FatherMcKenzie
2006-08-13 20:44:10 UTC
Si eco così si esprime il prtiere dell crusca rispondendo a un
lettore.
Alcuni lettori, tra i quali Pino Piastri che chiede chiarimenti sul
genere di eco, sollecitano una risposta sulla particolare categoria
dei sostantivi femminili in -o e soprattutto sulla formazione del
plurale.
I nomi in -o, che formano solitamente il plurale in -i, sono
perlopiù maschili, ma la declinazione -o/-i vale anche per i pochi
femminili in -o non invariabili, quali eco e mano. Eco deriva da un
nome femminile sia in latino (echo) sia nel greco da cui il termine ha
origine (ekhó da ekhêin rimbombare); comunque, sebbene meno
ricercato, si trova anche un impiego di eco al maschile singolare. La
situazione cambia al plurale: la forma più diffusa è echi (formato
appunto sul modello dei nomi maschili in -o), con rare attestazioni
della variante femminile le eco; in questo caso il nome, per supplire
allanomalia della declinazione, viene omologato al tipo dei femminili
invariabili in -o (la eco-le eco come la radio-le radio). Questultimo
uso è per alcuni sconsigliabile (L. Serianni nella sua Grammatica
italiana, cap. III, par. 98). Già i grammatici dellOttocento
insegnavano che nel variare del numero il sostantivo cambiava,
stranamente, genere: Che passi prima sotto larcobaleno?, si
chiedeva nella sua grammatica del 1878 Moise. Ora, ci sentiremmo
autorizzati a consigliare echi per il plurale ed eco al femminile per
il singolare (eco maschile è accettabile ma più informale). Un tempo
la lingua cercava anche altre soluzioni e lo stesso Moise ricorda che
molti nomi in o furono dagli antichi fatti femminili, quali la
desia, la strazia, la avvisa, la riposa. Qualche esempio letterario si
ha sia delluso al femminile: quasi una Eco consonante (Marino,
Dicerie sacre); E sorge una lunga eco (Pascoli, Nel carcere di
Ginevra); nellanimo solo una leggera eco (Svevo, Novella del buon
vecchio e della bella fanciulla); una lontana eco di insistentissimi
applausi (Pirandello, Trovarsi); neppure una fievole eco
(DAnnunzio, Trionfo della morte); sia al maschile: più dun eco
immortal le rispondea (Marino, Adone); farebbe ripeter un buon eco
nella concavità della voce (Pallavicino, Il corriere svaligiato);
non risonava mai altro che un continovo eco delle loro archibusate
(Parini, Dialogo sopra la nobiltà); come un eco lontano di flebili
armonie (Nievo, Confessioni di un italiano); un sacro eco rintona
(Carducci, Levia Gravia).
Per mano, si può segnalare che storicamente fu avvertita lanomalia
di un femminile in -o e nella lingua antica come in alcuni dialetti
italiani si trova il tipo la mana (le mane) e dal plurale latino MANUS
si è avuto le mano, oggi solo in uso dialettale o popolare.
Alcuni nomi sono femminili in -o per spinta etimologica: come,
appunto, eco, mano e, tra i cosiddetti invariabili, virago tutti da
femminili latini, mentre eccezionalmente sono trattati come femminili
anche sinodo e parodo derivati dal greco (con molti esempi letterari
per il primo sostantivo: Anonimo Romano, Cronica, 18.42: avea
bisuogno a rascionare cose utile allo buono stato nella sinodo
romana; G.B. Ramusio, Viaggio in Etiopia di F. Alvarez, Lett. 5.4:
di Constantinopoli, era stato chiamato a celebrar la sacrosanta
sinodo, e con lui era venuto Giosef, patriarca constantinopolitano;
T. Garzoni, La piazza universale, Disc. 63.2: alla sesta sinodo in
oriente congregata; P. Sarpi, Istoria del Concilio tridentino con ben
346 esempi tra cui tutto lImperio, ebbe nome di santa e grande
sinodo; facendosi ogni decreto per nome della sinodo, se il papa non
interviene in persona).
Più frequentemente i femminili in -o derivano dallabbreviazione di
altri nomi, per cui come la /i/ in analisi ecc., nemmeno la /o/ in
queste parole è desinenza, ma parte del morfema lessicale (Tekavcic,
Grammatica storica, p. 59) e in tal caso sono decisamente
invariabili tra singolare e plurale, come alcuni maschili in -a, quali
cinema (a sua volta da cinematografo abbreviato), gorilla, lama, e il
genere e numero del nome emerge in tutti questi casi solo dal
determinante (articolo o aggettivo) che lo accompagna: tra i più
comuni si possono ricordare lauto-le auto (da automobile); la
metro-le metro (da metropolitana); la moto-le moto (da motocicletta);
la radio-le radio (da radiotrasmettitrice); la foto-le foto (da
fotografia); la dinamo-le dinamo (dal tedesco dynamo abbreviazione di
dynamo-elektrische-Maschine).
Per approfondimenti:
Maria Luisa Altieri Biagi, La grammatica dal testo, Milano, Mursia,
1990
Giovanni Moise, Grammatica della lingua italiana, Firenze, Tipografia
del Vocabolario, 1878(2)
Angela Marcantonio, Anna Maria Pretto, Il nome, in Grande grammatica
italiana di consultazione, Bologna, il Mulino, 1988, pp. 315-32
Luca Serianni, Grammatica italiana, Torino, UTET, 1989;
Pavao Tekavcic, Grammatica storica dellitaliano, Bologna, il Mulino,
1980 (II. Morfosintassi)
A cura di Mara Marzullo
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
lettore.
