

====

(*) su Google "gattessa" c'è

(**) su Google "andabbi" non c'è

(***) anche "in cinta" c'entra con la lingua parlata, quando c'è
concordanza col plurale: "le donne in cinta"
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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Dragonòt
2013-09-28 13:12:28 UTC
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Post by Maurizio Pistone
Post by Dragonòt
Secondo il De Mauro, in "Linguistica Generale", entrambi sono
riconducibili
all' "italiano", perché entrambi li riconosciamo come "italiano".
io riconosco come italiano "andabbi"; ma non lo uso.
Ciò rientra in pieno nella spiegazione del De Mauro.
Post by Maurizio Pistone
Siamo tutti un po' condizionati dalla nostra vecchia maestra.
Non credo di dire niente di nuovo se dico che uno "standard" linguistico
non è un rasoio, "giusto o sbagliato". Non lo è in nessuna lingua.
Quoto. Se qualcosa non è "standard" è semplicemente "fuori standard". I
proiettili standard NATO sono 9 mm; una 357 magari sarà meglio, ma non è
standard NATO.
Post by Maurizio Pistone
Uno standard linguistico è una definizione di alcune regolarità, di una
sorta di "normalità" -
Introdotto così è poco chiaro. Si rischia di penalizzare le "eccezioni", che
quasi sempre derivano da forme più antiche non ancora "normalizzate".
Post by Maurizio Pistone
In linguistica esiste una regola generale, una tendenza all'economicità.
Le grammatiche evolvono in continuazione, ma non per cercare l'economicità.
Il numero di vocaboli evolve in continuazione, in questi tempi tende ad
aumentare. e così via ...
Post by Maurizio Pistone
====
Insomma, facciamo alcuni esempi di cos'è uno "standard".
Le preposizioni "tra" e "fra" sono perfettamente equivalenti. [CUT]
Il femminile di gatto è gatta. [CUT]
Il passato remoto di andare è andai. [CUT]
Il passato remoto [CUT] è da considerarsi forma ancora propria dello
standard moderno.
il congiuntivo non è ancora totalmente scomparso dalla lingua parlata,
[CUT]
Non voglio tirare acqua al mulino di Pestelli, ma mi sembrano esempi del
signor Uso.
Post by Maurizio Pistone
====
Questa è una descrizione della "media" della lingua parlata. Ci dobbiamo
metter anche "in cinta"(***) e gli "uomini sessuali"? Sono sicuramente
nell'Uso.
Non credo che Leo Pestelli volesse dire che qualsiasi combinazione sia
uscita dalla bocca o dalla penna o dalla tastiera dell'uomo fa parte
dell'Uso.
E credo che nessuno qui voglia farglielo dire.
Post by Maurizio Pistone
====
Anzi: io chiamo A mio cuggino."
C'è qualcuno che ha studiato l'origine dell'oggetto marcato nelle lingue
italiche?
Qualche volta qualcuno ha suggerito un'origine spagnola, ma mi sembra
difficile perché le regole grammaticali difficilmente sono oggetto di
prestiti.
C'è mai stato qualcuno che abbia suggerito un'origine parallela ed autonoma?
Post by Maurizio Pistone
(**) su Google "andabbi" non c'è
Curiosità: mi sembrava più probabile "andetti" ed infatti su Google c'è.
Bepe
Maurizio Pistone
2013-09-29 08:31:17 UTC
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Post by Dragonòt
Non voglio tirare acqua al mulino di Pestelli, ma mi sembrano esempi del
signor Uso.
è esattamente quello che volevo dire
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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Maurizio Pistone
2013-09-29 08:31:18 UTC
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Post by Dragonòt
Non credo che Leo Pestelli volesse dire che qualsiasi combinazione sia
uscita dalla bocca o dalla penna o dalla tastiera dell'uomo fa parte
dell'Uso.
di conseguenza esite una selezione

chi la fa?
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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Dragonòt
2013-09-29 13:50:40 UTC
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Post by Dragonòt
Non voglio tirare acqua al mulino di Pestelli, ma mi sembrano esempi del
signor Uso.
MP: è esattamente quello che volevo dire
Post by Dragonòt
Non credo che Leo Pestelli volesse dire che qualsiasi combinazione sia
uscita dalla bocca o dalla penna o dalla tastiera dell'uomo fa parte
dell'Uso.
MP: di conseguenza esite una selezione
MP: chi la fa?
A me sembra che possa essere sempre l'Uso a farla.
Non ci avevo mai pensato veramente a fondo, ma adesso che ci sto pensando mi
sembra che il meccanismo possa essere quello.

In tanti contesti c'è bisogno di un modello per rappresentare la realtà: un
modello è una rappresentazione più semplice della realtà, e ci permette di
comprenderla più facilmente.
L'Uso, di cui scrisse Pestelli, è una cosa astratta. Per fare un esempio, un
nostro direttore ci diceva: "l'Azienda non esiste, esistono solo delle
persone che hanno più o meno responsabilità". Parafrasando potremmo dire che
"l'Uso non esiste, ma esistono solo delle persone che hanno più o meno
influenza sulla lingua".

L'Uso mi sembra quindi simile ad un modello che, con una parola sola,
descrive tutta una serie di meccanismi. Qualcuno l'hai già descritto tu, ma
non dobbiamo dimenticare di questi tempi l'importanza della "parola
ascoltata", soprattutto quella "ascoltata" in televisione. I miei figli ed i
loro amici raddoppiano (o triplicano) tutte le consonanti, e l'hanno
imparato li.

La selezione avviene soprattutto in modo "automatico", a seconda
dell'ambiente. Se uno fa un erroraccio durante una riunione col cliente, se
il cliente vuole comprare ci passerà sopra, se ha già un altro fornitore in
mente allora farà notare l'errore (visto personalmente più volte).
Poi ci sono coloro che per lavoro o per passione raccolgono vocabolari e
grammatiche, e queste possono avere influenza.
Mi viene poi in mente che su un periodico piemontese c'era una rubrica fissa
, qualcosa come "Questione di stile", in cui c'erano delle raccomandazioni
sullo stile di scrittura in piemontese. Non so se in italiano ci sia
qualcosa di simile. In piemontese poteva essere utile, visto che in
piemontese non si scrive molto, ma non so se abbia avuto una qualche
influenza sugli autori in piemontese.
Ciao,
Bepe
Maurizio Pistone
2013-09-29 13:58:40 UTC
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Post by Dragonòt
L'Uso, di cui scrisse Pestelli, è una cosa astratta. Per fare un esempio, un
nostro direttore ci diceva: "l'Azienda non esiste, esistono solo delle
persone che hanno più o meno responsabilità".
chi scrive l'organigramma di quell'Azienda?

Si scrive da sé, lo sanno a memoria tutti quelli che sono nell'Azienda
fin dal primo giorno in cui sono assunti - oppure in qualche modo è
un'operazione che richiede un po' di ragionamento, la ricerca e
l'organizzazione delle informazioni ecc.?
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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edevils
2013-09-28 08:43:21 UTC
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Post by Maurizio Pistone
Post by Dragonòt
Post by Maurizio Pistone
Naturalmente quello che interessa è uno standard,
Perché? Le lingue cambiano, e appena uno "standard" sia fissato, la lingua
"parlata" (di gran lunga preponderante) cambierà.
chi ha detto che gli standard non possono cambiare?
Infatti.
Post by Maurizio Pistone
la questione è se possiamo dire "in italiano si dice così" oppure "mio
cuggino dice così"
Beh, la pronuncia delle doppie varia da regione a regione, nel parlato.
Quindi devi specificare se sei interessato all'italiano parlato dei
doppiatori e dei fini dicitori, o a quello più comune con tutte le sue
inflessioni regionali.
edevils
2013-09-28 08:40:56 UTC
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Post by Dragonòt
Il libro di De Mauro, "Linguistica generale", inizia proprio dicendo che la
maggior parte dei discorsi di una lingua è "parlata" (poi anche "pensata") e
solo una piccolissima parte "scritta".
Questa però è una considerazione quantitativa. Quella che gode di
maggior prestigio sociale è la lingua scritta.
Post by Dragonòt
Post by Maurizio Pistone
Naturalmente quello che interessa è uno standard,
Perché? Le lingue cambiano, e appena uno "standard" sia fissato, la lingua
"parlata" (di gran lunga preponderante) cambierà.
Anche la lingua parlata ha i suoi "standard", determinati però
dall'insieme dei parlanti, quindi più fluidi e descrittivi rispetto ad
altri registri linguistici.
Dragonòt
2013-09-28 09:48:36 UTC
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Post by Dragonòt
Il libro di De Mauro, "Linguistica generale", inizia proprio dicendo che la
maggior parte dei discorsi di una lingua è "parlata" (poi anche "pensata") e
solo una piccolissima parte "scritta".
Questa però è una considerazione quantitativa. Quella che gode di maggior
prestigio sociale è la lingua scritta.
Non credo che sia così immediato.
Non lo era per il Manzoni, che andò a sciacquar li panni in Arno.
La lingua scritta, oltre ad essere una parte infinitesima dei discorsi, ha
il problema che è solo una "approssimazione" della lingua parlata (con quei
pochi segni riesce a riprodurre ben poco della lingua parlata).
La lingua scritta ha però a suo favore il fatto che rimane fissata, e rimane
per i posteri, mentre ... "verba volant".
Post by Dragonòt
Post by Maurizio Pistone
Naturalmente quello che interessa è uno standard,
Perché? Le lingue cambiano, e appena uno "standard" sia fissato, la lingua
"parlata" (di gran lunga preponderante) cambierà.
Anche la lingua parlata ha i suoi "standard", determinati però
dall'insieme dei parlanti, quindi più fluidi e descrittivi rispetto ad
altri registri linguistici.
Dubito fortemente. Solo qualcuno dei personaggi pubblici ha una parlata
accettabile.
I peggio messi sembrano i giudici, a partire da Di Pietro per finire al
preidente di Cassazione che ha dovuto esere sottotitolato.
Bepe
Una voce dalla Germania
2013-09-27 13:45:58 UTC
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Post by Maurizio Pistone
Passiamo ora al problema ...
1. Come facciamo ad ottenere uno standard partendo dell'infinita varietà
delle realizzazioni concrete della lingua? "Settimana prossima", fa
parte dello standard? Per me no, perché non l'ho mai usato, e non ha
neanche senso nel mio dialetto.
Curiosità linguistica di un milanese. Capisco chi non usa
"settimana prossima" senza articolo, sforzandomi parecchio
riesco perfino a capire chi lo odia, ma non capisco in che
modo non possa avere senso in un dialetto italiano. Me lo
spieghi, per cortesia?
Maurizio Pistone
2013-09-27 15:45:05 UTC
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Post by Una voce dalla Germania
Curiosità linguistica di un milanese. Capisco chi non usa
"settimana prossima" senza articolo, sforzandomi parecchio
riesco perfino a capire chi lo odia, ma non capisco in che
modo non possa avere senso in un dialetto italiano. Me lo
spieghi, per cortesia?
perché la linga non è fatta di pezzetti messi insieme a caso, ma di
strutture. Nel mio italiano, e nel mio dialetto, "settimana prossima"
senza articolo ha tanto senso quanto "gatto di mia zia" senza articolo

naturalmente se uno mi dice "sman-a ch'a ven" lo capisco benissimo, come
in italiano; ma mi suona estraneo

=====

P.S. mentro c'ero, ho fatto una piccola chiosa al trèd "Io sono il
congiuntivo"
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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Una voce dalla Germania
2013-09-27 15:58:38 UTC
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Post by Maurizio Pistone
Post by Una voce dalla Germania
Curiosità linguistica di un milanese. Capisco chi non usa
"settimana prossima" senza articolo, sforzandomi parecchio
riesco perfino a capire chi lo odia, ma non capisco in che
modo non possa avere senso in un dialetto italiano. Me lo
spieghi, per cortesia?
perché la linga non è fatta di pezzetti messi insieme a caso, ma di
strutture. Nel mio italiano, e nel mio dialetto, "settimana prossima"
senza articolo ha tanto senso quanto "gatto di mia zia" senza articolo
Ah ecco, basta intendersi sul significato di "avere senso".
Per me "gatto di mia zia" ha senso, perché si capisce
benissimo che si parla del gatto di tua zia.
Siamo d'accordo che "gatto di mia zia" senza articolo è
sgrammaticato e ci suona estraneo, ma non è "i berlindi
della comecchina", espressione che non ha senso finché non
ci mettiamo d'accordo sul significato di "berlindi" e
"comecchina".
Lem Novantotto
2013-09-28 14:25:07 UTC
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Capisco chi non usa "settimana prossima" senza articolo, sforzandomi
parecchio riesco perfino a capire chi lo odia
Ma chi odia questo modo di dire (cattivone!), per coerenza odia poi anche
"settimana ventura", "settimana scorsa" e compagnia bella? E pure "lunedì
prossimo", "sabato scorso", "domenica ventura" e via via calendarizzando?
--
Bye, Lem
Ceterum censeo ISLAM esse delendum
_________________________________________________________________
Non sprecare i cicli idle della tua CPU, né quelli della tua GPU.
http://www.worldcommunitygrid.org/index.jsp
http://www.rnaworld.de/rnaworld/ http://home.edges-grid.eu/home/
http://www.gpugrid.net/
Mad Prof
2013-09-28 14:43:51 UTC
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Post by Lem Novantotto
Ma chi odia questo modo di dire (cattivone!), per coerenza odia poi anche
"settimana ventura", "settimana scorsa" e compagnia bella? E pure "lunedì
prossimo", "sabato scorso", "domenica ventura" e via via calendarizzando?
L'odio, come tutti i sentimenti, è irragionevole e se ne impipa della
logica…
--
73 is the Chuck Norris of numbers.
Mad Prof
2013-09-28 15:05:24 UTC
Permalink
Post by Mad Prof
Post by Lem Novantotto
Ma chi odia questo modo di dire (cattivone!), per coerenza odia poi anche
"settimana ventura", "settimana scorsa" e compagnia bella? E pure "lunedì
prossimo", "sabato scorso", "domenica ventura" e via via calendarizzando?
L'odio, come tutti i sentimenti, è irragionevole e se ne impipa della
logica…
Più seriamente: il fatto che sia corretto dire "da giovedì prossimo",
significa che è corretto anche "da giorno prossimo"…? Ovviamente no,
quindi perché dovrebbe essere corretto "da settimana prossima"…?
--
73 is the Chuck Norris of numbers.
Lem Novantotto
2013-09-28 20:51:34 UTC
Permalink
Post by Mad Prof
Più seriamente: il fatto che sia corretto dire "da giovedì prossimo",
significa che è corretto anche "da giorno prossimo"…? Ovviamente no,
quindi perché dovrebbe essere corretto "da settimana prossima"…?
La domanda giusta invece mi sembra: se si usa abitualmente "giovedì
prossimo", perché "settimana prossima" sorprende così tanto? In altri
termini: perché viene accostata a "gatto di mia zia", che come contesto è
piuttosto lontanuccio, e non invece al vicinissimo "giovedì prossimo"? A
meno che pure "giovedì prossimo" sia avvertito come obbrobrio.
Da qui il mio precedente interrogativo, che continua a parermi legittimo.
--
Bye, Lem
Ceterum censeo ISLAM esse delendum
_________________________________________________________________
Non sprecare i cicli idle della tua CPU, né quelli della tua GPU.
http://www.worldcommunitygrid.org/index.jsp
http://www.rnaworld.de/rnaworld/ http://home.edges-grid.eu/home/
http://www.gpugrid.net/
Mad Prof
2013-09-28 23:54:25 UTC
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Post by Lem Novantotto
La domanda giusta invece mi sembra: se si usa abitualmente "giovedì
prossimo", perché "settimana prossima" sorprende così tanto?
Perché "settimana" si comporta come gli altri nomi che indicano intervalli
temporali: giorno, mese, trimestre, quadrimestre, semestre, anno, biennio,
lustro, decennio, secolo, millennio, etc. che vogliono l'articolo. Io non
direi mai "ci vediamo mese prossimo" perché lo trovo una forma
sgrammaticata.
I nomi dei giorni della settimana invece non vogliono l'articolo(*), così
come gli avverbi "domani", "dopodomani", etc.
Perché è così? Non lo so onestamente. Però così funziona la lingua che ho
imparato e che mi suona corretta. Poi so benissimo che alla fine sono
convenzioni e non leggi di natura, tant'è che in spagnolo non ho problemi a
usare l'articolo anche davanti ai nomi dei giorni della settimana: "nos
vemos el viernes", mentre in inglese non uso l'articolo davanti a "next
week".
Ma in italiano "ci vediamo settimana prossima" mi suona altrettanto strambo
quanto "ci vediamo il venerdì prossimo".
--
73 is the Chuck Norris of numbers.
Mad Prof
2013-09-29 00:00:25 UTC
Permalink
Post by Mad Prof
I nomi dei giorni della settimana invece non vogliono l'articolo(*)
Mi son scordato la postilla. Quello che volevo aggiungere come nota è che
mi riferisco ai casi in cui i nomi dei giorni della settimana si usano da
soli o seguiti da "prossimo":

Ci vediamo sabato (prossimo).

Se invece "prossimo" precede il nome del giorno della settimana o se questo
è seguito da una qualche specificazione, allora si usa l'articolo anche coi
nomi dei giorno della settimana:

Ci vediamo il prossimo sabato.

Ci vediamo il sabato successivo al tuo rientro dalle vacanze.
--
73 is the Chuck Norris of numbers.
Klaram
2013-09-29 10:16:35 UTC
Permalink
Post by Mad Prof
Mi son scordato la postilla. Quello che volevo aggiungere come nota è che
mi riferisco ai casi in cui i nomi dei giorni della settimana si usano da
Ci vediamo sabato (prossimo).
Ci vediamo il prossimo sabato.
Ci vediamo il sabato successivo al tuo rientro dalle vacanze.
Esattamente. Perché?

Chi risponde a questa domanda, oltre a rispondere anche a Lem, vincerà
anche un premio in gettoni d'oro.

k
Maurizio Pistone
2013-09-29 10:57:10 UTC
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Post by Klaram
Post by Mad Prof
Ci vediamo sabato (prossimo).
Ci vediamo il prossimo sabato.
Ci vediamo il sabato successivo al tuo rientro dalle vacanze.
Esattamente. Perché?
Chi risponde a questa domanda, oltre a rispondere anche a Lem, vincerà
anche un premio in gettoni d'oro.
mi sembra di avero già fatto

i giorni della settimana funzionano sia come avverbi, sia come nomi: si
dice ci vediamo giovedì, come ci vediamo domani; se diciamo il primo
giovedì del mese, prevale il valore di nome, e solitamente per fare un
complemento di tempo si usa l'articolo, con o senza preposizone: ci
vediamo l'anno prossimo, il tre agosto, la prima domenica di settembre
ecc.
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
Klaram
2013-09-29 11:33:10 UTC
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Post by Maurizio Pistone
Post by Klaram
Post by Mad Prof
Ci vediamo sabato (prossimo).
Ci vediamo il prossimo sabato.
Ci vediamo il sabato successivo al tuo rientro dalle vacanze.
Esattamente. Perché?
Chi risponde a questa domanda, oltre a rispondere anche a Lem, vincerà
anche un premio in gettoni d'oro.
mi sembra di avero già fatto
i giorni della settimana funzionano sia come avverbi, sia come nomi: si
dice ci vediamo giovedì, come ci vediamo domani; se diciamo il primo
giovedì del mese, prevale il valore di nome, e solitamente per fare un
complemento di tempo si usa l'articolo, con o senza preposizone: ci
vediamo l'anno prossimo, il tre agosto, la prima domenica di settembre
ecc.
Chiedo scusa, non l'avevo visto. :-)

Quindi, anche alla luce di quello che hai appena spiegato, "settimana
prossima" senza articolo non è accettabile in italiano.

In realtà, si tratta di un lombardismo che si vuole far accettare in
italiano. In milanese va benissimo, in italiano, no. Non bisogna far
confusione tra le lingue.
Sarebbe come se io pretendessi di usare, in italiano, l'ausiliare
"avere" con i verbi di moto, perché così si fa nella mia variante
dialettale.

Detto questo, però, il pericolosissimo signor Uso potrebbe riuscire a
diffonderlo e magari a renderlo persino un'espressione di moda, e
allora... sappiamo come andrà a finire.

k
Lem Novantotto
2013-09-29 10:39:48 UTC
Permalink
Post by Mad Prof
Mi son scordato la postilla. Quello che volevo aggiungere come nota è
che mi riferisco ai casi in cui i nomi dei giorni della settimana si
Ci vediamo sabato (prossimo).
Se invece "prossimo" precede il nome del giorno della settimana o se
questo è seguito da una qualche specificazione, allora si usa l'articolo
Ci vediamo il prossimo sabato.
Ci vediamo il sabato successivo al tuo rientro dalle vacanze.
Nello stesso identico modo, per me, funziona settimana.

Ci vediamo la prossima settimana.
Ci vediamo la settimana che viene.
Ci vediamo settimana prossima.
--
Bye, Lem
Ceterum censeo ISLAM esse delendum
_________________________________________________________________
Non sprecare i cicli idle della tua CPU, né quelli della tua GPU.
http://www.worldcommunitygrid.org/index.jsp
http://www.rnaworld.de/rnaworld/ http://home.edges-grid.eu/home/
http://www.gpugrid.net/
Maurizio Pistone
2013-09-29 10:45:58 UTC
Permalink
Post by Lem Novantotto
Nello stesso identico modo, per me, funziona settimana.
Ci vediamo la prossima settimana.
Ci vediamo la settimana che viene.
Ci vediamo settimana prossima.
in ogni caso, sembra di capire che funziona solo con settimana
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
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http://blog.ilpugnonellocchio.it
Lem Novantotto
2013-09-29 11:39:59 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
in ogni caso, sembra di capire che funziona solo con settimana
Funziona anche con sabato (e parimenti con tutti i nomi della settimana),
che nella locuzione avverbiale "sabato prossimo" è sostantivo.
--
Bye, Lem
Ceterum censeo ISLAM esse delendum
_________________________________________________________________
Non sprecare i cicli idle della tua CPU, né quelli della tua GPU.
http://www.worldcommunitygrid.org/index.jsp
http://www.rnaworld.de/rnaworld/ http://home.edges-grid.eu/home/
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orpheus
2013-09-29 00:31:00 UTC
Permalink
Lem Novantotto
Post by Lem Novantotto
La domanda giusta invece mi sembra: se si usa abitualmente "giovedì
prossimo", perché "settimana prossima" sorprende così tanto?
Perché "settimana" si comporta come gli altri nomi che indicano
intervalli temporali: giorno, mese, trimestre, quadrimestre,
semestre, anno, biennio, lustro, decennio, secolo, millennio, etc.
che vogliono l'articolo. Io non direi mai "ci vediamo mese prossimo"
perché lo trovo una forma sgrammaticata.
[...]