Alcuni lettori, tra i quali Pino Piastri che chiede chiarimenti sul
genere di eco, sollecitano una risposta sulla particolare categoria
dei sostantivi femminili in -o e soprattutto sulla formazione del
plurale.
I nomi in -o, che formano solitamente il plurale in -i, sono
perlopiù maschili, ma la declinazione -o/-i vale anche per i pochi
femminili in -o non invariabili, quali eco e mano. Eco deriva da un
nome femminile sia in latino (echo) sia nel greco da cui il termine ha
origine (ekhó da ekhêin rimbombare); comunque, sebbene meno
ricercato, si trova anche un impiego di eco al maschile singolare. La
situazione cambia al plurale: la forma più diffusa è echi (formato
appunto sul modello dei nomi maschili in -o), con rare attestazioni
della variante femminile le eco; in questo caso il nome, per supplire
allanomalia della declinazione, viene omologato al tipo dei femminili
invariabili in -o (la eco-le eco come la radio-le radio). Questultimo
uso è per alcuni sconsigliabile (L. Serianni nella sua Grammatica
italiana, cap. III, par. 98). Già i grammatici dellOttocento
insegnavano che nel variare del numero il sostantivo cambiava,
stranamente, genere: Che passi prima sotto larcobaleno?, si
chiedeva nella sua grammatica del 1878 Moise. Ora, ci sentiremmo
autorizzati a consigliare echi per il plurale ed eco al femminile per
il singolare (eco maschile è accettabile ma più informale). Un tempo
la lingua cercava anche altre soluzioni e lo stesso Moise ricorda che
molti nomi in o furono dagli antichi fatti femminili, quali la
desia, la strazia, la avvisa, la riposa. Qualche esempio letterario si
ha sia delluso al femminile: quasi una Eco consonante (Marino,
Dicerie sacre); E sorge una lunga eco (Pascoli, Nel carcere di
Ginevra); nellanimo solo una leggera eco (Svevo, Novella del buon
vecchio e della bella fanciulla); una lontana eco di insistentissimi
applausi (Pirandello, Trovarsi); neppure una fievole eco
(DAnnunzio, Trionfo della morte); sia al maschile: più dun eco
immortal le rispondea (Marino, Adone); farebbe ripeter un buon eco
nella concavità della voce (Pallavicino, Il corriere svaligiato);
non risonava mai altro che un continovo eco delle loro archibusate
(Parini, Dialogo sopra la nobiltà); come un eco lontano di flebili
armonie (Nievo, Confessioni di un italiano); un sacro eco rintona
(Carducci, Levia Gravia).
Per mano, si può segnalare che storicamente fu avvertita lanomalia
di un femminile in -o e nella lingua antica come in alcuni dialetti
italiani si trova il tipo la mana (le mane) e dal plurale latino MANUS
si è avuto le mano, oggi solo in uso dialettale o popolare.
Alcuni nomi sono femminili in -o per spinta etimologica: come,
appunto, eco, mano e, tra i cosiddetti invariabili, virago tutti da
femminili latini, mentre eccezionalmente sono trattati come femminili
anche sinodo e parodo derivati dal greco (con molti esempi letterari
per il primo sostantivo: Anonimo Romano, Cronica, 18.42: avea
bisuogno a rascionare cose utile allo buono stato nella sinodo
romana; G.B. Ramusio, Viaggio in Etiopia di F. Alvarez, Lett. 5.4:
di Constantinopoli, era stato chiamato a celebrar la sacrosanta
sinodo, e con lui era venuto Giosef, patriarca constantinopolitano;
T. Garzoni, La piazza universale, Disc. 63.2: alla sesta sinodo in
oriente congregata; P. Sarpi, Istoria del Concilio tridentino con ben
346 esempi tra cui tutto lImperio, ebbe nome di santa e grande
sinodo; facendosi ogni decreto per nome della sinodo, se il papa non
interviene in persona).
Più frequentemente i femminili in -o derivano dallabbreviazione di
altri nomi, per cui come la /i/ in analisi ecc., nemmeno la /o/ in
queste parole è desinenza, ma parte del morfema lessicale (Tekavcic,
Grammatica storica, p. 59) e in tal caso sono decisamente
invariabili tra singolare e plurale, come alcuni maschili in -a, quali
cinema (a sua volta da cinematografo abbreviato), gorilla, lama, e il
genere e numero del nome emerge in tutti questi casi solo dal
determinante (articolo o aggettivo) che lo accompagna: tra i più
comuni si possono ricordare lauto-le auto (da automobile); la
metro-le metro (da metropolitana); la moto-le moto (da motocicletta);
la radio-le radio (da radiotrasmettitrice); la foto-le foto (da
fotografia); la dinamo-le dinamo (dal tedesco dynamo abbreviazione di
dynamo-elektrische-Maschine).
Per approfondimenti:
Maria Luisa Altieri Biagi, La grammatica dal testo, Milano, Mursia,
1990
Giovanni Moise, Grammatica della lingua italiana, Firenze, Tipografia
del Vocabolario, 1878(2)
Angela Marcantonio, Anna Maria Pretto, Il nome, in Grande grammatica
italiana di consultazione, Bologna, il Mulino, 1988, pp. 315-32
Luca Serianni, Grammatica italiana, Torino, UTET, 1989;
Pavao Tekavcic, Grammatica storica dellitaliano, Bologna, il Mulino,
1980 (II. Morfosintassi)
A cura di Mara Marzullo
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
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la domenica delle salme si portò via tutti i pensieri
e le regine del tua culpa affollarono i parrucchieri
la domenica delle salme si portò via tutti i pensieri
e le regine del tua culpa affollarono i parrucchieri