Riporto:

Nell'italiano di uso comune l'espressione richiede l'articolo
determinativo, anche qualora l'aggettivo prossimo/scorso preceda il
sostantivo: "Verrò a Milano la prossima settimana" così come "Verrò a
Milano la settimana prossima".
Il fatto che alcuni usino questo sintagma senza articolo è dovuto ad
una concomitanza di fattori che riguardano più la lingua parlata che la
lingua scritta. Una ricerca sui maggiori quotidiani online mostra,
infatti, un deciso prevalere delle occorrenze in cui l'espressione è
accompagnata dall'articolo.
Nella diffusione di questa tendenza linguistica si avverte il peso di
due fattori:
1) l'influenza delle espressioni di tipo avverbiale formate con i nomi
dei giorni della settimana senza articolo ("Ci vediamo venerdì
prossimo", "Ci siamo visti lunedì scorso", "Giovedì scorso ho visto un
bel film"), sulla base dei puri avverbi domani, oggi, ieri, ecc.
2) l'analogia con espressioni inglesi come next week, next month, last
year, ecc.
È opportuno ricordare, inoltre, che in alcuni dialetti mediani (Marche,
Umbria, Lazio e Abruzzo) e soprattutto in Toscana è attestata la forma
anno, derivata dall'ablativo assoluto latino, usata senza articolo e
senza aggettivo col preciso significato di 'l'anno passato' (es. "anno
l'incontrai a Milano", cfr. G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua
italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1966-1969, vol. III, p.
268): l'esempio testimonia storicamente l'attuazione di un meccanismo
simile a quello che si sta affermando con l'uso del sintagma settimana
prossima con omissione dell'articolo.
http://tinyurl.com/m3gfsaq

"L'omissione dell'articolo determinativo nella locuzione settimana
prossima/scorsa" apparsa su La Crusca per Voi
(n°32, aprile 2006, p. 13).
Lem Novantotto
2013-09-29 10:39:43 UTC
Permalink
Post by Mad Prof
Perché "settimana" si comporta come gli altri nomi che indicano
intervalli temporali: giorno, mese, trimestre, quadrimestre, semestre,
anno, biennio, lustro, decennio, secolo, millennio, etc. che vogliono
l'articolo.
Questo lo dici tu. Io invece dico che si comporta come i giorni della
settimana. E nessuno di noi due è una mosca bianca.
Post by Mad Prof
Io non direi mai "ci vediamo mese prossimo" perché lo trovo
una forma sgrammaticata.
Neppure io. Però, se milioni di persone invece lo usassero
tranquillamente, non credo che lo accosterei a "gatto di mia zia". Direi
invece: "Ah, lo usano come come i giorni della settimana, e come
settimana". Prenderei atto della cosa senza patemi, e magari ne
registrerei l'uso come regionale, o colloquiale, o quel che fosse.
Probabilmente continuando a non usarlo, ma senza... caricarlo come fosse
un mulino a vento. ;)
--
Bye, Lem
Ceterum censeo ISLAM esse delendum
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Non sprecare i cicli idle della tua CPU, né quelli della tua GPU.
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Gino
2013-09-29 12:32:01 UTC
Permalink
Post by Lem Novantotto
Post by Mad Prof
Perché "settimana" si comporta come gli altri nomi che indicano
intervalli temporali: giorno, mese, trimestre, quadrimestre, semestre,
anno, biennio, lustro, decennio, secolo, millennio, etc. che vogliono
l'articolo.
Questo lo dici tu. Io invece dico che si comporta come i giorni della
settimana. E nessuno di noi due è una mosca bianca.
Post by Mad Prof
Io non direi mai "ci vediamo mese prossimo" perché lo trovo
una forma sgrammaticata.
Neppure io. Però, se milioni di persone invece lo usassero
tranquillamente,
mi preoccuperei dell'ennesima inutilità della scuola pubblica italiana.
Dragonòt
2013-09-29 13:03:56 UTC
Permalink
Post by Gino
Post by Lem Novantotto
Post by Mad Prof
Io non direi mai "ci vediamo mese prossimo" perché lo trovo
una forma sgrammaticata.
Neppure io. Però, se milioni di persone invece lo usassero
tranquillamente,
mi preoccuperei dell'ennesima inutilità della scuola pubblica italiana.
La scuola (pubblica o privata) non ha lo scopo di bloccare l'evoluzione
delle lingue.
Klaram
2013-09-29 10:11:50 UTC
Permalink
Post by Lem Novantotto
La domanda giusta invece mi sembra: se si usa abitualmente "giovedì
prossimo", perché "settimana prossima" sorprende così tanto?
Per la stessa ragione per cui si dice "la mia mamma" e non "la mia
madre". Perché?

k
ADPUF
2013-09-28 22:06:38 UTC
Permalink
Post by Lem Novantotto
Capisco chi non usa "settimana prossima" senza articolo,
sforzandomi parecchio riesco perfino a capire chi lo odia
Ma chi odia questo modo di dire (cattivone!), per coerenza
odia poi anche "settimana ventura", "settimana scorsa" e
compagnia bella? E pure "lunedì prossimo", "sabato scorso",
"domenica ventura" e via via calendarizzando?
Ma voi di Milan dite anche "mese prossimo" e "anno prossimo"?
--
"Join the army, see the world, meet interesting people - and
kill 'em."
-- Woody Allen
Maurizio Pistone
2013-09-29 08:31:17 UTC
Permalink
Post by Lem Novantotto
Ma chi odia questo modo di dire (cattivone!), per coerenza odia poi anche
"settimana ventura", "settimana scorsa" e compagnia bella?
la settimana ventura, la settimana scorsa, mi sembra ovvio

anche il mese scorso, il mese prossimo, l'anno passato

non so se tu dici "anno prossimo"
Post by Lem Novantotto
E pure "lunedì
prossimo", "sabato scorso", "domenica ventura" e via via calendarizzando?
"giovedì" da solo vale già come determinazione di tempo, è sia nome sia
avverbio, "settimana" no
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
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http://blog.ilpugnonellocchio.it
Lem Novantotto
2013-09-29 11:26:50 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
"giovedì" da solo vale già come determinazione di tempo, è sia nome sia
avverbio, "settimana" no
Ottima risposta. Mi sento di condividere il fatto che /sabato/ e compagni
siano anche avverbi, quantunque ciò non mi paia ancora accettato dalla
grammatica "ufficiale".

Tuttavia in "giovedì prossimo" /giovedì/ non può essere avverbio: come
potrebbe un aggettivo riferirsi ad un avverbio? Tant'è che anche in
"l'altro ieri" o in "doman l'altro", che sono parimenti *locuzioni*
*avverbiali*, /ieri/ e /domani/ diventano sostantivi, come testimonia la
presenza dell'articolo.

Del resto i nomi dei giorni sono appunto sostantivi ("il giorno della
Luna", "il giorno di Marte" etc.) che hanno acquisito anche un valore
avverbiale, grazie a dei sottintesi: sono venuto sabato (cioè "il più
prossimo sabato passato"), verrò sabato (cioè "il più prossimo sabato
futuro"). Credo perciò che non dovremmo pensare a /sabato/ immediatamente
come ad un avverbio, quanto come ad una locuzione avverbiale in cui
tutto, tranne /sabato/, sia alla fine sottinteso. Che poi è come dire
che /sabato/ in questi casi diventa avverbio - ma essendo consci del modo
tutto particolare in cui ciò avviene.

Quando sono usati come avverbi, naturalmente i nomi dei giorni della
settimana non hanno l'articolo, che tuttavia resta in certe costruzioni
che usano ancora i sostantivi: "si fece vivo *il* martedì seguente".

Quindi a me non sembra tanto rilevante il fatto di essere o non essere
anche avverbi, perché come abbiamo appena visto nelle locuzioni
avverbiali, che son quelle che stiamo analizzando, compaiono invece i
sostantivi.
--
Bye, Lem
Ceterum censeo ISLAM esse delendum
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Klaram
2013-09-29 10:10:01 UTC
Permalink
Post by Lem Novantotto
Ma chi odia questo modo di dire (cattivone!), per coerenza odia poi anche
"settimana ventura", "settimana scorsa" e compagnia bella?
Ovviamente!

k
Gino
2013-09-29 12:29:42 UTC
Permalink
Post by Lem Novantotto
Capisco chi non usa "settimana prossima" senza articolo, sforzandomi
parecchio riesco perfino a capire chi lo odia
Ma chi odia questo modo di dire (cattivone!), per coerenza odia poi anche
"settimana ventura", "settimana scorsa" e compagnia bella?
Ma si è arrivati a dire anche "mese prossimo", "anno prossimo" o ci si è
fermati per ora solo alla settimana?
orpheus
2013-09-29 12:36:43 UTC
Permalink
Gino wrote:
[...]
Post by Gino
Ma si è arrivati a dire anche "mese prossimo", "anno prossimo" o ci
si è fermati per ora solo alla settimana?
Ripropongo parte di quanto già postato:

"È opportuno ricordare, inoltre, che in alcuni dialetti mediani (Marche,
Umbria, Lazio e Abruzzo) e soprattutto in Toscana è attestata la forma
anno, derivata dall'ablativo assoluto latino, usata senza articolo e
senza aggettivo col preciso significato di 'l'anno passato' (es. "anno
l'incontrai a Milano", cfr. G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua
italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 1966-1969, vol. III, p.
268): l'esempio testimonia storicamente l'attuazione di un meccanismo
simile a quello che si sta affermando con l'uso del sintagma settimana
prossima con omissione dell'articolo."
http://tinyurl.com/m3gfsaq

"L'omissione dell'articolo determinativo nella locuzione settimana
prossima/scorsa" apparsa su La Crusca per Voi
(n°32, aprile 2006, p. 13).
Mad Prof
2013-09-27 16:02:27 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
Passiamo ora al problema ...
1. Come facciamo ad ottenere uno standard partendo dell'infinita varietà
delle realizzazioni concrete della lingua?
Ci sarebbe da porsi un'altra questione preliminare: a chi spetta
ratificare questo standard? E con quale autorità?
In Spagna, ad esempio, hanno la Real Academia che fa tutto ciò da 300
anni. Noi abbiamo la Crusca, che però mi pare non abbia (o non voglia
avere) un carattere altrettanto normativo…
--
73 is the Chuck Norris of numbers.
Maurizio Pistone
2013-09-27 16:20:24 UTC
Permalink
Post by Mad Prof
Post by Maurizio Pistone
Passiamo ora al problema ...
1. Come facciamo ad ottenere uno standard partendo dell'infinita varietà
delle realizzazioni concrete della lingua?
Ci sarebbe da porsi un'altra questione preliminare: a chi spetta
ratificare questo standard?
gente che lo fa di mestiere, direi: si chiamano linguisti
Post by Mad Prof
E con quale autorità?
il fatto di essere in grado di farlo

====

scusate se nel mio testo ho invertito i numeri, mettendo il 2 e il 3
prima dell'1.

Forse per questo non si è capito.

Quando dico "ottenere uno standard", parlo di uno strumento che ha in
primo luogo carattere descrittivo; "in italiano si dice andai" non
significa (per ora) "se dici andabbi ti boccio", ma "in quello standard
provvisorio e mutevole che chiamiamo lingua italiana esiste un tempo
verbale che chiamiamo passato remoto, e per il verbo andare è andai"

passare dalla descrizione alla norma, è un passaggio successivo

====

"sì però mio cugino dice andabbi"

"va bene, prendo atto"
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
Dragonòt
2013-09-27 20:46:46 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
Post by Mad Prof
Ci sarebbe da porsi un'altra questione preliminare: a chi spetta
ratificare questo standard?
gente che lo fa di mestiere, direi: si chiamano linguisti
Leo Pestelli, su Epoca, una vita fa (ai tempi del primo uomo sulla Luna,
credo) aveva risposto molto diversamente. Me lo ricordo benissimo, anche se
ero un bambino, perché me lo aveva fatto leggere mio padre, con la sua 5-a
elementare.

Aveva risposto: l'Uso.

Ciao,
Bepe
Maurizio Pistone
2013-09-28 10:01:09 UTC
Permalink
Post by Dragonòt
Post by Maurizio Pistone
gente che lo fa di mestiere, direi: si chiamano linguisti
Leo Pestelli, su Epoca, una vita fa (ai tempi del primo uomo sulla Luna,
credo) aveva risposto molto diversamente. Me lo ricordo benissimo, anche se
ero un bambino, perché me lo aveva fatto leggere mio padre, con la sua 5-a
elementare.
Aveva risposto: l'Uso.
tu hai mai letto un libro scritto dal signor Uso?

Perché invece Leo Pestelli scriveva libri sulla lingua italiana, visto
che l'unico che conta è l'Uso?

Addirittura un libro intitolato Parlare Italiano! Mi chiedo: con quale
autorità?

====

È tanto che ho letto quel libro. Non mi ricordo se c'è scritto che
"andabbi" può andar bene.
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
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http://blog.ilpugnonellocchio.it
orpheus
2013-09-28 10:14:23 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
Post by Dragonòt
Post by Maurizio Pistone
gente che lo fa di mestiere, direi: si chiamano linguisti
Leo Pestelli, su Epoca, una vita fa (ai tempi del primo uomo sulla
Luna, credo) aveva risposto molto diversamente. Me lo ricordo
benissimo, anche se ero un bambino, perché me lo aveva fatto
leggere mio padre, con la sua 5-a elementare.
Aveva risposto: l'Uso.
tu hai mai letto un libro scritto dal signor Uso?
Perché invece Leo Pestelli scriveva libri sulla lingua italiana, visto
che l'unico che conta è l'Uso?
Mi pare innegabile però che senza "uso" la lingua
non esisterebbe...
E che in seguito l'uso, in quanto "vita" della lingua,
abbia molto a che fare con dizionari e lingua scritta.
Buon senso da profano, naturalmente,
non intervento da "linguista".
Maurizio Pistone
2013-09-28 10:18:46 UTC
Permalink
Post by orpheus
Mi pare innegabile però che senza "uso" la lingua
non esisterebbe...
questo è ovvio.

Ma la domanda è: come faccio a sapere qual è l'Uso?

È una specie di verità infusa che tutti conoscono, perché tutti noi ne
facciam parte (ognuno di noi è "la Gente"), oppure bisogna che quauno lo
analizzi e me ne faccia una descrizione?
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
orpheus
2013-09-28 10:20:20 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
Post by orpheus
Mi pare innegabile però che senza "uso" la lingua
non esisterebbe...
questo è ovvio.
Ma la domanda è: come faccio a sapere qual è l'Uso?
È una specie di verità infusa che tutti conoscono, perché tutti noi ne
facciam parte (ognuno di noi è "la Gente"), oppure bisogna che quauno
lo analizzi e me ne faccia una descrizione?
Qualcuno prende atto di un "uso" diffuso.
orpheus
2013-09-28 10:30:47 UTC
Permalink
Maurizio Pistone wrote:
[...]
Post by orpheus
Post by Maurizio Pistone
È una specie di verità infusa che tutti conoscono, perché tutti noi
ne facciam parte (ognuno di noi è "la Gente"), oppure bisogna che
quauno lo analizzi e me ne faccia una descrizione?
Qualcuno prende atto di un "uso" diffuso.
E naturalmente l'analizza e ne fa una descrizione.
Insomma, un ruolo importante, ma "Après-coup"
a me parrebbe
Maurizio Pistone
2013-09-28 11:07:32 UTC
Permalink
Post by orpheus
Post by orpheus
Post by Maurizio Pistone
È una specie di verità infusa che tutti conoscono, perché tutti noi
ne facciam parte (ognuno di noi è "la Gente"), oppure bisogna che
quauno lo analizzi e me ne faccia una descrizione?
Qualcuno prende atto di un "uso" diffuso.
E naturalmente l'analizza e ne fa una descrizione.
Insomma, un ruolo importante, ma "Après-coup"
a me parrebbe
non riesco ad immaginare che si faccia diversamente
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
orpheus
2013-09-28 11:13:22 UTC
Permalink
Maurizio Pistone wrote:

[...]
Post by Maurizio Pistone
non riesco ad immaginare che si faccia diversamente
allora avevo inteso male io
Maurizio Pistone
2013-09-28 11:19:57 UTC
Permalink
Post by orpheus
Post by Maurizio Pistone
non riesco ad immaginare che si faccia diversamente
allora avevo inteso male io
vediamo se riesco a farmi intendere

non c'è niente di più concreto e reale della lingua parlata, che è tale
anche perché noi la parliamo

ma allo stesso tempo, finché non ne ho una descrizione esauriente,
niente di più sfuggente e indeterminato

e descrivere una realtà così mobile e variegata e liquida come la lingua
paralata è un'impresa di quelle grosse
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
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Dragonòt
2013-09-28 11:32:45 UTC
Permalink
Post by orpheus
Post by orpheus
Post by Maurizio Pistone
È una specie di verità infusa che tutti conoscono, perché tutti noi
ne facciam parte (ognuno di noi è "la Gente"), oppure bisogna che
quauno lo analizzi e me ne faccia una descrizione?
Qualcuno prende atto di un "uso" diffuso.
E naturalmente l'analizza e ne fa una descrizione.
Insomma, un ruolo importante, ma "Après-coup"
a me parrebbe
Dubito fortemente che ci sia bisogno di linguisti per analizzare l'Uso.
Altrimenti una lingua si trasformerebbe in una religione.
Bepe
orpheus
2013-09-28 11:46:27 UTC
Permalink
Dragonòt wrote:

[...]
Post by Dragonòt
Dubito fortemente che ci sia bisogno di linguisti per analizzare
l'Uso. Altrimenti una lingua si trasformerebbe in una religione.
Analizzare è un discorso "tecnico", non vedo come possa
trasformare una lingua in una religione,
semmai ne fa capire il funzionamento,
cosa che un "parlante" solitamente non sa
e non ha bisogno di sapere.

La lingua si trasforma in una religione quando è idealizzata
e associata a movimenti politici simili
agli "etnonazionalismi".

Pare sempre da profano, naturalmente.
Fuori che per l'idealizzazione,
che dovrebbe essere di mia competenza.
Dragonòt
2013-09-28 12:37:37 UTC
Permalink
Post by orpheus
Post by Dragonòt
Dubito fortemente che ci sia bisogno di linguisti per analizzare
l'Uso. Altrimenti una lingua si trasformerebbe in una religione.
Analizzare è un discorso "tecnico", non vedo come possa
trasformare una lingua in una religione,
L'analogia era riferita alla religione cattolica, che ritiene che solo i
sacerdoti possano fare il "discoro tecnico" di analizzare e spiegare le
scritture.
Post by orpheus
La lingua si trasforma in una religione quando è idealizzata
e associata a movimenti politici simili
agli "etnonazionalismi".
Eppure i peggio sono altri. In questo thread si è fatto l'esempio
dell'accademia spagnola, ma peggio sono i francesi che vorrebbero che tutti
i termini fossero tradotti in francese.
Bepe
posi
2013-09-28 16:18:30 UTC
Permalink
Post by Dragonòt
Post by orpheus
Post by Dragonòt
Dubito fortemente che ci sia bisogno di linguisti per analizzare
l'Uso. Altrimenti una lingua si trasformerebbe in una religione.
Analizzare è un discorso "tecnico", non vedo come possa
trasformare una lingua in una religione,
L'analogia era riferita alla religione cattolica, che ritiene che solo i
sacerdoti possano fare il "discoro tecnico" di analizzare e spiegare le
scritture.
Nella regligione cattolica il "discorso tecnico" di analizzare e
spiegare le scritture lo fanno i biblisti, non i sacerdoti. I biblisti
sono semplicemente persone esperte in quel settore, così come nella
società civile i calcoli per cemento armato nella cosstruzione di un
palazzo li fanno gli ingegneri.
Post by Dragonòt
Post by orpheus
La lingua si trasforma in una religione quando è idealizzata
e associata a movimenti politici simili
agli "etnonazionalismi".
Eppure i peggio sono altri. In questo thread si è fatto l'esempio
dell'accademia spagnola, ma peggio sono i francesi che vorrebbero che tutti
i termini fossero tradotti in francese.
Bepe
L'accademia spagnola e quella francese sono nate entrambe come
imitazione della nostra accademia della crusca: l'idea era
originariamente quella di preservare una sorta di lingua "pura", poi ci
si è resi conto che le lingue evolvono e - che ci piaccia o no - è
impossibile bloccare quest'evoluzione. Al massimo si può fingere che non
esista e nascondere la testa sotto la sabbia.
Di conseguenza quello che hanno fatto è tutte queste accademie è l'unica
cosa ragionevole: prendere atto di questa evoluzione, osservarla con
attenzione, consapevolezza e spirito critico, e darne una descrizione.
La loro funzione quindi, a mio parere, va intesa più in senso decrittivo
che normativo. Tuttavia c'è ancora tanta gente che chiede "qual è la
forma giusta" e allora gli si suggerisce quella che è di uso comune, o,
nel caso ce ne siano diverse di uso comune, quella più coerente con la
logica e la tradizione.

Non è affatto vero che i francesi siano "peggio" degli spagnoli perché
"vorrebbero che tutti i termini fossero tradotti in francese",
semplicemente chiunque ama la propria lingua e il proprio paese, e non
ha una soggezione culturale-linguistica verso gli stati uniti, cerca nei
limiti del possibile, di tradurre. Quello che ha fatto la francia è
stato semplicemente proporre una lista di possili traduzioni dei termini
informatici in modo che tutti quelli che desiderano tradurre usino gli
stessi termini e non si crei il caos, ma resta inteso che ogni privato
cittadino usa le parole che vuole. Liste del genere non credo che ci
siano in spagnolo, e quindi c'è chi dice ordenador e chi dice
computador, ma alla fine non cambia molto.
Non so se questa volontaria sottomissione linguistica verso gli stati
uniti sia tipica solo degli italiani o se si trovi anche, per esempio,
tra i tedeschi o i giapponesi.
Dragonòt
2013-09-28 16:29:46 UTC
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Post by Dragonòt
L'analogia era riferita alla religione cattolica, che ritiene che solo i
sacerdoti possano fare il "discoro tecnico" di analizzare e spiegare le
scritture.
Nella regligione cattolica il "discorso tecnico" di analizzare e spiegare
le scritture lo fanno i biblisti, non i sacerdoti.
La chiesa cattolica vuole essere lei ad interpretare e spiegare le
scritture. Un cattolico non può interpretarsele per proprio conto, come può
fare un protestatnte.
semplicemente chiunque ama la propria lingua e il proprio paese, e non ha
una soggezione culturale-linguistica verso gli stati uniti,
Ecco un esempio di lingua=religione, servito gratis. C'era solo da
attendere.
Bepe
posi
2013-09-28 17:48:57 UTC
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Post by Dragonòt
Post by Dragonòt
L'analogia era riferita alla religione cattolica, che ritiene che solo i
sacerdoti possano fare il "discoro tecnico" di analizzare e spiegare le
scritture.
Nella regligione cattolica il "discorso tecnico" di analizzare e spiegare
le scritture lo fanno i biblisti, non i sacerdoti.
La chiesa cattolica vuole essere lei ad interpretare e spiegare le
scritture. Un cattolico non può interpretarsele per proprio conto, come può
fare un protestatnte.
Ho l'impressione che tu sia rimasto indietro di qualche secolo...
Chiunque, qualunque sia il suo credo religioso, ha il diritto di
leggersi la Bibbia e proporre la sua interpretazione. Così come chiunque
può comprarsi un pianoforte e pigiare tutti i tasti che vuole.

Certo che, se non hai almeno una buona conoscenza dell'aramaico, e
magari non ti sei nemmeno letto per intero la traduzione in italiano, fa
un po' ridere che tu voglia interpretare la Bibbia... Ma comunque
nessuno te lo impedisce!
Post by Dragonòt
semplicemente chiunque ama la propria lingua e il proprio paese, e non ha
una soggezione culturale-linguistica verso gli stati uniti,
Ecco un esempio di lingua=religione, servito gratis. C'era solo da
attendere.
Bepe
Sarà che io ho una mentalità matematico-scientifica, ma per me il segno
= si legge "uguale" ed ha un significato molto preciso, per cui
l'espressione "lingua=religione" vuol dire la stessa cosa di "2+2=5".

Comunque, se intendi dire che esistono delle analogie tra lingua e
religione, sono senz'altro d'accordo: la lingua e la religione, così
come anche l'arte e la letteratura, sono sempre state tra le più
importanti espressioni culturali dei popoli.
Una voce dalla Germania
2013-09-28 20:10:43 UTC
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Post by posi
Certo che, se non hai almeno una buona conoscenza
dell'aramaico, e magari non ti sei nemmeno letto per intero
la traduzione in italiano, fa un po' ridere che tu voglia
interpretare la Bibbia... Ma comunque nessuno te lo impedisce!
Perché l'aramaico? Non sono un teologo e so che era la
lingua più parlata ai tempi di Gesù dalle sue parti, però le
fonti principali per il Vangelo sono testi greci e latini e
quelle per l'Antico Testamento sono in ebraico. Guarda caso,
le lingue che deve imparare chi studia teologia in Germania
e vuole diventare un pastore luterano. Ti assicuro che non
imparano l'aramaico.

Un elemento fondamentale del protestantesimo, con tutte le
sue conseguenze buone e cattive, fu proprio quello di
indurre i credenti a leggere personalmente la Bibbia, cosa
che fra l'altro contribuì notevolmente a far crescere il
numero di persone che sanno leggere e scrivere e che per
secoli fu scoraggiata dalla chiesa cattolica. Forse sono
rimasto indietro anch'io, ma ancora oggi non mi risulta che
i cattolici facciano degli sforzi intensi per indurre i
credenti a leggersela ed analizzarla, nemmeno con
l'assistenza di un sacerdote. Se mi sbaglio, mi mandi
qualche link a iniziative cattoliche di questo tipo?

A proposito, qualcuno può confermare o smentire quello che
avevo letto tempo fa, secondo cui nel 1948 circa il QUARANTA
per cento degli italiani era analfabeta?
Qua in Germania non mi crede nessuno quando gli racconto che
imparai a leggere e scrivere negli anni sessanta ancora
prima di andare a scuola seguendo "Non è mai troppo tardi"
alla TV. Non dico che i tedeschi fossero dei pozzi di
scienza, ma non hanno mai avuto una trasmissione TV di quel
tipo perché a quei tempi gli unici analfabeti che avevano,
sicuramente in tedesco e forse anche nelle loro lingue,
erano gli operai appena arrivati dalla Turchia e dall'Europa
meridionale.
*GB*
2013-09-28 20:23:19 UTC
Permalink
A proposito, qualcuno può confermare o smentire quello che avevo
letto tempo fa, secondo cui nel 1948 circa il QUARANTA per cento
degli italiani era analfabeta?
Non sai di provenire da un paese del terzo mondo?

http://it.wikipedia.org/wiki/Analfabetismo#In_Italia

All'indomani dell'unificazione, nel 1861, l'Italia contava una media
del 78% di analfabeti con punte massime del 91% in Sardegna e del
90% in Calabria e Sicilia, bilanciata dai valori minimi del 57%
in Piemonte e del 60% in Lombardia. Nello stesso periodo - 1850 -
le percentuali di analfabeti in Europa erano del 10% in Svezia,
del 20% in Prussia e Scozia, del 75% in Spagna e del 90% in Russia.

[...]

Il linguista Tullio de Mauro cita vari studi, concludendo che
nel 2008 soltanto il 20 per cento della popolazione adulta italiana
possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura
e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea.

Bye,

*GB*
Una voce dalla Germania
2013-09-28 20:29:00 UTC
Permalink
Post by *GB*
A proposito, qualcuno può confermare o smentire quello che avevo
letto tempo fa, secondo cui nel 1948 circa il QUARANTA per cento
degli italiani era analfabeta?
Non sai di provenire da un paese del terzo mondo?
http://it.wikipedia.org/wiki/Analfabetismo#In_Italia
All'indomani dell'unificazione, nel 1861, l'Italia
contava una media
del 78% di analfabeti con punte massime del 91% in
Sardegna e del
90% in Calabria e Sicilia, bilanciata dai valori minimi
del 57%
in Piemonte e del 60% in Lombardia. Nello stesso periodo
- 1850 -
le percentuali di analfabeti in Europa erano del 10% in
Svezia,
del 20% in Prussia e Scozia, del 75% in Spagna e del 90%
in Russia.
[...]
Il linguista Tullio de Mauro cita vari studi, concludendo
che
nel 2008 soltanto il 20 per cento della popolazione
adulta italiana
possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura,
scrittura
e calcolo necessari per orientarsi in una società
contemporanea.
Io però non ho chiesto qual era la situazione nel 1861, ma
quella nel 1948.
In ogni caso, quello che dice De Mauro riguardo al 2008 è
semplicemente tragico e orripilante. Se ha ragione, è giusto
e logico che sprofondiate nella merda berlusconiana e di
altri tipi.
Dragonòt
2013-09-28 20:43:09 UTC
Permalink
In ogni caso, quello che dice De Mauro riguardo al 2008 è semplicemente
tragico e orripilante. Se ha ragione, è giusto e logico che sprofondiate
nella merda berlusconiana e di altri tipi.
Solo per dare a Cesare quel che è di Cesare, nei 68 anni trascorsi dal 1945
al 2013, B. ha governato per forse 9 anni, negli altri 59 hanno governato i
catto-comunisti.
orpheus
2013-09-28 21:24:23 UTC
Permalink
Dragonòt wrote:

[...]
Post by Dragonòt
Solo per dare a Cesare quel che è di Cesare, nei 68 anni trascorsi
dal 1945 al 2013, B. ha governato per forse 9 anni, negli altri 59
hanno governato i catto-comunisti.
Il fatto è che in Italia, ormai è ritenuto comunista
pure il papa Francesco...

Tutti i giudizi politici vanno spostati di conseguenza.
Per avere una socialdemocrazia non basterebbe
nemmeno il comunismo, ci vorrebbe il supercomunismo
di estrema sinistra.
Che sapesse a sua volta formare per reazione
un avversario veramente conservatore.

E non questa manica di moderati populisti
che hanno nel novero tanti fascisti.

Ecco... poi potrei votare pure conservatore,
che sempre meglio sarebbe dello stato attuale. :-)
ADPUF
2013-09-28 22:10:30 UTC
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Post by Dragonòt
Post by Una voce dalla Germania
In ogni caso, quello che dice De Mauro riguardo al 2008 è
semplicemente tragico e orripilante. Se ha ragione, è giusto
e logico che sprofondiate nella merda berlusconiana e di
altri tipi.
Solo per dare a Cesare quel che è di Cesare, nei 68 anni
trascorsi dal 1945 al 2013, B. ha governato per forse 9 anni,
negli altri 59 hanno governato i catto-comunisti.
Beh no.

Il PCI è stato estromesso dal governo nel 1948, mi pare. Non ne
è mai più rientrato.

La politica nazionale era tutta DC+alleati vari.

Certo nel "sottogoverno" e negli enti locali i PCI c'erano, e
non erano molto differenti dalla DC.
Questo passava il convento, bisogna rassegnarsi.

Ma dopo la fine di DC PSI e PCI (e MSI) i loro resti sono finiti
per varie strade nel PDL (e LN) e nel PD (e SEL).

Quindi siamo sempre lì... il ladrone è parte integrante di quel
mondo, non è un marziano che viene da fuori.
Questo passa il convento, bisogna rassegnarsi...
--
A sign posted in Germany's Black Forest:
"It is strictly forbidden on our black forest camping site that
people of different sex, for instance, men and woman, live
together in one tent unless they are married with each other
for that purpose."
Una voce dalla Germania
2013-09-29 07:03:22 UTC
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Post by Dragonòt
Post by Una voce dalla Germania
In ogni caso, quello che dice De Mauro riguardo al 2008 è
semplicemente tragico e orripilante. Se ha ragione, è giusto
e logico che sprofondiate nella merda berlusconiana e di
altri tipi.
Solo per dare a Cesare quel che è di Cesare, nei 68 anni
trascorsi dal 1945 al 2013, B. ha governato per forse 9 anni,
negli altri 59 hanno governato i catto-comunisti.
Che notoriamente sono anche i padroni di Canale 5, Rete 4 e
Italia 1 e decidono come presentare le notizie nei
telegiornali di quelle reti televisive. E la Terra è piatta.
orpheus
2013-09-29 08:37:00 UTC
Permalink
Dragonòt, 22:43
Post by Dragonòt
Solo per dare a Cesare quel che è di Cesare, nei 68 anni
trascorsi dal 1945 al 2013, B. ha governato per forse 9 anni,
negli altri 59 hanno governato i catto-comunisti.
Che notoriamente sono anche i padroni di Canale 5, Rete 4 e Italia 1
e decidono come presentare le notizie nei telegiornali di quelle reti
televisive. E la Terra è piatta.
Che ci sia troppo assistenzialismo però è vero,
basta leggere il risultato di questa ricerca:

Il 37 per cento della spesa assistenziale - tutte le risorse di origine
fiscale spese per i bisogni sociali di chi è in difficoltà - va alle
famiglie più ricche.

Per dirla con le parole degli esperti che hanno seguito il
monitoraggio, «il 37% dei fondi va ai cinque decili della popolazione
che può vantare i redditi più alti».
http://tinyurl.com/lxx7zcu
Dragonòt
2013-09-29 08:51:13 UTC
Permalink
Post by orpheus
Che ci sia troppo assistenzialismo però è vero,
Il 37 per cento della spesa assistenziale - tutte le risorse di origine
fiscale spese per i bisogni sociali di chi è in difficoltà - va alle
famiglie più ricche.
Per dirla con le parole degli esperti che hanno seguito il
monitoraggio, «il 37% dei fondi va ai cinque decili della popolazione
che può vantare i redditi più alti».
http://tinyurl.com/lxx7zcu
Per non parlare dei 4 miliardi di Euro con cui si è assistito MPS, banca
governata dal PD.
orpheus
2013-09-29 09:00:18 UTC
Permalink
Post by Dragonòt
Post by orpheus
Che ci sia troppo assistenzialismo però è vero,
Il 37 per cento della spesa assistenziale - tutte le risorse di
origine fiscale spese per i bisogni sociali di chi è in difficoltà
- va alle famiglie più ricche.
Per dirla con le parole degli esperti che hanno seguito il
monitoraggio, «il 37% dei fondi va ai cinque decili della
popolazione che può vantare i redditi più alti».
http://tinyurl.com/lxx7zcu
Per non parlare dei 4 miliardi di Euro con cui si è assistito MPS,
banca governata dal PD.
Qui si parla di quasi 25 miliardi di euro "strutturali" annui,
dati come assistenza ai più ricchi...
Della serie che hai voja a rigira' frittate...
Dragonòt
2013-09-29 13:13:12 UTC
Permalink
Post by orpheus
Post by Dragonòt
Post by orpheus
http://tinyurl.com/lxx7zcu
Per non parlare dei 4 miliardi di Euro con cui si è assistito MPS,
banca governata dal PD.
Qui si parla di quasi 25 miliardi di euro "strutturali" annui,
dati come assistenza ai più ricchi...
Della serie che hai voja a rigira' frittate...
L'autore dell'articolo (e tu che l'hai citato) ha provato a scrivere una
cosa strana, "cinque decili".
Orbene, "cinque decili" è praticamente un mezzo.
Quindi, la metà più ricca della popolazione usufruisce del 37%.
La metà più povera del 63%.

Invece, i 4 miliardi di Euro di MPS ce l'ha messi anche la metà più povera.
Contento tu ...
orpheus
2013-09-29 13:23:31 UTC
Permalink
Post by Dragonòt
L'autore dell'articolo (e tu che l'hai citato) ha provato a scrivere
una cosa strana, "cinque decili". Orbene, "cinque decili" è
praticamente un mezzo. Quindi, la metà più ricca della popolazione
usufruisce del 37%. La metà più povera del 63%.
Invece, i 4 miliardi di Euro di MPS ce l'ha messi anche la metà più
povera. Contento tu ...
4 miliardi una tantum
25 miliardi strutturali tutti gli anni
Il paragone non mi pare nemmeno proponibile.

E comunque:
- Vi sciacquate sempre la bocca con l'assistenzialismo
poi si viene a sapere che i ricchi ne traggono
ammpiamente vantaggio
- Per quello che riguarda i tagli, sarebbe l'ora
di tagliare dalla parte di chi ha di più,
partendo magari prorprio dall'assistenza data
ai ricchi, che mi pare una bella cifra...

Ma chi si ribellerebbe? La destra naturalmente,
che quando vede messe le mani nelle tasche dei ricchi
lancia il grido "al comunista"!!
E via allora di assistenzialismo anche ai ricchi.

Tu comunque hai iniziato un OT che sarebbe bene chiudere.
Dragonòt
2013-09-29 13:57:30 UTC
Permalink
Post by orpheus
4 miliardi una tantum
Tirati fuori da tutti noi, per darli a MPS, dominata dal PD, il Partito dei
lavoratori.
Post by orpheus
25 miliardi strutturali tutti gli anni
Ritorniamo al discorso dei "cinque decili", metà popolazione.
Il furbo giornalista, e tu che lo citi, ha tentato di nascondere il fatto
che sta parlando anche della popolazione che sta nel quinto decile, e nel
quarto, e nel terzo, probabilmente operai ed impiegati.
E questa parte di metà popolazione, che tu definisci "ricca" , accede a
parte del 37%.

E pensare che parlavi di rigirare la frittata ... ;-)))
orpheus
2013-09-29 14:04:32 UTC
Permalink
Dragonòt wrote:
[...]
Post by Dragonòt
E pensare che parlavi di rigirare la frittata ... ;-)))
Su questo siete imbattibili.
Dragonòt
2013-09-29 08:48:58 UTC
Permalink
Post by Dragonòt
Post by Una voce dalla Germania
In ogni caso, quello che dice De Mauro riguardo al 2008 è
semplicemente tragico e orripilante. Se ha ragione, è giusto
e logico che sprofondiate nella merda berlusconiana e di
altri tipi.
Solo per dare a Cesare quel che è di Cesare, nei 68 anni
trascorsi dal 1945 al 2013, B. ha governato per forse 9 anni,
negli altri 59 hanno governato i catto-comunisti.
Che notoriamente sono anche i padroni di Canale 5, Rete 4 e Italia 1 e
decidono come presentare le notizie nei telegiornali di quelle reti
televisive. E la Terra è piatta.
Lo sono di Rai1, Rai2 e Rai3 che ci fottono, a ognuno di noi, più di 120
Euro l'anno.
E lo sono di Corriere, Repubblica e LaStampa.

Che ci ammanniscono frottole 24x7.
Maurizio Pistone
2013-09-29 09:28:12 UTC
Permalink
Post by Dragonòt
Solo per dare a Cesare quel che è di Cesare, nei 68 anni trascorsi dal 1945
al 2013, B. ha governato per forse 9 anni, negli altri 59 hanno governato i
catto-comunisti.
òstrega, il PCI al governo per 59 anni?
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
Maurizio Pistone
2013-09-29 09:28:11 UTC
Permalink
Post by *GB*
Il linguista Tullio de Mauro cita vari studi, concludendo che
nel 2008 soltanto il 20 per cento della popolazione adulta italiana
possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura
e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea.
oggi che per orientarsi nella società contemporanea basta saper cliccare
"mi piace", il taso di analfabetismo è decisamente crollato
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
Maurizio Pistone
2013-09-29 09:28:11 UTC
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Post by Una voce dalla Germania
A proposito, qualcuno può confermare o smentire quello che
avevo letto tempo fa, secondo cui nel 1948 circa il QUARANTA
per cento degli italiani era analfabeta?
qui

http://www.bibliolab.it/scuola/analfabeti_italia.htm

mi dà per il 1951 il 12,90%

non credo che nel 1948 ci sia stato un rilevamento sistematico, ma
sicuramente i dati non erano motlo diversi

naturalmente bisogna mettersi d'accordo con ciò che si intende per
"analfabeta"

uno che non sa neppure scrivere stentatamente la propria firma, oppure
chi non sa scrivere una letterina per comunicare eventi della vita
quotidiana, oppure chi non sa comprendere il libretto di istruzioni di
un'apparecchiatura non troppo complessa ecc.
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
Klaram
2013-09-29 11:03:16 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
Post by Una voce dalla Germania
A proposito, qualcuno può confermare o smentire quello che
avevo letto tempo fa, secondo cui nel 1948 circa il QUARANTA
per cento degli italiani era analfabeta?
qui
http://www.bibliolab.it/scuola/analfabeti_italia.htm
mi dà per il 1951 il 12,90%
"Per il censimento generale del secondo dopoguerra, nel 1951, la
"qualifica" di analfabeta venne collegata non più a coloro che non
sapevano scrivere il proprio nome, ma a coloro che non sapevano leggere
e scrivere. Gli analfabeti risultarono così suddivisi per regione:
Piemonte 3%, Valle d'Aosta 3%, Liguria 4%, Lombardia 2%, Veneto 7%,
Trentino-Alto Adige 1%, Friuli Venezia Giulia 4%, Emilia-Romagna 8%,
Toscana 11%, Marche 13%, Umbria 14%, Lazio 10%, Abruzzo e Molise 19%,
Campania 23%, Puglia 24%, Basilicata 29%, Calabria 32%, Sicilia 24% e
Sardegna 22%."
Maurizio Pistone
2013-09-29 11:06:17 UTC
Permalink
Post by Klaram
"Per il censimento generale del secondo dopoguerra, nel 1951, la
"qualifica" di analfabeta venne collegata non più a coloro che non
sapevano scrivere il proprio nome, ma a coloro che non sapevano leggere
e scrivere.
mi piacerebbe sapere un po' più dettagliatamente che cosa si intendeva
per "saper leggere e scrivere"
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
Klaram
2013-09-29 12:01:22 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
mi piacerebbe sapere un po' più dettagliatamente che cosa si intendeva
per "saper leggere e scrivere"
Mah, dato che non si guarda più se firmano o meno con la croce, penso
che dichiarassero essi stessi ai rilevatori se sapevano leggere e
scrivere. O no?


"Ciascun riscontro statistico

Le struttura del rilevamento ha subito, nel corso del tempo, due
fondamentali modifiche.
La prima, qualitativa, ha interessato i criteri che hanno prevalso
nell'attribuzione della posizione di alfabeta.
La seconda, quali/quantitativa, ha riguardato la copertura geografica
delle informazioni e l'inclusione di qualificazioni aggiuntive.

Criteri di definizione di "analfabeta/alfabeta"
Per quanto il rilevamento delle competenze alfabetiche della
popolazione italiana sia voce costante nelle rilevazioni censuarie, i
criteri di valutazione e quindi di descrizione di queste abilità, sono
sommamente mutati nel tempo.
I censimenti del 1861 e 1881 differenziano la popolazione in tre
categorie: gli "analfabeti", coloro che "sanno leggere", coloro che
"sanno leggere e scrivere". (Oggi diremmo: analfabeti, semi-analfabeti,
alfabeti.) Il censimento del 1871 e quelli del 1911, 1921, 1931
distinguono solo gli "analfabeti" dagli "alfabeti". La qualifica di
alfabeta è attribuita "d'ufficio" a partire da coloro che dichiarano di
"sapere leggere". I censimenti del secondo dopoguerra assumono che gli
"alfabeti" sono coloro che "sanno leggere e scrivere" e riescono a
specificare se questa abilità è documentata dal possesso di un titolo
di studio.

...

Qualificazione dell'alfabetismo in base al titolo di studio
I censimenti dal 1951 al 1991 differenziano gli alfabeti con e senza
licenza elementare e specificano il livello del titolo conseguito:
elementare, licenza media, licenza superiore, laurea.

Ciascuna di queste specificazioni influenza, a suo modo, la struttura e
la capacità informativa della bancadati."
Dragonòt
2013-09-28 20:17:27 UTC
Permalink
Post by posi
Post by Dragonòt
semplicemente chiunque ama la propria lingua e il proprio paese, e non ha
una soggezione culturale-linguistica verso gli stati uniti,
Ecco un esempio di lingua=religione, servito gratis. C'era solo da
attendere.
Comunque, se intendi dire che esistono delle analogie tra lingua e
religione, sono senz'altro d'accordo: la lingua e la religione, così come
anche l'arte e la letteratura, sono sempre state tra le più importanti
espressioni culturali dei popoli.
... e, usate come fai tu, tirando assieme "la propria lingua e il proprio
paese" (o religione e paese), sono state fonte di terribili disastri.

Ma qui si stava solo parlando di lingua parlata (o lingue parlate).
Bepe
Maurizio Pistone
2013-09-29 08:31:17 UTC
Permalink
Post by posi
Post by Dragonòt
Eppure i peggio sono altri. In questo thread si è fatto l'esempio
dell'accademia spagnola, ma peggio sono i francesi che vorrebbero che tutti
i termini fossero tradotti in francese.
Bepe
L'accademia spagnola e quella francese sono nate entrambe come
imitazione della nostra accademia della crusca: l'idea era
originariamente quella di preservare una sorta di lingua "pura", poi ci
si è resi conto che le lingue evolvono e - che ci piaccia o no - è
impossibile bloccare quest'evoluzione. Al massimo si può fingere che non
esista e nascondere la testa sotto la sabbia.
si era proposto di mettere in costituzione la definizione dell'italiano
come lingua nazionale, per fortuna non se ne è fatto nulla

non perché per me non debba esserlo, ma perché è di quelle cose non ci
dovrebbe essere neanche il bisogno di dirle

grazie a Dio in Italia non c'è nessun organismo pubblico che ha il
compito di definire la ligua "ufficiale" e di imporla

questo si spera voglia dire che non ce n'è bisogno, non che ognuno pò
parlare a cazzo di cane
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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Maurizio Pistone
2013-09-28 13:18:53 UTC
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Post by Dragonòt
Dubito fortemente che ci sia bisogno di linguisti per analizzare l'Uso.
Altrimenti una lingua si trasformerebbe in una religione.
non ho capito

né la prima riga, né la seconda

non è una critica ironica, non ho capito proprio
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
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http://blog.ilpugnonellocchio.it
Dragonòt
2013-09-28 14:27:28 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
Post by Dragonòt
Dubito fortemente che ci sia bisogno di linguisti per analizzare l'Uso.
Altrimenti una lingua si trasformerebbe in una religione.
non ho capito
né la prima riga, né la seconda
non è una critica ironica, non ho capito proprio
Nel tuo precedente messaggio della catena avevi scritto:

<<Ma la domanda è: come faccio a sapere qual è l'Uso?
È una specie di verità infusa che tutti conoscono, perché tutti noi ne
facciam parte (ognuno di noi è "la Gente"), oppure bisogna che quauno lo
analizzi e me ne faccia una descrizione?>>

Allora alla tua domanda rispondevo:

<<Dubito fortemente che ci sia bisogno di linguisti per analizzare l'Uso.>>

Mentre poi ripensavo alla frase "bisogna che qualcuno lo analizzi e me ne
faccia una descrizione?" mi è venuto in mente che la chiesa cattolica
ritiene che solo i sacerdoti possano "analizzare e spiegare" le scritture,
di qui l'analogia.
Bepe
Maurizio Pistone
2013-09-29 09:28:12 UTC
Permalink
Post by Dragonòt
Mentre poi ripensavo alla frase "bisogna che qualcuno lo analizzi e me ne
faccia una descrizione?" mi è venuto in mente che la chiesa cattolica
ritiene che solo i sacerdoti possano "analizzare e spiegare" le scritture,
di qui l'analogia
poiché i precetti della Crusca ormai non li legge più nessuno (e a dire
il vero, da quel che trovo, mi sembra che non si perdano molto),
l'analogia è del tutto fuori luogo

oggi chiunque può sedersi alla scrivania e scrivere un libro intitolato
"Grammatica dell'italiano d'oggi", e chiunque altro può dire se ha
scritto delle cose giuste o delle boiate

naturalmente, se uno fino all'altro ieri si è occupato di vendite al
dettaglio di rasoi usa e getta, un altro ha fatto studi sistematici di
linguistica, è probabile che le percentuale di boiate scritte dal primo
sia maggiore di quelle del secondo

in ogni caso, nel momento in cui uno dice "è corretto dire settimana
prossima" e l'altro risponde "sarà, ma a me mi suona strano", *tutt'e
due* stanno facendo un discorso metalinguistico; hanno cioè operato
un'analisi della realtà, hanno selezionato un canone che dal loro punto
di vista è rappresentativo della lingua analizzata, da questo canone
hanno ricavato delle conclusioni che considerano delle regolarità delle
lingua

a te dà fastidio la Chiesa dei linguisti: io non sopporto la boria di
quelli che si considerano l'incarnazione vivente e parlante dell'Uso, e
guai a contraddirli
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
Dragonòt
2013-09-29 14:06:29 UTC
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Post by Maurizio Pistone
a te dà fastidio la Chiesa dei linguisti: io non sopporto la boria di
quelli che si considerano l'incarnazione vivente e parlante dell'Uso, e
guai a contraddirli
Non fraintendermi. In realtà non mi da fastidio nessuno.
Ho solo fatto notare che a volte qualche linguista (di professione o per
passione o per diletto etc.) si fa Chiesa.
Per quanto riguarda l'Uso, ho appena risposto in un altro messaggio che non
ci avevo mai pensato prima, ma mi sembra un buon "modello", cioè una buona
semplificazione della realtà, atto per ragionarci sopra.
Bepe
Maurizio Pistone
2013-09-28 11:07:32 UTC
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Post by orpheus
Post by Maurizio Pistone
È una specie di verità infusa che tutti conoscono, perché tutti noi ne
facciam parte (ognuno di noi è "la Gente"), oppure bisogna che quauno
lo analizzi e me ne faccia una descrizione?
Qualcuno prende atto di un "uso" diffuso
e mi dice pure com'è, spero
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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edevils
2013-09-29 12:41:52 UTC
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Post by Maurizio Pistone
Post by orpheus
Mi pare innegabile però che senza "uso" la lingua
non esisterebbe...
questo è ovvio.
Ma la domanda è: come faccio a sapere qual è l'Uso?
È una specie di verità infusa che tutti conoscono, perché tutti noi ne
facciam parte (ognuno di noi è "la Gente"), oppure bisogna che quauno lo
analizzi e me ne faccia una descrizione?
La lingua materna si impara a casa prima che a scuola, mi pare.
Quindi tenderei a dire: "una specie di verità infusa che tutti conoscono",
salvo delimitare quel "tutti" in "tutti i parlanti quella lingua, quel
tipo di lingua, quel registro".
Maurizio Pistone
2013-09-29 13:55:55 UTC
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Post by edevils
Post by Maurizio Pistone
È una specie di verità infusa che tutti conoscono, perché tutti noi ne
facciam parte (ognuno di noi è "la Gente"), oppure bisogna che quauno lo
analizzi e me ne faccia una descrizione?
La lingua materna si impara a casa prima che a scuola, mi pare.
Quindi tenderei a dire: "una specie di verità infusa che tutti conoscono",
salvo delimitare quel "tutti" in "tutti i parlanti quella lingua, quel
tipo di lingua, quel registro".
sono preoccupato

per quanti sforzi faccia continuo a non farmi capire

giuro, questo è l'ultimo tentativo, poi rinuncio

quando dico - poiché siamo in un gruppo di linguistica - "conoscere qual
è l'Uso" - non intendo riferirmi al fatto che tutti noi siamo italofoni,
e siamo arrivati sui banchi di scuola sapendo già l'italiano, e usiamo
l'italiano tutti i giorni, più volte al giorno - tranne i musoni

intendo dire, se noi siamo in grado di ragionare su qual è l'Uso
attualmente corrente presso gli italofoni italiani, se riusciamo in
qualche modo a farne una qualche analisi ragionata, se sappiamo
distinguere le convenzioni più o meno generalmente accettate dagli Usi
particolari, regionali o settoriali ecc., se sappiamo distinguere gli
eventuali tic lingustici individuali dalle più diffuse convenzione
linguistiche, se sappiamo individuare regolarità e coerenze strutturali,
se riusciamo anche a vedere tutto ciò in una prospettiva diacronica o
evoluzionistica che dir si voglia

perché se invece "Uso" significa "io parlo così, quindi questo è il mio
Uso, e non mi rompete le palle", questa è una posizione più che
legittima, ma chiude ogni possibilità di discussione
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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Klaram
2013-09-28 12:01:53 UTC
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Post by Maurizio Pistone
Post by Dragonòt
Post by Maurizio Pistone
gente che lo fa di mestiere, direi: si chiamano linguisti
Leo Pestelli, su Epoca, una vita fa (ai tempi del primo uomo sulla Luna,
credo) aveva risposto molto diversamente. Me lo ricordo benissimo, anche se
ero un bambino, perché me lo aveva fatto leggere mio padre, con la sua 5-a
elementare.
Aveva risposto: l'Uso.
tu hai mai letto un libro scritto dal signor Uso?
Io mai, ma nei dialetti non scritti ha sempre deciso lui.

Nelle lingue codificate comandano i linguisti, i grammatici... ma
attenzione! il signor Uso lavora subdolamente, sotto sotto, fa
proseliti, e alla fine iniziano ad arrendersi anche le persone che
dovrebbero essere istruite (giornalisti, annunciatori...), poi gli
insegnati più toleranti, poi alcuni grammatici meno pignoli e via via
tutti gli altri. Alla fine, il signor Uso vince sempre alla grande.

Oggi ha pure un formidabile alleato: il signor Google.

k
Maurizio Pistone
2013-09-28 13:18:53 UTC
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Post by Klaram
Nelle lingue codificate comandano i linguisti, i grammatici...
qui c'è qualcosa che non funziona

io parlo di una descrizione, e mi si risponde come se parlassi di una
prescrizione

dato che sono smemorato, forse non mi ricordo, ma non mi sembra di aver
mai parlato di "codificazione" nei miei interventi
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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Klaram
2013-09-29 12:14:09 UTC
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Post by Maurizio Pistone
Post by Klaram
Nelle lingue codificate comandano i linguisti, i grammatici...
qui c'è qualcosa che non funziona
io parlo di una descrizione, e mi si risponde come se parlassi di una
prescrizione
dato che sono smemorato, forse non mi ricordo, ma non mi sembra di aver
mai parlato di "codificazione" nei miei interventi
Infatti, l'ho detto io.

Mi prendo la mia parte di responsabilità riguardo a eventuali
fraintendimenti, ma ho notato che quando i filoni sono molto lunghi, le
risposte abbandonano il filo logico portante e seguono divagazioni
secondarie, creando non poca confusione.

k
Mad Prof
2013-09-28 11:48:47 UTC
Permalink
Post by Maurizio Pistone
Quando dico "ottenere uno standard", parlo di uno strumento che ha in
primo luogo carattere descrittivo
Secondo me uno standard non è mai semplicemente "descrittivo". Anche
trascurando il significato più generale di standard come:

"Modello, tipo, norma cui si devono uniformare, o a cui sono conformi,
tutti i prodotti e i procedimenti, tutte le attività e le prestazioni,
di una stessa serie: fissare uno s., attenersi agli standard."*

e prendendo in considerazione quello più attinente alla discussione:

"In linguistica, livello s. di lingua, o lingua s., il modello di lingua
che si considera normale, e quindi generalmente valido; può anche non
identificarsi con alcuna delle varietà realmente parlate, ma essere il
risultato di un'azione normalizzatrice esercitata, anche
inconsapevolmente, dalla scuola, dalla stampa, dai mezzi di
comunicazione di massa, e dalla frequenza degli scambî interregionali."*

lo standard risulta più una astrazione, fatta a partire dalle molteplici
forme reali del parlato, ma che non è realizzata come tale in nessun
luogo, che non una presa d'atto della situazione attuale.
Altrimenti non ci sarebbe nemmeno da porsi la questione se mettere o
meno l'odioso "settimana prossima" nello standard: se quella che stai
cercando di realizzare è una mera descrizione, "settimana prossima" ci
va e basta, specificando ovviamente che rappresenta l'uso prevalente
solo in determinate regioni. Se invece non ce lo metti, stai operando
una selezione basata su ciò che per te è corretto o scorretto, quindi lo
standard torna ad avere un carattere normativo.

* da Treccani
--
73 is the Chuck Norris of numbers.
Maurizio Pistone
2013-09-28 13:18:53 UTC
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Post by Mad Prof
lo standard risulta più una astrazione, fatta a partire dalle molteplici
forme reali del parlato, ma che non è realizzata come tale in nessun
luogo, che non una presa d'atto della situazione attuale.
Altrimenti non ci sarebbe nemmeno da porsi la questione se mettere o
meno l'odioso "settimana prossima" nello standard: se quella che stai
cercando di realizzare è una mera descrizione, "settimana prossima" ci
va e basta, specificando ovviamente che rappresenta l'uso prevalente
solo in determinate regioni. Se invece non ce lo metti, stai operando
una selezione basata su ciò che per te è corretto o scorretto, quindi lo
standard torna ad avere un carattere normativo.
su questo sono d'accordo, ma alcune delle cose che leggo mi sembra
sottintendano che, essendo lo standard più o meno necessariamente
prescrittivo, l'unica soluzione è la contemplazione dell'infinita
molteplicità del reale

è un po' come dire che non posso descrivere l'anatomia dell'occhio
umano, perché ciò avrebbe un carattere selettivo nei confronti dei non
vedenti ecc.
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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Mad Prof
2013-09-28 14:41:22 UTC
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Post by Maurizio Pistone
è un po' come dire che non posso descrivere l'anatomia dell'occhio
umano, perché ciò avrebbe un carattere selettivo nei confronti dei non
vedenti ecc.
Il punto è che c'è una bella differenza tra una descrizione anatomica e
uno standard. Prendi ad esempio un trattato sull'anatomia del cane e gli
standard con cui si definiscono le caratteristiche delle varie razze
canine: il primo dovrà necessariamente render conto dell'estrema
variabilità anatomica che caratterizza la specie del cane domestico
nella sua totalità, pur cercando di delinearne un "modello generale", i
secondi stabiliscono criteri rigidi che devono essere rispettati per
poter classificare un determinato esemplare come rappresentante di una
determinata razza.
Se, come dici, quello che hai in mente tu si avvicina più al primo che
ai secondi, io eviterei di usare il termine standard…
--
73 is the Chuck Norris of numbers.
Maurizio Pistone
2013-09-29 09:28:12 UTC
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Post by Mad Prof
Il punto è che c'è una bella differenza tra una descrizione anatomica e
uno standard. Prendi ad esempio un trattato sull'anatomia del cane e gli
standard con cui si definiscono le caratteristiche delle varie razze
canine: il primo dovrà necessariamente render conto dell'estrema
variabilità anatomica che caratterizza la specie del cane domestico
nella sua totalità, pur cercando di delinearne un "modello generale", i
secondi stabiliscono criteri rigidi che devono essere rispettati per
poter classificare un determinato esemplare come rappresentante di una
determinata razza.
tieni presente che le razze canine sono una costruzione artificiale, e
le differenze sono state esasperate dagli allevatori in un arco di
migliaia di anni

negli animali come negli uomini in natura esiste un'infinita variabilità
individuale, che per comodità pratica classifichiamo rozzamente sotto la
denominazione di "razze", o "popolazioni", ma che non permettono di
tracciare confini netti tra un gruppo e l'altro

questo però non impedisce di definire l'anatomia umana, o l'anatomia
degli altri animali, in termini che possono andare bene per la grande
maggioranza degli individui; dedicando note o un capitolo particolare
alle differenze più significative tra gruppi

l'insieme "lingua italiana" è ormai abbastanza omogeneo, anche se le
varietà regionali sono piuttosto marcate

però se vado in Sicilia e chiedo al ristoratore come è cucinato quel
particolare piatto che mi presenta, le differenze tra la sua descrizione
e quella che potrei fare io sono decisamente marginali, a meno che non
ci sia un uso deliberato di termini locali

questo mi permette di delineare un quadro abbastanza preciso
dell'italiano parlato sovraregionale

che in alcuni questa descrizione, che tradizionalmente chiamiamo
"grammatica", evochi cattivi ricordi di burbere censure e correzioni
autoritarie, non è un problema mio
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
orpheus
2013-09-29 13:05:45 UTC
Permalink
Maurizio Pistone wrote:

[...]
Post by Maurizio Pistone
che in alcuni questa descrizione, che tradizionalmente chiamiamo
"grammatica", evochi cattivi ricordi di burbere censure e correzioni
autoritarie, non è un problema mio
Ho ritrovato una grammatica di Luciano Satta, "La prima scienza"
dove in molti esempi riporta sbagli di scrittori famosi...
Orpo... siamo in buona compagnia quando commettiamo errori.

Di grammatica ne ho trovata una che mi pare più adatta
ai mie processi mentali, e mi sta addirittura piacendo! :-)

Trattasi di: Notarbartolo/Graffigna - Grammatica nuova
EBF Editore Bulgarini Firenze
Qui, se uno volesse, è possibile scaricare l'indice
http://tinyurl.com/q9cjoge
Maurizio Pistone
2013-09-29 13:55:55 UTC
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Post by orpheus
Ho ritrovato una grammatica di Luciano Satta, "La prima scienza"
dove in molti esempi riporta sbagli di scrittori famosi...
ce l'ho
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
http://blog.mauriziopistone.it
http://www.lacabalesta.it
http://blog.ilpugnonellocchio.it
orpheus
2013-09-29 14:07:52 UTC
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Post by Maurizio Pistone
Post by orpheus
Ho ritrovato una grammatica di Luciano Satta, "La prima scienza"
dove in molti esempi riporta sbagli di scrittori famosi...
ce l'ho
Sull'altra non t'è venuta curiosità?
Mi sarebbe piaciuto sapere da un esperto
come mai mi piace :-)

edevils
2013-09-28 08:46:35 UTC
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Post by Mad Prof
Post by Maurizio Pistone
Passiamo ora al problema ...
1. Come facciamo ad ottenere uno standard partendo dell'infinita varietà
delle realizzazioni concrete della lingua?
Ci sarebbe da porsi un'altra questione preliminare: a chi spetta
ratificare questo standard? E con quale autorità?
In Spagna, ad esempio, hanno la Real Academia che fa tutto ciò da 300
anni. Noi abbiamo la Crusca, che però mi pare non abbia (o non voglia
avere) un carattere altrettanto normativo…
Non è detto che la ratifica debba essera centralistica e rigidamente
codificata. C'è anche la ratifica in crowdsourcing :)
edevils
2013-09-28 08:07:49 UTC
Permalink
Il 27/09/2013 14.14, Maurizio Pistone ha scritto:
...
Post by Maurizio Pistone
Sorgono tre grosse questioni. Per motivi pratici, metto prima avanti la
seconda, poi la terza, lasciando la prima in fondo.
Numerazione originale!
Post by Maurizio Pistone
2. Una volta che abbiamo raggiunto la definizione di uno standard, lo
consideriamo una semplice presa d'atto, oppure lo proponiamo come
modello? Passiamo dalla grammatica descrittiva a quella normativa?
Oppure lasciamo che ognuno continui a vivere nel fluire olistico della
lingua parlata, e ci limitiamo ad aggiungere le sue chiacchiere al
nostro repertorio di casi di studio?
Che domande! Ovviamente è un processo circolare.
Post by Maurizio Pistone
3. Ci limitiamo a produrre un unico standard di riferimento, oppure
teniamo conto almeno dei registri e dei contesti più significativi in
cui si producono discorsi? Perché se fosse per me, io andrei sempre in
giro con gli stessi jeans e la stessa camicia stazzonata; ma c'è mia
moglie a ricordarmi che ci sono casi in cui bisogna essere un po' più
"all'onor del mondo".
Che domande! Ovviamente ogni standard vale nel suo ambito, non in altri.
Post by Maurizio Pistone
Passiamo ora al problema ...
1. Come facciamo ad ottenere uno standard partendo dell'infinita varietà
delle realizzazioni concrete della lingua? "Settimana prossima", fa
parte dello standard? Per me no, perché non l'ho mai usato, e non ha
neanche senso nel mio dialetto. Ma temo che presto sarò in minoranza.
Devo dunque accettare uno standard di "lingua parlata" che io non
parlerò mai?
Che domande! Ovviamente non esiste un solo standard. Esistono infiniti
standard. Quello che viene spesso chiamato "lo standard" è semplicemente
uno standard: lo standard della lingua che gode di maggior favore
sociale in un determinato momento.
Post by Maurizio Pistone
Di fatto, è possibile arrivare alla definizione di un qualunque standard
usando semplicemente la conta dei casi concreti? Come quelli che vanno a
guardare quante volte compare "incinta" e quante "in cinta" su Google
(tranquilli, vince "incinta", e di parecchio).
Direi che come venga scritto "incinta" non è un problema che riguardi la
lingua *parlata*.
Post by Maurizio Pistone
Oppure vogliamo fare alla maniera antica, scegliere un canone di buoni
autori che usano una buona lingua, e costruire su questi uno standard?
Cadendo ovviamente nel ragionamento circolare, che i buoni autori sono
quelli che usano una buona lingua, e la buona lingua è quella usata dai
buoni autori.
Direi che "buoni autori" c'entri poco con "lingua parlata".
Post by Maurizio Pistone
Io sono vecchio, e mi trovo bene in quest'ultimo ragionamento circolare.
Sono perfettamente d'accordo che il canone deve essere aggiornato (la
questione non è nuova, se ne parla da 500 anni), e sono anche d'accordo
su una definizione allargata di "buoni autori", estendendola ben al di
là delle "belle lettere" vere e proprie; un bel po' di prosa scientifica
e tecnica, senz'altro - non però il primo capitato che fa il suo
pàuer-pòint sulla caduta dal pero nella prospettiva della
globalizzazione.
Nel caso della lingua parlata, il corpus delle fonti che "fanno testo" è
necessariamente più ampio.
Post by Maurizio Pistone
Trovo inoltre utile, per una conoscenza un po' approfondita della
lingua, rendersi conto della storia della stessa; faccio fatica ad
immaginare una conoscenza della letteratura che non tenga conto del
contesto storico. In questo senso, Alessandro Manzoni, Italo Svevo e
Andrea Pazienza non sono intercambiabili. Così come ogni essere vivente
vive nella sua nicchia ecologica, e non possiamo studiare i pinguini
senza sapere com'è fatto l'Antartico, anche ogni autore vive in un
insieme di relazioni col suo ambiente, dialoga col *suo* presente, e
solo in questo senso possiamo capire *anche* le sue scelte linguistiche
- altrimenti si cade nel Manzoni ma quant'è bello l'Addio ai monti.
Sacrosanto.
*GB*
2013-09-28 09:28:19 UTC
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Post by edevils
Direi che come venga scritto "incinta" non è un problema che riguardi
la lingua *parlata*.
Direi che "buoni autori" c'entri poco con "lingua parlata".
L'allievo che supera il maestro! Lo hai bacchettato di brutto. :-)

Bye,

*GB*
Maurizio Pistone
2013-09-28 10:11:54 UTC
Permalink
Post by edevils
Che domande! Ovviamente non esiste un solo standard.
però fino ad ora tutti parlano di "lingua parlata".

Cominciamo a parlare di "lingue parlate", forse ci capiremo meglio.
--
Maurizio Pistone strenua nos exercet inertia Hor.
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